Tuesday, February 20, 2007

Meinong e gli oggetti della percezione interna

Meinong parla poi della possibile obiezione secondo la quale gli oggetti di ordine superiore non potrebbero essere reali perchè non attestabili dalla percezione interna.
Meinong dice a tal proposito che:
  • Con questo criterio molti altri oggetti supposti esistenti potrebbero essere oggetto di dubbio, ad es. nel caso di un campanile, come la percezione interna può rapportarsi con gli oggetti esteriori ? E come il campanile, inteso come oggetto immanente, o meglio come contenuto della rappresentazione, può essere considerato reale ?
  • Oggetto della percezione interna sono gli oggetti o i contenuti rappresentativi, ciò su cui giudico o il giudizio, il desiderio o ciò che desidero. La percezione interna porta alla nostra conoscenza oggetti fisici e sentimenti, ma non sensazioni, che sono invece i mezzi con cui percepiamo e su cui forse non possiamo retrospettivamente riflettere. E siccome i sentimenti si possono confondere con le sensazioni , gli oggetti fisici sembrano essere i referenti ideali della percezione interna. Non è lo psichico ad essere percepito internamente, ma la percezione interna ci informa con certezza che viene rappresentato proprio un certo oggetto fisico. C'è comunque la possibilità di una tesi psicologista per cui a fondamento degli oggetti fisici c'è un'esistenza psichica propria delle rappresentazioni.
  • La gnoseologia , cioè lo studio come oggetto della conoscenza di quel che è un mezzo di conoscenza , è una disciplina problematica. Percepito ad es. è ciò che viene conosciuto immediatamente ed al presente, ma l'idea di contemporaneità è aporetica (la stella che percepiamo potrebbe già essere estinta). La percezione interna ha un contenuto psichico ed ha come peculiarità la dimensione psichica della certezza e dell'evidenza, ma tale certezza si ha solo nel caso limite della coincidenza di percepito e percezione, mentre negli altri casi c'è solo approssimazione della percezione. La percezione interna coinvolge anche la percezione come suo oggetto e proprio per questo nel valutare la percezione interna abbiamo bisogno della percezione interna, generando una sorta di circolo vizioso.
  • La memoria invece non stabilisce nulla. E' sempre un giudizio attuale che stabilisce cosa si ricorda. Io ho conoscenza della presenza del mio giudizio mediante la percezione interna. Non c'è differenza reale tra percepire e giudicare . Percepire qualcosa e lasciare in sospeso l'esistenza del percepito è un non-senso. Noi non percepiamo solo gli oggetti come obietti immanenti, ma percepiamo anche la connessione tra obietti immanenti e l'atto di giudizio che ad essi si riferisce.
  • Il giudizio è intimamente collegato con il suo oggetto e non separabile da esso. Ad es. se mentre nella chiesa accanto suona mezzogiorno e io penso che oggi per posta non ho nessuna lettera, sono sicuro che il giudizio negativo non concerne il suono dell'ora, ma il recapito postale. E sbaglia Schumann a dire che la percezione interna non fa riconoscere che il giudicato è incluso nel giudizio e che mostra solo che la rappresentazione del giudicato causa il giudizio. Nel momento in cui si prova desiderio, si sa anche certamente cosa si desidera e la relazione tra il desiderare ed il suo oggetto. Questo è sapere percettivo interno.
  • Negare di poter percepire la rappresentazione è un non-senso, in quanto gli oggetti di rappresentazione immanenti (tipo la Troia omerica) hanno solo un'esistenza nella rappresentazione, una pseudo-esistenza non percepibile (perchè ciò che è percepibile è esistente), conoscibile solo con la mediazione di un qualcosa che esiste realmente e questo qualcosa è la rappresentazione. Quando con l'ausilio della percezione interna, noi conosciamo la pseudo-esistenza di un obietto immanente, ci troviamo di fronte ad una pseudo-percezione di questi obietti e la percezione effettiva è quella interna di una rappresentazione correlativa. Meinong comunque afferma che il rappresentare, il giudicare, il sentire sono accessibili alla percezione interiore che apprende fatti psichici per diretta empiria.
  • I pseudo-oggetti sono in parte identificabili con gli oggetti di ordine superiore. Gli inferiora di un dato superius ad una prima occhiata possono essere sia discreti che connessi l'un l'altro. Schumann obietta che il continuo non ha infinite parti, bensì non ne ha nessuna (è indiviso). Infatti una superficie di colore uniforme è per la percezione interna un'unità completa le cui parti sono da considerarsi fittizie. Dunque continua Schumann in tali casi, mancando gli inferiora, non si può parlare di oggetti di ordine superiore. Ma (osserva Meinong) è possibile trarre continuità da elementi discreti (una melodia da uno spartito di singole note) e discretezza da una linea continua (si pensi ad una linea spezzata). Dunque i limiti tra continuo e discreto non sono così rigidi.
