Wednesday, August 15, 2007

Concetto e oggetto in G. Frege

In uno scritto del 1892 "Concetto e Oggetto", ancora più geniale e coraggioso di "Funzione e concetto", Frege cerca di chiarire il rapporto tra concetto ed oggetto nella sua filosofia, alla luce delle critiche a lui portate da Benno Kerry.
Frege ammette che il termine "concetto" viene usato sia in senso logico che in senso psicologistico. Ma osserva che la critica di Kerry alla sua definizione di concetto, fraintende il fatto che non v'è una definizione di "concetto" dacchè quest'ultimo è logicamente semplice. Frege aggiunge (hegelianamente direi) che ciò che è logicamente semplice, non viene dato sin da principio, ma viene storicamente acquisito con il lavoro scientifico. Se si trova qualcosa che è semplice si dovrà coniare una nuova denominazione, giacchè la lingua non ha già un'espressione ad esso corrispondente. Dunque in tal caso non ci resta che guidare il lettore con dei cenni per fargli capire cosa intendiamo.
Frege dice che Kerry non è d'accordo con la forte distinzione tra concetto ed oggetto. L'esponente della scuola di Brentano obietta che si può ad es. essere sia padre che figlio. Frege osserva che se esistessero esseri che fossero sì padri, ma che per loro intrinseca costituzione non potessero essere figli, essi sarebbero di una specie diversa da quella di tutti gli uomini che sono figli.
Poi Frege risponde che il concetto è predicativo e cioè è la denotazione di un predicato grammaticale, mentre il nome di un oggetto, il nome proprio non è assolutamente in grado di essere usato come predicato.
Frege si chiede retoricamente "Non si può dire di qualcosa che è Alessandro Magno o che è il numero '4' o che è il pianeta Venere, proprio come si dice che è verde o è un mammifero ?"
Frege dice che chi pensa che ciò sia possibile dimostra di non saper distinguere i modi di usare la parola "è". In "Questa foglia è verde", "è" funge da copula, da termine formale di asserzione, tale da poter essere sostituito anche dalla desinenza verbale, per cui si può anche dire "Questa foglia verdeggia". Diciamo in questo caso che qualcosa cade sotto un concetto e che il predicato grammaticale denota questo concetto, anche se bisogna distinguere il cadere di un oggetto sotto il concetto ("Questa foglia è verde") e la subordinazione di un concetto ad altro concetto ("I mammiferi sono animali") Invece, in "La stella del mattino è Venere", "è" viene usato come un segno di uguaglianza in aritmetica e cioè per esprimere appunto un'equazione.
Nell'enunciato "la stella del mattino è Venere", abbiamo due nomi propri per lo stesso oggetto ("Stella del mattino" e "Venere"), mentre in "La stella del mattino è un pianeta" abbiamo un nome proprio e un termine denotante un concetto ("pianeta"). La relazione in tal caso, dice Frege, è diventata del tutto diversa : un'equazione è simmetrica, ma il cadere di un oggetto sotto un concetto no. L'"è" dell'enunciato "La stella del mattino è Venere" non è una semplice copula, ma è esso stesso parte integrante del predicato, così che la parola "Venere" non è tutto il predicato. Al posto dell'enunciato in questione si potrebbe dire : "La stella del mattino non è altro che Venere" e questa volta l'"è" di "non è altro che" è davvero una copula. Ciò che qui viene asserito non è "Venere", ma "non altro che Venere" : queste parole denotano un concetto sotto il quale cade sicuramente un solo oggetto, ma tale concetto va sempre distinto dall'oggetto. Abbiamo qui una parola, "Venere", che non può essere propriamente un predicato, sebbene possa formare una parte di un predicato. La denotazione di questa parola non può mai presentarsi come un concetto, ma solo come un oggetto.
Frege ammette che ci sono concetti che possono sembrare anche di essere oggetti : ad es. un concetto può cadere sotto un concetto superiore, cosa che non va confusa con la subordinazione di un concetto ad un altro. Kerry fa l'esempio di "Il concetto 'cavallo' è un concetto facilmente costituibile". Egli ritiene che il concetto "cavallo" sia un oggetto e cioè uno degli oggetti che cadono sotto il concetto "concetto facilmente costituibile". Frege osserva che le tre parole "Il concetto 'cavallo' " designano un oggetto ma proprio per questo non designano nessun concetto. Infatti l'articolo determinativo rimanda sempre ad un oggetto, tranne quando il singolare sta per il plurale (tipo "il cavallo è un animale quadrupede" che sta per "Tutti i cavalli sono animali quadrupedi"), mentre l'articolo indeterminativo accompagna un termine denotante un concetto.
