Tuesday, February 12, 2008

Frege e la distinzione tra contenuto e asserzione

Non si considererà pensiero il senso di un enunciato imperativo, ma nel caso degli interrogativi a cui si risponde solo con un sì o un no, bisogna inferire che il senso di un enunciato interrogativo è lo stesso di un enunciato assertorio corrispondente, il quale però ha in più l’asserzione, mentre l’enunciato interrogativo ha in più una richiesta. Dunque in un enunciato assertorio bisogna distinguere due aspetti : il contenuto e l’asserzione. Il primo è il senso, il pensiero che può esistere ed essere espresso anche se non è vero. Ciò è evidente nell’esistenza degli enunciati interrogativi con i quali si afferra un pensiero, mentre successivamente con il giudizio lo si riconosce come vero, mentre con l’asserzione si condivide questo riconoscimento. Usando un’asserzione (un enunciato detto seriamente e cioè dotato di forza assertoria) non si ha bisogno del predicato “vero”. Il quale è inutile aggiungerlo anche infinite volte se l’enunciato è privo di forza assertoria (e cioè dell’assunzione di un impegno da parte del parlante). Un asserzione sulla scena è un’asserzione apparente . L’attore nel suo ruolo non fa asserzioni, non dice la verità e neppure mente (anche se non crede veramente a quel che dice). Così è pure nella poesia, dove sembrano esserci molti enunciati assertori. In realtà c’è bisogno della serietà del parlante e proprio per questo motivo sembra che non venga aggiunto niente ad un pensiero quando si dice che esso è vero. C’è poi nell’enunciato assertorio un aspetto emotivo (frequente in poesia) su cui l’asserzione non si estende e cioè l’esclamazione, il tono che però sono tanto più giustificati quanto più l’enunciato è lontano da una veste scientifica. Quest’ultima consente una facile traduzione (proprio perché è oggettiva e riconoscibile), mentre le componenti emotive sono molto legate alle specificità culturali e dunque rendono difficilmente traducibili le poesie.

La distinzione tra giudizio e asserzione sembra fare di quest’ultima solo l’esteriorizzazione socialmente rilevante del primo. Magari si può pensare che il giudizio sia la versione metalinguistica del pensiero “p” (dunque sarebbe “p è vero”), mentre l’asserzione sarebbe l’assunzione di un pensiero al livello pragmatico. Inoltre sembra strano che Frege non assimili l’esclamazione ad una forma emotivamente connotata di asserzione, invece di relegarla tra le mere espressioni di emotività.
Da un lato è necessario distinguere le proposizioni interrogative in proposizioni interrogative che sanciscono la trasformazione di una funzione proposizionale in una proposizione vera e propria (es. “Chi ha rubato la marmellata?”) dalle proposizioni interrogative che sanciscono l’attribuzione di un valore di verità ad un enunciato attraverso l’asserzione della proposizione espressa dall’enunciato stesso. In tutti e due i casi vi è un passaggio da un livello di esistenza ad un altro, ma i livelli coinvolti non sono gli stessi in entrambi i casi. Infatti dopo il primo passaggio da “Chi ha rubato la marmellata ?” a “Giorgio ha rubato la marmellata”, è possibile una nuova interrogativa “Giorgio ha rubato la marmellata?” ed una risposta ad es. “Sì” che determina l’asserzione della prima risposta che prima era stata solo espressa ad un livello ontologico più basico.
La tesi di Frege sull’attore è invece superficiale : l’attore dice proposizioni che sono vere o false sia nel suo universo di discorso che nel nostro livello di realtà ma anche proposizioni la cui verità o falsità nel nostro livello di realtà è subordinata all’assunzione di determinate altre ipotesi (es. “l’assassino è il maggiordomo” è subordinata all’ipotesi circa l’esistenza dell’intero contesto narrativo all’interno del nostro livello di esistenza). L’irrilevanza aletica di alcune proposizioni espresse da un attore è dettata solo da opzioni pragmatiche (la verità di quelle proposizioni nel nostro livello di esistenza non ha effetti rilevanti per il nostro contesto esistenziale)
L’accenno di Frege alla serietà del discorso se non fosse un mero espediente, potrebbe essere tematizzato nel senso di un rapporto forte tra il livello dell’asserzione e quello dell’etica del discorso (Apel) o dell’etica come filosofia prima (Levinas)
Frege nel paragonare le scienze dure alle scienze umane ed alla letteratura manca di senso della storia, dal momento che trascura il fatto che la traducibilità maggiore del linguaggio scientifico è conseguenza del fatto che tale linguaggio è storicamente recente, parzialmente artificiale, intersoggettivamente convenzionale, fortemente consapevole. Il linguaggio poetico è invece più sedimentato, più legato all’esperienza individuale e dunque alle differenze tra le lingue storiche ed allo sterminato universo della letteratura, ben più eterogeneo di quello scientifico.
Quanto alla difficoltà della traduzione di poesia da una lingua all’altra, essa sussiste in quanto la poesia allude sempre ad un contesto simbolico (culturalmente variabile) che consente la saturazione razionale di quelle proposizioni la cui incompletezza è l’essenza della comunicazione estetica. Il linguaggio scientifico è la trasmissione di un linguaggio saturato, mentre la poesia è la sfida fatta a chi ascolta a completare un linguaggio insaturo.

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