  • Bisogna capire (continua Meinong) come tale obiezione di Schumann definisce il predicato "unità" che essa attribuisce al continuo. Bisogna distinguere da "uno" inteso come numero da "uno" come sinonimo di "unitario". Bisogna altresì distinguere l'unitario in cui non vi si trova pluralità e che dunque si fonda sulla semplicità e l'unitario che non esige il trattamento come unità, benchè lo consenta. In questo secondo caso l'unità si fonda sul fatto che una pluralità di momenti oggettuali si unisce in un tutto per ragioni di coesione o per la volontà del soggetto (dunque anche senza una ragione).
  • Distinguendo la semplicità come caso limite, l'essere unità è proprio della pluralità e dunque ogni unità è pluralità o complessione, mentre ogni pluralità deve essere anche unità, perchè il pensiero della pluralità comprende gli elementi della pluralità in un'unica complessione ed una totalità può ben essere un'unità di un computo (a tal punto è unitaria) Non c'è inoltre nulla di strano nel fatto che due diverse specie di conteggi possono avere risultati diversi : chi conta gli elementi ne può trovare molti laddove altri ne vedono uno solo. Dunque l'obiezione di Schumann è rilevante se e solo se si intende per unità il caso limite della semplicità.
  • Ma al continuo si deve attribuire la semplicità ? In realtà le parti sono unità come il tutto che esse formano. Inoltre nel caso in cui siano a loro volta formate di parti, queste ultime devono essere coese più strettamente che altre. Infine la divisione di un tutto in parti-A produce una coesione molto forte nelle parti-B che compongono a loro volta le parti-A suddette. Avere parti non equivale ad essere diviso in parti, giacchè un oggetto composto ha parti, ma non è diviso in parti.
  • Si può dire poi che ha parti anche ciò che è solo divisibile ? Sembrerebbe di sì, perchè ciò che è divisibile non può essere semplice e ciò che non è semplice ma complesso, pare debba avere parti. Quanto è divisibile deve includere in sè materia suscettibile di diversificazione. Tale diverso contenuto in esso non è detto si debba separare in unità naturali, giacchè in tale caso c'è divisione e non semplicemente divisibilità. Si può poi parlare di parti di un differenziato che non si divide in unità di livello inferiore ? Sembrerebbe di no.
  • Si deve distinguere tra elementi indeterminati ed elementi determinati che sono quelle unità che si separano le une dalle altre in virtù della loro natura e che in relazione al tutto da esse formato si dicono parti. Ogni unità indivisa può essere semplice, ma può anche non esserlo, potendo essere una complessione di elementi indeterminati. In un'unità indivisa non semplice non si possono determinare gli elementi perchè altrimenti si dividerebbe l'unità sino a quel punto indivisa. Ciò può essere compensato dalla consapevolezza che quella determinazione è soggettiva. Dato il ragionamento fatto, elementi indeterminati non possono mai essere semplici, perchè in essi l'interni ( es. le parti interne) non si differenzia dall'esterno (es. le parti esterne). Nel caso della semplicità invece la differenza tra interno (omogeneo) ed esterno (eterogeneo) è forte. A sua volta ogni elemento indeterminato è di nuovo una complessione di elementi che a loro volta possono essere determinati o indeterminati.
  • Un mucchio di mele ha una bassa coesione interna : esso può essere diviso in molti modi (in gruppi di 2 , di 3 , etc.). Insomma i suoi elementi a certi livelli sono indeterminati, per quanto alla base diventano determinati (singole mele ad es.). In altri casi l'indeterminazione non ha un punto di arrivo, ma rinvia sempre ad altri elementi indeterminati. In tal caso il passaggio dal divisibile al diviso si compie mediante un'immissione di discontinuità prodotta con l'ausilio di dati desunti da altri continua. Ad es. una superficie quadrangolare non si può rendere discontinua con nessun mezzo spaziale, ma solo con l'aiuto di una discontinuità cromatica (colorando una metà della superficie in giallo e l'altra in blu).
  • Si può concludere che le infinite suddivisioni a cui si possono assoggettare i continua sono sempre importate in essi. Questo non è un ostacolo al processo di fondazione in quanto l'unità naturale che spetta ad ogni continuo non implica necessariamente la sua semplicità e se gli elementi determinati risultano fittizi, tuttavia gli elementi determinati risultano fittizi, tuttavia gli elementi indeterminati di un continuo esibiscono nei confronti della fondazione risultati del tutto affini a quelli degli elementi determinati.