Frege , a Kerry, per il quale non si possono fondare regole logiche su distinzioni linguistiche, precisa che nessuno che voglia stabilire delle regole logiche può evitare di fondarsi su tali distinzioni, perchè senza la lingua non ci si potrebbe intendere. Se Kerry sostiene che nell'enunciato "Il concetto di cui proprio ora sto parlando è un concetto individuale", "Il concetto di cui proprio ora sto parlando" denota un concetto, allora egli non intende la parola "concetto" nel senso da lui indicato.
Frege a questo punto fa una digressione ed accenna al problema se ci siano espressioni linguistiche equivalenti : ci sono alcuni che lo negano, come negano che una parola possa essere tradotta con esattezza in un'altra lingua, e addirittura c'è chi nega che una parola possa essere intesa in modo equivalente anch da parlanti la stessa lingua. Frege dice a tal proposito che vi è qualcosa di comune (il sinn)in espressioni diverse e si riesce ad esprimere lo stesso senso in modi diversi e malgrado tutta la particolarità delle lingue, l'umanità ha un tesoro di pensieri comuni. Egli aggiunge che se si volesse proibire ogni mutamento delle espressioni, ogni definizione sarebbe falsa e la logica, che dovrebbe riconoscere il pensiero (il sinn) attraverso le sue molteplici forme, sarebbe paralizzata.
Certo, ammette Frege, il fatto che il concetto 'cavallo' non è un concetto può rappresentare un paradosso, quando invece la città di Napoli è una città e il vulcano 'Vesuvio' un vulcano. Che questo sia un caso particolare lo evidenzia lo stesso Kerry, mettendo tra virgolette il termine "cavallo", mentre non v'è nessun motivo per mettere tra virgolette Napoli o Vesuvio. Nelle ricerche logiche, quando si ha bisogno di asserire qualcosa di un concetto e di far sì che ciò che è asserito del concetto sia il contenuto del predicato grammaticale, allora ci si aspetterebbe che il concetto sia la denotazione del soggetto grammaticale, ma il concetto come tale non può svolgere questa funzione a causa della sua natura predicativa : dovrà prima mutarsi in oggetto o meglio essere rappresentato da un oggetto che noi designiamo anteponendogli la parola "Il concetto", come ad es. in "Il concetto 'uomo' non è vuoto", dove "Il concetto 'uomo' " va inteso come un nome proprio (segno che designa un oggetto) che al pari di "Berlino" e "Vesuvio" non può essere usato predicativamente.
Frege aggiunge che,se diciamo "Gesù cade sotto il concetto 'uomo' ", il predicato è "cadente sotto il concetto uomo" e ciò denota la stessa cosa di "un uomo". Invece il complesso "Il concetto 'uomo' " è solo una parte di questo predicato.
Anche nel caso di "Tutti i mammiferi hanno il sangue rosso", in cui sembra che il soggetto sia un concetto, non si può non riconoscere la natura predicativa di un concetto (che è solo un caso particolare di incompletezza e di insaturazione di una funzione logica) dal momento che si può anche dire " Ciò che è mammifero ha sangue rosso" oppure "Se qualcosa è un mammifero, ha sangue rosso".
Frege continua dicendo che, intendendo in senso linguistico "predicato" e "soggetto" si può dire che concetto è la denotazione di un predicato, mentre l'oggetto è ciò che non può mai costituire l'intera denotazione di un predicato, mentre può costituire la denotazione di un soggetto. Di conseguenza si deve osservare che i termini quantificatori (tutti, alcuni, nessuno) stanno davanti a termini denotanti concetti. Negli enunciati universali e particolari negativi o affermativi esprimiamo relazioni tra concetti e indichiamo con i quantificatori il tipo particolare di relazione. Da un punto di vista logico, tali parole non vanno dunque collegate con i termini denotanti concetti che immediatamente le seguono, ma vanno messe in relazione con l'intero enunciato. Questo lo si vede facilmente nel caso della negazione. Se nell'enunciato "Tutti i mammiferi abitano sulla terraferma", il complesso di parole "Tutti i mammiferi" esprimesse il soggetto logico del predicato "abitano sulla terraferma", allora per negare l'enunciato basterebbe negare il predicato e dire "non abitano sulla terraferma". Sappiamo invece che la negazione deve essere premessa a "Tutti", il che dimostra che "Tutti" appartiene logicamente al predicato. Invece, per negare l'enunciato "Il concetto 'mammifero' è subordinato al concetto 'vivente sulla terraferma' " basta negare il predicato, ossia dire "Non è subordinato a...".
Frege conclude questa parte del suo saggio dicendo che, dal momento che espressioni come "Il concetto F" designano oggetti ma non concetti, le obiezioni di Kerry vengono a cadere ed egli è in errore anche quando dice che Frege stesso identifica concetto ed estensione del concetto, quando in realtà Frege dice che nell'enunciato "Il numero che spetta al concetto F è l'estensione del concetto 'numericamente equivalente al concetto F' " il termine "estensione del concetto F" può essere sostituito con "concetto F", termine che non a caso è preceduto dall'articolo determinativo e dunque non indica un concetto.
