Thursday, November 01, 2007

La Logica e il Vero negli Scritti Postumi di Frege

In un frammento di un Manuale di logica, scritto tra il 1879 e il 1891, Frege cerca di criticare un atteggiamento empiristico e psicologistico in logica. Egli dice che la meta verso cui tende la scienza è la verità e riconoscere interiormente qualcosa come vero è giudicare, rendere pubblico questo giudizio è asserire. Quel che è vero è tale indipendentemente dal nostro riconoscimento. Non tutte le cause che condizionano il nostro giudizio sono ragioni giustificanti. L'empirismo, trascurando tale argomento, fa passare tutte le nostre conoscenze per empiriche, ma anche nella scienza la storia di una scoperta di una legge matematica o naturale non può surrogare un procedimento fondativo e giustificante : questo sarà sempre astorico.
La logica ha a che fare solo con presupposti veri del giudizio e giudicare con tali presupposti è dedurre. Le leggi che governano tale deduzione sono l'oggetto della logica, che dunque stabilisce le leggi dell'inferenza corretta. Gli oggetti della logica non sono sensibili, ma non riguardano nemmeno la psicologia che non si occupa dell'"essere vero" dei propri oggetti. Le leggi della logica sono uno svolgimento della parola "vero". L'essere vero di una proposizione non è il prodotto di un processo psichico. Le cause psicologiche del giudizio ci portano indifferentemente sia all'errore che alla verità. Inoltre l'affinità tra processi psichici è ipotetica e ad essa non si possono attribuire le leggi della logica nè la spiegazione del fatto che si ritiene universalmente vera una proposizione. Per Frege la logica ha stretta parentela con l'etica, dove si può perdonare, ma ciò non cancella il carattere immorale di un'azione. La psicologia può spiegare le leggi dell'inferire effettivo, ma non quelle dell'inferire corretto, dal momento che l'inferire effettivo può portare sia alla verità che alla fallacia.
Frege aggiunge che le leggi, sia quelle logiche e matematiche che quelle fisiche e psicologiche non possono cambiare in senso stretto, dal momento che, se enunciate con completezza, devono contenere tutte le condizioni pertinenti ed essere valide indipendentemente dal tempo e dal luogo. Se ad es. la legge di inerzia non valesse in prossimità di Sirio, dovremmo concludere che non è stata enunciata completamente, essendo stata omessa una condizione che qui è soddisfatta, ma non lo è nei dintorni di Sirio. Ciò vale anche per le leggi del pensiero : il cambiamento sarebbe solo un indice della nostra conoscenza imperfetta di quelle leggi.
Frege dice poi che la grammatica mescola logica e psicologia, altrimenti tutte le lingue dovrebbero avere la stessa granmmatica. E' possibile esprimere lo stesso pensiero in lingue diverse per quel che riguarda il nucleo logico, altrimenti sarebbe escluso ogni patrimonio comune nella vita spirituale dell'umanità. Il valore dell'apprendimento delle lingue straniere per la formazione logica sta proprio nel fatto che il rivestimento psicologico del pensiero, mostrandosi nella sua diversità, si scinde nella coscienza dal nucleo logico col quale sembra essere cresciuto inseparabilmente in tutte le lingue. La difficoltà di afferrare l'elemento logico viene così mitigata dalla diversità delle lingue, anche se non del tutto superata : infatti le nostre logiche si trascinano sempre indietro qualcosa che è comune alle grammatiche delle lingue affini, senza avere rilevanza logica. Per questo può ulteriormente giovare la conoscenza dei mezzi espressivi di una lingua completamente diversa come quella delle formule algebriche. Ovviamente l'elemento logico che risulterà da questa depurazione dovrà a sua volta essere scomposto in elementi sempre più semplici. Inoltre scopo della logica sarà quello di ricondurre le stesse leggi da essa individuate ad altre leggi, in modo da avere un quadro sinottico complessivo delle leggi logiche e dei loro legami reciproci. Dunque quella del logico è una lotta contro la psicologia e la grammatica per isolare l'elemento puramente logico del linguaggio e del pensiero.


Frege giustamente evidenzia l’autonomia del piano validativo dalle circostanze storiche e psicologiche della ricerca : esiste una realtà e noi non inventiamo tutto. Nonostante ciò nel dire che una legge (logica, fisica) sia immutabile, semplicemente perché tutte le versioni sinora elaborate sono vaghe ed imprecise sembra essere o una tautologia (il fatto che falsifica la legge segue un’altra legge) o un excusatio non petita (per la serie vi espongo una legge, ma non è delle migliori…). Ogni legge è sempre passibile di ulteriore determinazione (soprattutto dell’ambito e delle condizioni che la rendono applicabile) e dunque non ha senso parlare di una legge immutabile, se non come una sorta di limite matematico, giacchè nessuna espressione di essa è completa.
La logica non ha a che fare tanto con i presupposti veri, ma con le inferenze corrette quale che siano i presupposti. O meglio con la domanda : presupposta la verità di alcune proposizioni (ma questo non vuol dire che esse siano vere) cosa possiamo dedurre correttamente da esse ?
Frege da queste argomentazioni appare anche essere un anticipatore del funzionalismo della mente. Egli infatti asserisce che i processi psichici potrebbero differire da persona a persona. Però sbaglia quando dice che la fallacia sarebbe oggetto di sola psicologia, dal momento che non si capisce come, mentre il Vero può avere trattazione logica, non lo può avere anche il Falso : sarebbe questa un asimmetria che andrebbe quanto meno meglio spiegata. In realtà Frege confonde il fatto che la logica tratti le conseguenze della verità di alcuni enunciati, con il fatto che la logica tratti solo della verità.
La grammatica di una lingua più che mescolare logica e psicologia, rappresenta il campo dove linguaggio naturale e linguaggio formale si rapportano e configgono tra loro e dove si intuisce la possibilità di diverse logiche. E’ sbagliato pensare che il linguaggio naturale sia il luogo dell’errore e quello formale il luogo della verità. In realtà il secondo è un esempio di radicalizzazione di una delle tante tendenze esistenti nel primo, per cui la verità attiene più al primo che non al secondo.
Interessante la tesi che il nucleo logico esistente negli enunciati di qualsiasi lingua permetta la traduzione degli uni negli altri. Ciò è correlato al fatto che Quine negando la differenza sostanziale tra logica e psicologia, negava anche la possibilità della traduzione e indicava solo nell’empiria e nel comportamento empirico il punto di incontro tra due parlanti lingue diverse. In realtà la traduzione è possibile (nel senso di una comprensione accettabile per un soggetto parlante una delle lingue) quando si evidenzia uno strato comune a due lingue (la loro logica), ma questo non presuppone che si sia raggiunto il nucleo logico di tutte le lingue (altrimenti una traduzione renderebbe tutte le lingue immediatamente traducibili tra loro)
Frege comunque ha ragione nel dire che la conoscenza delle lingue facilita la conoscenza della logica non tanto perché evidenzia un solo nucleo comune, ma in quanto evidenzia più nuclei comuni a più di una lingua. La conoscenza delle differenze è tutt’uno con la conoscenza delle identità.

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