  • Si possono ipotizzare anche pseudo-continua (come sarebbero quello cromatico e quello sonoro), dove ci sono punti subliminali ed in questo caso le difficoltà sollevate da Schumann non hanno rilevanza. L'accusa di Schumann per cui non si tiene conto del fatto i complessi non sono semplici somme, ma totalità unitarie, non è un'accusa vera, ma si può considerare un caso di fondazione gli oggetti designabili come fondanti e formanti un tutto unitario e che d'altro canto ci possono essere complessioni di tipo molto diverso.
  • Schumann sembra proporre che la relazione non sia percepita ma sia semplicemente inferita da rappresentazioni ordinarie. Ma una melodia che un ascoltatore può immediatamente identificare non è un insieme percepito di relazioni ? Il presupposto di Schumann è che le totalità sono solo gruppi di qualità e che non vi deve essere rappresentazione particolare di una relazione o di un oggetto di fondazione e di oggetti che si risolvono in comparazioni di oggetti reali. Ma sarebbe in questo modo impossibile spiegare come so che c'è una relazione qualsiasi, giacchè escludendo una rappresentazione specifica di essa, potrei pensare solo ad una rappresentazione indiretta che, come tale, si compie per mezzo di rappresentazioni relazionali (si veda a tal proposito la critica a Hume)
  • A chi come Schumann potrebbe dire che i due oggetti più la parola che mi serve per indicarli costituiscono già la complessione (senza dover pensare ad una relazione oggettiva). Ma obietti e parole dovrebbero essere pensati come collegati. E cosa li collegherebbe ? La strategia nominalistica (associare una nuova parola) porterebbe ad un regresso ad infinitum. Il rifiuto di considerare la relazione un nuovo elemento è la ragione profonda della tesi di Schumann. E' vero che una melodia di quattro note non è una quinta nota. Tuttavia la melodia è un altro oggetto (di ordine superiore). Schumann pensa che l'oggetto di ordine superiore alla fine sia allo stesso livello degli oggetti che mette in relazione : ed in ciò sbaglia. Ciò che si aggiunge è la relazione che coincide con la complessione : "rosso, verde e diversità" non sono "diversità tra rosso e verde" nè sono la complessione corrispondente. Tuttavia quale che sia la spiegazione (anche nominalistica) c'è un qualcosa che si aggiunge ai plura nel metterli in relazione.
  • Se è presente un superius, sappiamo anche quali inferiora vi appartengono. La percezione interna non è percezione dell'interiorità, ma percezione dei qualia : ciò che si vede è l'azzurro del cielo. Mentre i qualia che fanno riferimento ad oggetti esterni sono più o meno permanenti, quelli psichici sono molto più fugaci. Quando si pensa agli oggetti di ordine superiore (es. la diversità) si pensa a qualcosa, ma non appena si tenti di afferrare la natura di questo qualcosa, questo svanisce (ciò è collegabile alla fugacità percettiva). Essi sono immediatamente percepibili, ma non sono definibili. Gli oggetti di ordine superiore non sono in quanto tali percettivamente fugaci. Vanno distinte complessioni con elementi non analizzati che non sono percettivamente fugaci in quanto forniscono alla relazione qualcosa della loro persistenza percettiva (ad es. una figura delimitata in maniera continua) e complessioni dove le relazioni vengono rappresentate esplicitamente e saranno dunque percettivamente fugaci

Le considerazioni che si possono fare su queste tesi di Meinong sono :

  1. L'obiezione di cui parla Meinong è forse quella di Hume : esistono le impressioni, ma le relazioni tra di esse sono soggettive. Meinong poi vede la contraddizione tra l'evidenza del dato e la sua impossibilità ad essere condiviso scientificamente.
  2. Cosa intende Meinong per percezione interna ? La percezione privata ? La percezione fenomenologica, quella solo nostra ?
  3. Meinong ripropone una dicotomia tra due tesi che si escludono plausibilmente a vicenda : un materialismo che nega la realtà delle rappresentazioni psichiche (materialismo eliminativista ?) ed un idealismo che considera reali solo le rappresentazioni.
  4. Nel rifiutare la differenza sostanziale tra percepire e giudicare Meinong è agli antipodi da Russell.
  5. Le due percezioni (degli oggetti immanenti e della loro relazioni con l'atto del giudicare) non dovrebbero essere contemporanee, ma successive.