Frege poi avverte che contro le sue tesi si potrebbe tentare di usare i suoi stessi scritti, laddove egli dice che l'attribuzione di un numero contiene un'affermazione intorno ad un concetto o quando definisce l'esistenza come "proprietà di un concetto". Frege però precisa a tal proposito che ad es. nella proposizione "C'è almeno una radice quadrata di '4' " non viene affermato proprio nulla nè del numero '2' nè del numero '-2', ma di un concetto ovvero "radice quadrata di 4" e precisamente viene affermato che esso non è vuoto. Se esprimiamo lo stesso pensiero in quest'altra forma "il concetto 'radice quadrata di 4' non è vuoto", "Il concetto 'radice quadrata di 4' " costituisce un oggetto ed è su questo oggetto che viene affermata qualcosa. Ma la seconda affernazione non è identica alla prima, amche se ciò può sembrare strano a chi non riconosca che il pensiero può essere scomposto in più modi e quindi ora questo ed ora quello possono comparire in esso come soggetto e come predicato. Che cosa venga preso come soggetto non è determinato dal pensiero stesso, ma dal modo di scomporre il giudizio. Differenti enunciti, dice Frege, possono esprimere lo stesso pensiero e perciò nel nostro pensiero si potrebbe anche trovare un asserzione intorno al numero '4' tipo "Il numero '4' ha la proprietà che c'è qualcosa di cui esso è quadrato".
La lingua, continua Frege, ha i mezzi per far apparire comne soggetto ora questa, ora quella parte del pensiero (si veda ad es. il passaggio da forma attiva e forma passiva). Dunque non è impossibile che lo stesso pensiero appaia, a seconda della scomposizione effettuata, come pensiero singolare, particolare o universale. Dunque non è impossibile che lo stesso enunciato può essere inteso come asserzione intorno ad un concetto o ad un oggetto : basterà tener presente che si tratta di due asserzioni diverse.
Frege fa poi l'esempio di "C'è almeno una radice quadrata di '4' " dove non è possibile sostituire "radice quadrata di '4' " con "Il concetto 'radice quadrata di 4' ". L'asserzione che si addice al concetto non si addice all'oggetto. Sebbene l'enunciato in questione non facci apparire il concetto come soggetto, tuttavia dice qualcosa intorno al concetto e si può intendere questo fatto come se venisse espresso il cadere di un concetto sotto un altro superiore. Con questo però non viene cancellata la differenza tra oggetto e concetto. Nell'enunciato "C'è almeno una radice quadrata di '4' " il concetto infatti non rinnega la sua natura predicativa. Si può dire a tal proposito "C'è qualcosa che ha la proprietà di darci '4' se moltiplicata per se stessa ". Di conseguenza ciò che viene asserito di un concetto non può mai essere asserito di un oggetto. Un nome proprio non può mai essere un'espressione predicativa, ma solo parte di essa. Non si vuole dire che sia falso asserire di un oggetto ciò che viene asserito di un concetto : si vuole solo dire che tale asserzione è impossibile e senza senso.
Frege fa poi l'esempio a tal proposito dell'enunciato "C'è Giulio Cesare" che non è nè vero nè falso, ma senza senso, sebbene invece l'enunciato "C'è un uomo di nome Giulio Cesare" abbia un senso. In quest'ultimo caso però, abbiamo ancora di nuovo un concetto, come rivela la presenza dell'articolo indeterminativo. Un altro esempio è "Esiste soltanto una Vienna" dove non ci si deve lasciar ingannare dal fatto che la lingua usa talvolta la stessa parola ora come nome proprio, ora come termine denotante un concetto. Il numerale mostra che nel nostro esempio abbiamo che "Vienna" denoti un concetto, quanto lo è "città imperiale". In questo senso si può dire che "Trieste non è Vienna".
Frege poi afferma che se invece nell'enunciato "Il concetto di 'radice quadrata di 4' non è vuoto" sostituiamo il nome proprio "Il concetto di 'radice quadrata di 4'" co "Giulio Cesare" otteniamo un enunciato che ha un senso, ma è falso.. Infatti "L'essere non vuoto" può essere asserito solo di oggetti di tipo particolare come quelli che possono essere designati da nomi propri della forma "Il concetto F". Il complesso di parole "Il concetto di radice quadrata di '4' " si comportano in modo essenzialmente diverso dalle parole "Una radice quadrata di '4'" del nostro primo enunciato. Ciò vuol dire che le denotazioni di questi due complessi di parole sono essenzialmente diverse. Ciò poi che qui è stato indicato con un esempio vale in gnerale : il concetto si comporta in modo essenzialmente predicativo anche quando si asserisce qualcosa intorno ad esso e di conseguenza anche in questo caso può essere sostituito da un altro concetto, ma mai da un oggetto.
