Tuesday, February 12, 2008

Frege, l'Io e i nomi propri

Se il medesimo enunciato contiene la parola “io” esso può essere vero o falso a seconda dell’identità del parlante. Se Herr Lauben dice “Io sono stato ferito” ed il signor Leo Peter lo ascolta e pochi giorni dopo dice “Herr Lauben è stato ferito”, il pensiero dei due enunciati è lo stesso ? Si supponga che il signor Lingens fosse presente quando Herr Lauben ha detto quella frase ed ora senta quel che ha detto Leo Peter. In questo caso il pensiero potrebbe essere lo stesso. Ma se Lingens non conoscesse Herr allora l’identificazione potrebbe essere problematica ed in tal caso il pensiero comunicato da Lauber non sarebbe lo stesso di quello comunicato da Peter.
Non sarebbe lo stesso nemmeno nel caso di un enunciato riguardante Lauben (che non comprenda indicali) se ad es. la nozione di “Herr Lauben” consaputa da Peter comprendesse solo l’indirizzo , mentre ad es. la nozione di “Gustav Lauben” detenuta da Lingens comprendesse solo la data di nascita. Di conseguenza, nel caso di un nome proprio, tutto dipende da come vengono date le persone e le cose che sono designate per il suo tramite : a ciascuno dei diversi modi in cui ciò può accadere corrisponde un senso particolare dell’enunciato cui appartiene il nome proprio. I differenti pensieri che si delineano così a partire da uno stesso enunciato concordano nel loro valore di verità (se uno di essi è vero sono tutti veri, se è falso sono tutti falsi). Tuttavia va riconosciuta la loro diversità. Si deve quindi esigere che ad ogni nome proprio venga connesso un unico modo di essere dato delle cose e delle persone cui si fa riferimento mediante esso.
Ora ciascuno è dato a se stesso in un modo particolare e originario nel quale non è dato a nessun altro. Allorché Herr Lauben pensa di essere stato ferito, si basa probabilmente su questo modo originario in cui egli è dato a se stesso e non vi è che lui che può capire il pensiero determinato in questo modo. Ma al tempo stesso non si può comunicare un pensiero che solo lui può capire. Se pertanto dice “Io sono stato ferito” deve utilizzare “io” in un senso che sia comprensibile anche agli altri (del tipo “quello che vi sta parlando in questo momento”). Egli mette così al servizio delle espressioni del pensiero le circostanze che accompagnano il suo parlare.

Le proposizioni con indicali sono funzioni proposizionali saturabili con nomi propri o con il ricorso al contesto nel quale la proposizione è proferita. Il linguaggio ha determinati termini con i quali esso si autotrascende facendo riferimento al contesto pragmatico nel quale è proferito e avendo come senso al gerarchia illimitata di metalinguaggi nel quale è incapsulato. Questi termini (es. “Io”) spesso sono stati studiati dalla metafisica. Anche l’avverbio di tempo (così come il pronome personale) è un’indicale che si riferisce ad un rapporto perlocutorio, non direttamente espresso nella proposizione, con il contesto extra-proposizionale (soggetto parlante, situazione spazio-temporale, rapporto con altri soggetti).
Una funzione proposizionale ha un senso diverso dalla proposizione nella quale essa viene saturata ed un valore di verità variabile, mentre la proposizione ha un valore di verità fisso (sempre che venga adeguatamente determinata). Pur avendo sensi diversi una proposizione con nome proprio ed una funzione proposizionale (ad es. con indicale) possono avere lo stesso valore di verità (e dunque la stessa denotazione) sempre che quest’ultima ricomprenda in sé il suo contesto pragmatico di proferimento. Volendo essere più precisi la proposizione con nome proprio ha lo stesso valore di verità di una funzione proposizionale indicale che venga saturata attraverso il riferimento pragmatico al suo contesto di proferimento. Es. “Napoleone III è imperatore di Francia” equivale a “Io sono imperatore di Francia” e “Chi ha parlato prima è Napoleone III”

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