Sunday, September 16, 2007

Frege e gli enunciati la cui parte comune è un nome proprio

E' evidente, dice Frege, che enunciati nominali, introdotti da "Chi" , "Che cosa" ed enunciati avverbiali introdotti da "Dove", "Quando", molto spesso vanno intesi per il loro senso come enunciati condizionali. Ad es. "Chi tocca la pece si imbratta".
Anche gli enunciati attributivi possono stare al posto di quelli condizionali. Così possiamo esprimere il senso dell'enunciato esaminato prima anche in questa forma : "Il quadrato di un numero che sia minore di '1' e maggiore di 'zero' è a sua volta minore di '1' e maggiore di 'zero' ".
In modo del tutto diverso stanno le cose quando la parte costitutiva comune dell'enunciato principale e di quello subordinato viene designata con un nome proprio. Nell'enunciato "Napoleone, che riconobbe il pericolo per il suo fianco destro, guidò egli stesso la sua Guardia contro la posizione nemica" sono espressi due pensieri e cioè "Napoleone riconobbe il pericolo" e "Napoleone guidò egli stesso la sua Guardia". Quando e dove ciò avvenne si può venire a sapere solo dal contesto, ma lo si deve considerare come determinato appunto da tale contesto. Se noi pronunciamo l'intero enunciato per asserirlo, allora asseriamo nel contempo entrambe le parti dell'enunciato. Se una di esse è falsa, tutto l'enunciato sarà falso. Questo è il caso in cui l'enunciato subordinato ha di per sè come senso un pensiero completo (quando lo completiamo con l'indicazione di tempo e luogo). La denotazione dell'enunciato subordinato è perciò un valore di verità. Possiamo dunque aspettarci di poter sostituire questo enunciato con un altro che abbia allo stesso valore di verità, senza pregiudicare la verità dello stesso complesso enunciativo, E così infatti accade nel nostro caso e si deve solo stare attenti che il soggetto del nuovo enunciato rimanga "Napoleone".
Ma se si rinuncia alla richiesta che esso abbia appunto una forma attributiva accettando il collegamento dei due enunciati con una "ET", allora cade anche quella condizione.
Anche negli enunciati subordinati, dice Frege, introdotti da "sebbene" sono espressi pensieri completi. Questa congiunzione non ha propriamente alcun senso e neppure muta il senso dell'enunciato, ma gli dà una coloritura particolare. Potremmo cioè sostituire l'enunciato concessivo con un altro dello stesso valore di verità, senza pregiudicare la verità dell'intero complesso. Solo che quella coloritura risulterebbe inopportuna come se volessimo intonare un triste canto su di un motivetto allegro

"Chi tocca la pece si imbratta" può anche essere equivalente a "Se si tocca la pece, ci si imbratta", ma il secondo enunciato dà l'idea di una legge, mentre il primo si ferma ad un rapporto universalmente valido, ma che può comunque essere logicamente contingente.
Non è vero inoltre che la congiunzione "sebbene" non abbia alcun senso. Essa potrebbe indicare una dissonanza cognitiva dovuta all'interpetazione di un implicazione come di un equivalenza : "p sebbene q" potrebbe voler dire " (non-q implica p) et (p et q)".
Nella proposizione "Colui che ha scoperto l'orbita ellittica morì in miseria" , la locuzione "..che ha scoperto l'orbita ellittica" è un predicato legato a "Colui...", per cui la proposizione è un predicato dell'uomo che morì in miseria o meglio si predica il morire in miseria all'x che al momento si identifica nella proprietà di essere lo scopritore dell'ellitticità dell'orbita dei pianeti. La relativa, in questo caso, non può essere staccata dal soggetto della principale (essendo un predicato unico e quindi strettamente inerente al soggetto al punto da definirlo) e quindi non può essere considerata un'incidentale. Invece nella proposizione "Keplero, che scoprì l'orbita ellittica, morì in miseria", "Keplero" è un nome proprio che in un certo senso garantisce al soggetto il fatto che la scoperta dell'orbita ellittica è un suo attributo tra i tanti, per cui il soggetto è parzialmente autonomo dalla secondaria. A tal proposito varrebbe la pena approfondire una logica dell'apposizione dal momento che tale autonomia risulta comunque più grammaticale che non semantica. Infatti "Keplero, che scoprì l'orbita ellittica..." sembra essere la formula omerica del tipo "Achille piè veloce"

Labels: , , , , , , , ,

0 Comments:

Post a Comment

<< Home