Frege passa poi a parlare dei concetti di secondo grado che sono essenzialmente diversi dai concetti di primo grado sotto i quali cadono oggetti. La relazione di un oggetto con un concetto di primo grado sotto cui cade quello stesso oggetto è diversa dalla relazione di un concetto di primo grado con quello di secondo grado. La differenza tra oggetto e concetto rimane perciò in tutto il suo rigore.
Le osservazioni di Kerry su concetti come "proprietà" e "nota caratteristica" conducono Frege a ritornare su tale argomento sulla base della terminologia da lui adottata : qualcosa può essere contemporaneamente proprietà e nota caratteristica, ma non della stessa cosa. I concetti sotto i quali cade un oggetto li si chiamerà "proprietà" di quell'oggetto sicchè " 'essere P' è una proprietà di S" equivale alla locuzione "S cade sotto il concetto di P". Se l'oggetto S ha le proprietà P,B,F, allora posso consensare tali proprietà in Ph di modo che sarà la stessa cosa dire "S ha la proprietà P, B e F" e "S ha la proprietà Ph". Chiameremo allora P, B, ed F "note caratteristiche del concetto Ph" e "proprietà dell'oggetto S". E' chiaro, aggiunge Frege, che la relazione di P con S è del tutto diversa da quella di P con Ph : S cade sotto il concetto P, ma Ph è esso stesso un concetto che non può cadere sotto il concetto di primo grado P, ma solo sotto un concetto di secondo grado. Si dirà allora che Ph è subordinato a P.
Frege fa l'esempio dei tre enunciati " '2' è un numero positivo", "'2' è un numero intero", " '2' è minore di '10'", tre enunciati che si possono unire nell'enunciato " '2' è un numero intero positivo minore di 10". Dunque concetti come "essere un numero positivo", "essere un numero intero" ed "essere minore di 10" sono proprietà dell'oggetto '2', ma sono note caratteristiche del concetto "numero positivo intero minore di 10". Tale concetto non è positivo, nè intero, nè è minore di 10. Esso è subordinato al concetto di "numero intero", ma non cade sotto di esso.
Frege poi si appunta ancora sulle osservazioni di Kerry per il quale per numero '4' si deve intendere il risultato dell'addizione di '3' ed '1', ed osserva che oscuramente Kerry ha forse intuito la distinzione tra senso e denotazione, ma non ha colto il fatto che tale equivalenza (tra '4' e '3+1') vale solo a livello denotativo. Frege poi si chiede se per Kerry, nell'enunciato "Il numero '4'è il risultato dell'addizione di '3' e '1'", la "è" si deve intendere come copula o come segno di equivalenza (equazione). Nel primo caso si dovrebbe dire "Il numero '4' è risultato dell'addizione di '3' e '1'" per cui l'oggetto "Il numero '4' " cade sotto il concetto "risultato dell'addizione di '3' e '1'". Se invece la "è" è un segno di equivalenza si dovrebbe dire che "Il numero '4' non è altro che il risultato dell'addizione di '3' e '1'". L'articolo determinativo che precede "risultato" è qui logicamente giustificato se si ammette che c'è tale risultato e non ce ne è più di uno. Allora questo complesso di parole designa un oggetto e va inteso come nome proprio.
Frege conclude che è possibile interpretare, come fa Kerry, il cadere di un oggetto sotto il concetto, come una relazione in cui una volta può apparire come oggetto ciò che un'altra volta può presentarsi come concetto. Le parole "oggetto" e "concetto" servirebbero allora solo ad indicare le diverse posizioni occupate nella relazione. Questo, dice Frege, si può fare , ma ci si sbaglia se si crede di poter evitare in tal modo la difficoltà : infatti non tutte le parti del pensiero possono essere conchiuse, ma almeno una deve essere insatura (predicativa), altrimenti le parti non si connetterebbero l'una con l'altra. Così ad es. il senso del complesso di parole "Il numero 2" non si connette a quello dell'espressione "Il concetto 'numero primo'" senza un mezzo connettivo. Questo mezzo lo adoperiamo nell'enunciato "Il numero '2' cade sotto il concetto 'numero primo' ". Esso è contenuto nelle parole "cade sotto" che richiedono un duplice collegamento (con un soggetto ed un complemento). Solo Per mezzo di questa insaturazione del loro senso, tali parole possono valere da mezzo connettivo. Ed è solo quando esse vengono integrate in questo duplice aspetto che abbiamo un senso compiuto (un pensiero). Queste parole o complessi di parole denotano una relazione. Nel caso della relazione ci troviamo di fronte le stesse difficoltà che volevamo evitare nel caso del concetto. Infatti con le parole "La relazione del cadere di un oggetto sotto un concetto" non designiamo alcuna relazione, ma un oggetto. E i tre nomi propri "Il numero '2'", "Il concetto 'numero primo'", "La relazione del cadere di un oggetto sotto un concetto" sono estranei l'uno all'altro, così come lo erano i primi due da soli. In qualsiasi modo li mettiamo insieme, non otteniamo alcun enunciato. Le difficoltà derivanti dall'insaturazione di una parte del pensiero possono essere differite, ma non aggirate mai in via definitiva.












