Tuesday, February 12, 2008

Frege e l’afferrare pensieri

Non tutto è rappresentazione e perciò, dice Frege, posso riconoscere come indipendente da me anche il pensiero che altre persone possono pensare. Non siamo portatori dei pensieri così come lo siamo delle rappresentazioni. Abbiamo un pensiero ma non nel modo con cui abbiamo una rappresentazione. Per il pensiero più che il verbo “avere” è da utilizzare il verbo “afferrare” a cui corrisponde la facoltà di pensare, la quale non produce i pensieri, ma li prende già dati. Ciò che giudico vero, lo ritengo vero a prescindere dal mio riconoscimento. Il venir pensato non è parte dell’esser vero di un pensiero. Un fatto è semplicemente un pensiero che è vero e lo scienziato non riconoscerà come fondamento della scienza qualcosa che dipende dai contingenti stati di coscienza degli uomini. L’attività scientifica più che nel creare consiste nello scoprire pensieri veri. Tali pensieri veri lo sono atemporalmente e ciò spiega perché l’astronomo può applicare una verità matematica nell’indagine riguardante avvenimenti remoti avvenuti a grande distanza dalla Terra in momenti in cui l’uomo non esisteva neppure.
Se tutto fosse rappresentazione la psicologia conterrebbe in sé tutte le scienze. L’afferrare pensieri presuppone qualcuno che pensi, ma questi è portatore del pensare e non del pensiero. Nella coscienza c’è qualcosa che rimandi al pensiero, ma non è il pensiero stesso.

Il soggetto è portatore del pensiero (o del pensare che è lo stesso), ma non del senso del pensiero e cioè il noema, o meglio l'idea platonica. Altrimenti perchè non si potrebbe dire che si è portatori del rappresentare, ma non della rappresentazione.

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