Sunday, January 20, 2008

Frege e i pensieri falsi

Frege dice poi che l’essere di un pensiero può anche venire inteso consistere nel fatto che il pensiero può venire afferrato come uno e un medesimo da parte di diversi esseri pensanti. In tal caso il suo non essere consisterebbe nel fatto che ciascuna di queste entità pensanti assocerebbe un senso tutto particolare all’enunciato, un senso che sarebbe il contenuto della sua coscienza particolare, di modo che non ci sarebbe un senso comune di un enunciato che possa venire afferrato da più persone. E’ dunque in questo senso che un pensiero falso è un pensiero privo di essere ? Se così fosse quegli scienziati che avrebbero discusso tra loro sulla trasmissibilità all’uomo e che si fossero trovati d’accordo sulla non sussistenza di questa trasmissibilità, sarebbero nella condizione di coloro che usano un termine da tempo e si accorgessero che tale termine non designava nulla, dato che ciascuno di essi aveva un’apparizione di cui egli stesso era il portatore. In realtà invece deve essere possibile che più ascoltatori di uno stesso enunciato interrogativo afferrino lo stesso senso e lo riconoscano come falso
Cosa accadrebbe poi, si chiede Frege, se l’esser vero di un pensiero consistesse nel fatto che esso può venir afferrato da molti come un solo e medesimo pensiero e se invece un enunciato esprimente qualcosa di falso non avesse un senso comune a più persone ? Ad es. un pensiero che sia vero e sia composto da pensieri parziali dei quali uno è falso, potrebbe venire afferrato da più persone come uno e medesimo, mentre non lo potrebbe il pensiero parziale che è falso, per cui un antecedente falso sarebbe associato per ogni portatore ad un senso privatamente inteso. In realtà, dice Frege, se l’intero non ha bisogno di un portatore, nessuna delle sue parti ne ha bisogno.
Di conseguenza, conclude Frege un pensiero falso non è un pensiero senza essere, anche quando per essere si intende il non aver bisogno di un portatore. A volte un pensiero falso deve essere considerato indispensabile, sia come senso di un enunciato interrogativo, sia come costituente di una connessione di pensieri ipotetica ed infine nella negazione. Deve essere possibile negare un pensiero falso e per poterlo fare si ha bisogno del pensiero. Non si può negare ciò che non c’è. E con la negazione non si può trasformare ciò a cui non siamo necessari come portatori e che può venire afferrato come il medesimo da più persone in ciò a cui siamo necessari come portatori


Frege giustamente dice che non si può negare ciò che non c’è. Qui egli conferma l’intuizione di Parmenide. Ma perché meglio si comprenda la sua tesi ed anche il ruolo della negazione si può fare ricorso alla distinzione tra linguaggio e metalinguaggio e dal punto di vista ontologico alla distinzione tra diversi livelli di esistenza : la negazione è la descrizione dell’assenza di un oggetto (già presente in un livello ontologico più basico) ad un livello ontologico più complesso : ad es. Guglielmo Tell esiste in almeno un mondo possibile (livello ontologico del materialmente possibile), ma non esiste in questo nostro mondo possibile (livello ontologico del fisicamente esistente). Dunque sulla base di ciò noi diciamo “Guglielmo Tell non è mai esistito (nel nostro mondo possibile)” e dal punto di vista pragmatico (nel senso di “socialmente condiviso”) possiamo anche omettere la precisazione tra parentesi “nel nostro mondo possibile”. Dal punto di vista linguistico noi possiamo dire che quel che neghiamo a livello del linguaggio oggetto lo riaffermiamo implicitamente a livello di metalinguaggio : la negazione è un’operazione grazie alla quale un oggetto viene tolto dal linguaggio oggetto e assunto nel metalinguaggio come concetto (si tratta di quella che l’intuizione chiamava aufhebung)

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