Il fatto di considerare "concetto" come non ulteriormente definibile è a mio parere un limite della concezione di Frege. Anche perchè l'immediatezza in Hegel non è irrelata alla mediazione. Nulla si incontra nel cammino della conoscenza che non abbia una storia e che non si colleghi ad altri contenuti di conoscenza. La semplicità sta più in una intenzione dei soggetti conoscenti di iniziare da un concetto per esplorarne le potenzialità euristiche e lasciando ad altri il compito di esaminarne il fondamento. Un concetto indefinito ha poi quella determinatezza di cui si ha bisogno secondo lo stesso Frege per costituire un discorso scientifico ?
Ma come acquista tale determinatezza senza un'articolazione sua propria ? E il linguaggio dei cenni non ricorda Eraclito, o la mistica wittgensteiniana ? E che c'entra questo con lo stesso Frege ?
Quanto alla questione dei padri e dei figli, se esistessero esseri che fossero sì figli, ma che non potrebbero per loro intrinseca costituzione essere padri, tali esseri sarebbero di una specie diversa da tutti quelli che sono padri ?
Sulla differenza tra concetto ed oggetto, se il concetto è la denotazione di un predicato grammaticale e le denotazioni sono spesso nomi di oggetto, perchè concetto ed oggetto devono essere per Frege assolutamente distinti ?
Nel caso de "Tutti i mammiferi hanno sangue caldo", "mammiferi" è al tempo stesso soggetto grammaticale, ma corrisponde anche ad un predicato (ad es. "Il leone è un mammifero"). Le classi (tipo "I mammiferi") sono un momento intermedio tra un oggetto ed un predicato, una conseguenza di una sostantivizzazione del predicato
Un individuo magari non può essere un predicato, ma un concetto ha una versione (il predicato) che non può essere oggetto (ma ciò nemmeno vale nel metalinguaggio), ed una versione estensionale (la classe) che può essere oggetto. Se c'è questo momento intermedio, perchè insistere su un'assoluta separazione tra concetto ed oggetto ?
Alessandro, '4' e il pianeta Venere sono la medesima cosa ? A nostro parere '4' è sia il numero '4' (oggetto ideale) che un predicato (i moschettieri sono 4). I numeri perciò sono un'ulteriore eccezione (come le classi) alla rigida distinzione tra oggetti e concetti. 'Quattro' come soggetto sembra un individuo, mentre come predicato sembra 'rosso': dunque ha una specificità tutta sua diversa da quella di 'Alessandro Magno', 'mammifero' e 'rosso'.
Quanto alle diverse accezioni del termine "è", vanno fatte alcune osservazioni :
"Questa foglia è verde" ha lo stesso significato di "Questa foglia verdeggia" (per non parlare della "brocca che broccheggia" di Heidegger)? A mio parere no , dal momento che "questa foglia verdeggia" sembra avere un senso incompiuto, progressivo del tipo "questa foglia comincia ad avere un colore che va sul verde...", tanto che è più difficile dire se una donna è bella che "questa donna belleggia" : sarebbe come dire che è belloccia o al massimo carina.... Per cui la tesi predicativa o ausiliaria dell'Essere mi sembra inappropriata (caratterizza come temporalmente incompiuto ciò che invece ha un senso compiuto, stabile)
Quanto alla distinzione tra "cadere di un oggetto sotto un concetto" e "subordinazione di un concetto ad un altro concetto", non sembra una distinzione ad hoc ? Differenziando i termini, Frege non cerca di coprire l'analogia tra le due relazioni ? In realtà il concetto, così come afferra oggetti, non afferra anche altri concetti ? E i concetti, in quanto subordinati, non sono come gli oggetti ?
Facciamo poi, a proposito delle proposizioni con due nomi propri, l'esempio di "Questo è Saturno", dove "Questo" è un nome in senso logico (essendo segno per un oggetto individuale ostensibile). Qui in realtà c'è differenza, dal momento che appunto "Questo" si riferisce ad un sense-data o un oggetto di percezione condiviso da due osservatori nel medesimo tempo, mentre "Saturno" è comunque una cosa, un oggetto di pensiero, quanto meno una classe di sense-data. Per cui "Questo è Saturno" vede un "è" non di identità, ma inclusivo, in quanto vuole dire "Questo sense-data rientra nella classe di sense-data che è l'oggetto 'Saturno' ".