  6. Non è possibile il desiderio di un oggetto vago ?
  7. Meinong incorre in un aporia : se la mia percezione è una pseudopercezione, il giudizio e la percezione si ritrovano ad essere separati e questo egli lo ha in precedenza negato. Inoltre Meinong non chiarisce se per rappresentazione egli intenda un atto o un contenuto. Nel primo caso l'atto andrebbe percepito insieme al suo contenuto (come già asserito da Meinong) . Nel secondo caso tale contenuto percettivo perchè non sia considerato esistente deve implicare la separazione tra giudizio e contenuto del giudizio : come intuisce anche Frege il giudizio negativo è interno e subordinato al giudizio esistenziale affermativo in quanto implicitamente lo presuppone. Nel considerare giudizio ed oggetto intimamente legati, Meinong deve subordinare il giudizio negativo al giudizio affermativo giacchè il pensare l'oggetto presuppone l'esistenza dell'oggetto stesso, condizione di possibilità della sua pensabilità.
  8. Percepire internamente la rappresentazione di un oggetto percepito internamente (es. ricordato) equivale a percepire l'apparenza (il momento) metalinguistico dell'oggetto che si sviluppa dialetticamente dall'apparenza a livello del linguaggio oggetto. Il passato altro non è che un paio di virgolette.
  9. L'apparenza metalinguistica dell'oggetto, essendo anche altro dall'oggetto linguistico immediato, è a sua volta un oggetto linguistico immediato, se visto astrattamente dalla relazione con il primo.
  10. L'identificazione degli pseudo-oggetti immanenti con gli oggetti di ordine superiore spiega la critica empirista agli oggetti metafisici e la fa in parte propria, ma individua al tempo stesso di questi oggetti il livello proprio di esistenza, depurato forse da istanze religiose, ma reso logicamente più trasparente.
  11. Il fatto che il continuo non ha parti ed ha infinite parti è un caso di coincidentia oppositorum. Seppure le parti si possano ricavare artificialmente o idealmente. esse sempre parti sono, nel senso che l'oggetto considerato ha proprietà tali da essere condizioni di possibilità di una divisione in parti sia essa reale, ideale o artificiale. Dunque l'obiezione di Schumann non ha basi.
  12. C'è un'unità metafisica di fondo che è condizione di possibilità dell'unificazione arbitraria della pluralità da parte del soggetto.
  13. Manca l'equivalenza tra "avere parti" e "essere diviso in parti" solo se si intende "essere diviso in parti" come un'operazione materiale in cui un qualcosa di unitario ad un certo livello percettivo, viene ridotto a molteplicità a quello stesso livello percettivo.
  14. Divisione si ha quando la percezione delle unità separate naturali è dominante rispetto alla percezione del tutto. Altrimenti anche se ci sono unità naturali ma ancora connesse, siamo a livello di mera divisibilità.
  15. Le parti separate rischiano di non essere più parti di un tutto. Le parti hanno senso quando sono connesse in un tutto che per questo motivo è in sé differenziato.
  16. Un'unità divisa è una pluralità ?Un'unità indivisa non può essere una complessione di elementi determinati ma identici tra loro ? Il fatto che gli elementi determinati dividerebbero l'unità è comunque un effetto prospettico : la determinazione delle parti metterebbe in primo piano la loro molteplicità e rimuoverebbe la totalità che le comprende, ma se si cambia prospettiva la totalità sarebbe ricomposta. Molto dipende dal fatto se fenomenicamente e/o materialmente la totalità rimanga o meno. In quest'ultimo caso si determinerebbero le parti (es. del corpo umano) , ma la totalità (il corpo) rimarrebbe indivisa e funzionante.
  17. Se gli elementi suddetti sono indeterminati solo cognitivamente, essi possono benissimo essere semplici ed omogenei in se stessi. Se poi sono indeterminati ontologicamente, in prima istanza essi sono indistinguibili dal contesto esterno, ma in seconda istanza sono ben distinguibili (a meno che il contesto esterno non sia anch'esso indeterminato) ed inoltre l'eterogeneità infinita interna ad essi ha come risultante l'omogeneità (coincidentia oppositorum). Se infatti l'eterogeneità interna agli elementi indeterminati non fosse infinita, essa sarebbe descrivibile e gli elementi non sarebbero più indeterminati. Inoltre un elemento indeterminato che sia una complessione di elementi determinati non è anch'esso determinato ? L'unica possibilità in questo caso è un'infinità positiva di elementi determinati che hanno come risultante l'indeterminato .