Per Frege invece non è "Saturno" il predicato di "Questo", ma "è Saturno" nel senso di "essere identico a Saturno". In realtà semmai il predicato è "identico a Saturno", "nient'altro che Saturno".
Anche detta così le cose sono un po' più complesse di quanto le dipinga Frege : in primo luogo "Questo è identico a Saturno" non equivale a "Questo è Saturno", giacchè "identico" potrebbe essere sinonimo di "indiscernibile", e pure "Questo è lo stesso che Saturno", anche se più radicale, potrebbe significare "Questo è sostituibile (equivalente) a Saturno". Infine "Questo è non altri che Saturno" vuole dire "Questo è Saturno e non è nient'altro" e dunque ripropone la locuzione "Questo è Saturno" che Frege erroneamente voleva ridurre alla proposizione che si è rivelata invece molecolare e dunque più complessa.
Inoltre "Questo è identico a Saturno" può essere scomposto sia in "Questo è (identico a Saturno)" come intende Frege considerando " identico a Saturno" come predicato, sia in "Questo è (identico a) Saturno" intendendo "identico a" come una relazione intercorrente tra "Questo" e "Saturno". Tale doppia scomponibilità, oltre a rendere convertibili relazioni e predicati attributivi, evidenzia che "è" come identità non è riducibile a nessuna formulazione predicativa,la quale invece ripropone la dualità tra i termini messi in relazione proprio quando pretende di rimuoverla. Se Frege voleva intendere che l'oggetto non può essere predicato, ma solo parte di un predicato, la nostra analisi ha anche evidenziato che quello che si considera predicato è semplicemente a sua volta un oggetto appartenente ad un livello ontologico diverso dall'oggetto denotato dal soggetto gramnmaticale.
Anche nel caso dell'enunciato "La stella del mattino è Venere" si possono formulare diverse ipotesi che rendono problematica la tesi di Frege : in primo luogo si può dire che "la stella del mattino" prima di essere un nome è una descrizione ed in quanto tale un concetto sotto il quale possono cadere più individui (es. ci possono essere due stelle del mattino), per cui "stella del mattino" è sia un oggetto che un concetto. Del resto la maggior parte dei nomi sono descrizioni contratte in un segno solo (es. "Cristoforo" vuol dire "Portatore di Cristo") e dunque i nomi sono in realtà concetti (descrizioni) mascherate : non esistono in realtà veri nomi propri (gli stessi indicali in sè possono indicare qualsiasi cosa), ma esistono intenzioni individualizzanti del parlante e d'altra parte individui ipotizzzati metafisicamente a cui si cerca di accedere attraverso termini dotati di senso e dunque sempre in qualche modo con una vocazione generalizzante. In secondo luogo si può ben dire che "La stella del mattino è Venere" vuole dire "L'insieme dei sense-data che chiamiamo "stella del mattino" è incluso nell'insieme dei sense-data che chiamiamo "Venere" " e "La stella del mattino è lo stesso che la stella della sera" vuol dire "L'insieme dei sense-data "stella del mattino" e l'insieme dei sense-data "stella della sera" sono sottoinsiemi dell'insieme dei sense-data "Venere" "
Frege dice che "Un cane" è concetto, mentre "Questo cane" è un oggetto, Ma allora si può ben dire che "cane" può essere sia concetto che oggetto. Oggetto e concetto sono funzioni logiche che possono essere entrambe svolte dallo stesso ente o dallo stesso sinn (che potrebbero ben essere la stessa cosa). La distinzione tra oggetto e concetto è formale (sintattica) e non materiale (semantica)
A Frege che dice che Venere può essere solo un oggetto e non un concetto si può poi ribattere che 'Venere' essendo un'insieme di insiemi di sense-data è più un concetto (cosa, realtà fisico-scientifica) che un oggetto.
Frege forse vorrebbe dire che 'cavallo' è un concetto, ma "il concetto 'cavallo'" essendo uno dei concetti è a sua volta un oggetto (come 'il pianeta Venere'). Questo paradosso (inteso come autoriferimento negativo per cui "il concetto 'cavallo'" non è un concetto) dà ragione però anche a Kerry e mette in questione una distinzione netta della filosofia analitica dal momento che la critica alla metafisica si basa in buona parte sulla distinzione tra oggetto e concetto, mentre il platonismo si basa proprio sulla possibilità di oggettivare i concetti (cosa che Frege non sembra poter esorcizzare nonostante le sue argomentazioni). Frege anticipa la distinzione tra linguaggio e metalinguaggio ma come i suoi successori non ammette la sovrapposizione delle due sfere (la dialettica). Ma il paradosso che lui evidenzia è proprio la cartina di tornasole della necessità di accedere alla dimensione dialettica della logica. Il paradosso può anche stare nel fatto che un concetto è qualcosa di cu facciamo uso, ma che diventa oggetto una volta menzionato (per usare le categorie di Quine).
Quando Frege poi traduce "Il cavallo è erbivoro" in "Se qualcosa è un cavallo, allora è un animale erbivoro", il secondo enunciato rivela il senso vero del primo ? E da cosa Frege deduce che alcuni enunciati siano da questo punto di vista più rilevanti di altri ? Oppure tale traducibilità è lo strumento di cui si può servire qualunque retore (sia pure analiticamente titolato) per fermarsi all'enunciato che più ammicca alla propria visione delle cose ? In realtà il senso (sinn) di "Il cavallo è erbivoro" è diverso dal senso di "Se qualcosa è un cavallo, allora è un animale erbivoro", per quanto le due proposizioni si coimplichino tra di loro ; infatti la seconda è una conseguenza epistemica (un criterio di riconoscimento) della prima che è una descrizione ontologica : poichè "il cavallo è erbivoro" allora "Se qualcosa è un cavallo, allora questo qualcosa è erbivoro" (o più correttamente "Se riconosciamo un animale come 'cavallo', allora dobbiamo concludere che questo animale è erbivoro" oppure ancora "Perchè possiamo riconoscere un animale come cavallo, quest'animale deve essere erbivoro".) Del resto la struttura implicativa dell'enunciato "Se qualcosa è un cavallo, allora questo qualcosa è erbivoro" dà un senso causale a quest'ultimo che "Tutti i cavalli sono erbivori" non ha assolutamente, dal momento che in questo caso il rapporto tra 'cavallo' ed 'erbivoro' sembra essere contingente e solo teticamente affermato.
Inoltre "Ciò che è mammifero" è un oggetto o un concetto ? E 'mammifero' in questa locuzione svolge funzione di oggetto o di concetto ? Anche qui la situazione è poco chiara.
Inoltre "Il cavallo" non è la classe dei cavalli (che non sarebbe erbivora) ma l'individualizzazione del quantificatore "Tutti i cavalli", la specie biologica, l'oggetto scientifico.
Quanto alla questione della traduzione e dell'interpretazione degli enunciati, Frege anticipa una discussione successiva (si pensi a Quine e Davidson) e ha ragione nel dire che la cultura è la prova della esistenza di una dimensione comune del senso (Spirito hegeliano, Mondo 3 di Popper). Dire però che la differenza non riguardi anche il senso forse è esagerato, come è esagerato dire che questo problema non riguarda la logica. Nella dimensione del sinn bisogna cercare l'identità e la differenza.
Relativamente alla differenza tra il concetto di cavallo e la città di Berlino essa è fittizia : anche noi diciamo "il concetto di cavallo" senza mettere le virgolette, mentre queste sono messe se diciamo "Il concetto 'cavallo' ". E' come se 'cavallo' fosse denominazione del concetto, il nome proprio di quest'ultimo. A loro volta le virgolette segnano il trapasso dal linguaggio oggetto al metalinguaggio, il momento in cui il pensiero si riferisce a se stesso e può contraddirsi : sta poi alla logica che prendiamo come riferimento considerare la contraddizione un fallimento o un auto-trascendimento del pensiero.
Quanto alla proposizione "Gesù cade sotto il concetto 'uomo' " sarebbe più corretto dire o "Gesù è un uomo" oppure " 'Gesù' cade sotto il concetto 'uomo'". Anche dire che il predicato sia "cadente sotto il concetto 'uomo'" è appropriato solo per 'Gesù', ma non per Gesù. E questo solleva altre perplessità sulle tesi di Frege : 'Gesù' è un oggetto o un concetto ? Ed un oggetto può cadere sotto un concetto o per farlo deve essere prima trasformato in concetto ? Ciò in quanto il predicato di Gesù è 'uomo', mentre "cadente sotto il concetto 'uomo'" è proprio di 'Gesù'. Se Gesù fosse un oggetto non ulteriormente decomponibile logicamente, in base a che cosa potremmo riconoscere che 'uomo' è suo predicato ? Solo se Gesù è un soggetto logico che viene definito da alcune descrizioni, ciò è possibile. E dunque solo se Gesù viene definito come 'ciò che....' e dunque considerato come concetto, che noi gli possiamo predicare l'inclusione in una classe. Frege erroneamente considera del tutto equivalenti " 'Gesù' cade sotto il concetto di 'uomo' " e "Gesù è un uomo", mentre la prima è la versione metalinguistica della seconda, ed in base a questa identificazione vorrebbe negare a 'uomo' la funzione di predicato, ma come abbiamo visto la sua tesi si basa su di una confusione di livelli.