  18. L'indeterminazione evidenziata da Meinong a proposito del mucchio di mele non si riferirebbe agli elementi (che sono le mele e sono determinate), ma ai sottoinsiemi degli insiemi di mele. Per quanto riguarda la superficie quadrangolare, la discontinuità cromatica non costituisce la discontinuità spaziale, ma la evidenzia solo percettivamente. La discontinuità spaziale può essere inferita come esistente dal fatto che la superficie spaziale può essere divisa in sezioni sempre più piccole e metricamente misurabile con strumenti spazialmente connotati e graduati (es. un metro).
  19. Sarebbe interessante chiedersi come è possibile importare infinitamente suddivisioni nei continua ! Questo Meinong non lo spiega e non chiedendoselo dà ragione a Schumann quando questi parla di parti fittizie. Ma che differenza c'è tra elementi indeterminati ed elementi importati ? E se la differenza è nulla, come possono elementi importati (parti fittizie) fondare le totalità che essi non costituiscono per davvero ?
  20. Schumann fa male a negare che il tutto unitario sia formato di parti e Meinong fa male a pensare che un tutto formato di parti sia formato di parti numericamente finite.
  21. Meinong chiama percezione interna quella che Schumann chiama probabilmente riflessione inferenziale. Entrambi hanno una parte di ragione : proprio la natura unitaria di un tutto fa' sì che , sotto quest'aspetto, esso sia oggetto di intuizione e percezione. Al tempo stesso altra può essere la percezione interna di un'immagine fantasticata, altra quella di una totalità di fattori sensoriali. Anche se forse bisognerebbe riconsiderare del tutto il carattere interno e particolaristico di una cosidetta percezione interna ! Qui si vede il legame tra il dualismo percezione/interpretazione, quello interno/esterno e quello linguaggio/metalinguaggio. Dunque l'appropriazione dello psichico da parte dell'"Io" è stata una colonizzazione ?
  22. Meinong dice giustamente che se l'unitarietà di una melodia è rappresentata, la rappresentazione a sua volta è rappresentata (regresso ad infinitum) o è percepita ? E la rappresentazione è un che di semplice o di complesso ? E la causazione è inferita o intuita ?
  23. Meinong giustamente mostra l'intima contraddizione delle tesi che soggettivizzano le proprietà degli enti, ed alle dicotomie già unificate si aggiunge quella soggettivo/oggettivo o apparente/reale. Meinong aggiunge giustamente che chi, come Schumann, parla di causalità obiettiva, non può negare l'assunzione di particolari rappresentazioni relazionali. Attraverso Schumann, Meinong continua la sua personale polemica con Hume.
  24. Il nominalismo risparmia entità oggettive ed aumenta proporzionalmente il numero di entità strumentali. Dunque non rispetta quel criterio di economia che vorrebbe porre al centro dell'attenzione filosofica.
  25. Quando da categorie più specifiche si passa a categorie della massima estensione (es. "oggetto" che sta per "ente") , anche se da un certo punto di vista gli oggetti sono ordinati gerarchicamente, essendo però essi tutti "oggetti", da un altro punto di vista essi sono tutti sullo stesso piano (quello dell'Essere).
  26. In realtà noi percepiamo il superius concretizzato negli inferiora, mentre se guardiamo solo al superius, sono allora infiniti gli elementi della classe di inferiora in cui esso si può concretizzare.
  27. Parlare di percezione interna nel caso dei qualia può essere fuorviante. Il carattere di permanenza proprio dei qualia riferiti ad oggetti esterni può essere una conseguenza delle proprietà di tali oggetti esterni. Invece l'indeterminazione degli oggetti di ordine superiore non si collega tanto alla fugacità della percezione interna, quanto alla semplicità ed alla indefinibilità di alcuno oggetti logici quali le relazioni. L'immediata percepibilità di questi oggetti logici è un prodotto di sedimentazione culturale o di istinto legato alla vita animale (a qualia differenti comportamenti differenti) ?
  28. Meinong compara, non si sa quanto legittimamente, rappresentazioni percettive dove le relazioni sono desumibili ma non percepibili immediatamente (tipo le linee continue dove quello che è percepibile in maniera persistente è la complessione ma non la relazione) a relazioni in cui i termini possono anche essere astratti o immaginari. La mia tesi è che gli oggetti di ordine superiore sono indefinibili e poco percettibili se in evidenza sono i termini di una relazione (nel caso ad es. i termini siano sense-data oppure oggetti materiali) . Gli oggetti di ordine superiore sono invece obiettivabili se i termini ad es. di una relazione sono messi in secondo piano ad un livello metalinguistico (ad es. in una implicazione).

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