In realtà bisogna forse pensare che predicato e soggetto sono solo funzioni grammaticali che possono essere ricoperte dagli stessi noemi e così concetto e oggetto sono funzioni logiche che possono essere ricoperte dagli stessi enti. Così, seguendo gli esempi fatti da Frege, il noema "cane" può essere concetto in "Un cane" e può essere oggetto (sempre seguendo Frege) in "Questo cane". Dunque la differenza tra concetto ed oggetto non starebbe nel contenuto, ma nel modo in cui tale contenuto viene sintatticamente inserito nella proposizione.
Il fatto che "Il risultato dell'addizione di 3 e 1" sia un oggetto è frutto del fatto che esiste almeno un risultato dell'addizione di '3' ed '1' e del fatto che tale risultato è unico. Dunque alla fine l'essere oggetto è equivalente ad una particolare estensione di un concetto e cioè si ha oggetto quando la classe corrispondente al concetto ha un solo elemento. Dunque la differenza tra oggetto e concetto anche qui ha un carattere contingente, accidentale, ma Frege artificiosamente irrigidirà tale differenza dicendo (senza a mio parere argomenti) che anche nel caso di una classe con un unico elemento, si deve distinguere tra concetto ed oggetto.
Quanto alla definizione di '4 'ci sono non a caso quattro possibilità :
A) '4' è risultato dell'addizione di '3' e '1'.
B) '4' è il risultato dell'addizione di '3' e '1'.
C) Il 4 è risultato dell'addizione di '3' e '1'
D) Il 4 è il risultato dell'addizione di '3' e '1'.
A mio parere la locuzione corretta è la (B). Infatti (A) vuole dire che '4' può essere risultato di altre combinazioni (es. '2+2'), ma anche '3+1' può denotare più numeri. (C) invece vuol dire che il '4' è solo uno dei possibili risultati di '3+1', mentre (D) vuol dire che il 4 è nient'altro che l'unico risultato di '3+1', (B) infine vuol dire che '4' è l'unico risultato di '3+1', ma è anche il risultato di altre combinazioni (es. '2+2'). Perciò in questo caso " '4' è il risultato di '3+1'" l'"è" svolge la funzione di copula e non di segno di equivalenza (giacchè '3+1' è solo una delle combinazioni che danno luogo a '4'), anche se la possibilità di equiparare '3+1' ad altre combinazioni (es. '2+2')può di nuovo rendere la "è" un segno di equivalenza. D'altro canto la combinazione '3+1' può avere una rilevanza particolare in quanto è la costituzione del numero attraverso l'operazione elementare consistente nell'aggiunta di un'unità (+1) ad un numero già costituito (3). Frege quando critica la distinzione tra '4' e 'il 4' (operata da Kerry) non tiene presente le possibilità da me denotate con (A), (B), (C) e (D). Si può dire che a tal proposito il numero '4' ha come proprietà quello che il concetto 'numero 4' ha come note caratteristiche. Del resto la distinzione tra (A), (B), (C), (D) si può anche descrivere in questo modo : A) relazione tra due concetti (o oggetti concettualizzati) B) oggetto (il risultato di '3+1') che cade sotto il concetto ('4')C) Oggetto (il '4') che cade sotto il concetto ("risultato di '3+1'") D) relazione tra due oggetti (o meglio concetti oggettivati nel metalinguaggio). Un'altra ipotesi può essere che il concetto è lo strumento per una diversa distribuzione semantica all'interno di una proposizione con predicato : ad es. in " (3+1) è (uguale a 4)", (3+1) è soggetto, mentre (uguale a 4) è predicato; invece in "(il risultato di 3+1) è (4)", (il risultato di 3+1) è soggetto e (4) è il predicato o viceversa. Insomma la scelta del concetto da evidenziare è la scelta della componente insatura da cui deve dipendere la distribuzione del senso all'interno dell'enunciato. In questo caso, la possibilità di una diversa distribuzione semantica all'interno di una proposizione è segno della interrelazione semantica tra predicato, concetto, oggetto e copula.
Andando ancora avanti, dire che "un cane" denota un concetto e non un oggetto mi sembra inesatto.
La distinzione che mi sembra più adatta è la seguente :
I)"cane" è il noema (contenuto semantico)
II) "Il cane" è il concetto, e cioè il noema inteso come oggetto (idea platonica)
III) "Un cane" è l'oggetto (un qualcosa) che cade sotto il concetto (che riconosciamo come "cane" )
IV) "Il cane Rex" oppure "Questo cane" è l'oggetto che intenzioniamo nel tentativo di individualizzarlo. Ma tale individualizzazione è un intenzione del parlante.
V) "Essere un cane" è una proprietà di un soggetto, in cui "cane" svolge la funzione del predicato che si attribuisce al soggetto stesso.
Quanto all'equivalenza tra "C'è almeno una radice quadrata di '4'" e "Il concetto 'Radice quadrata di 4' non è vuoto" essa non è tale da annullare le differenze. Infatti "C'è almeno una radice quadrata di '4'" è un asserzione su oggetti numerici che è metalinguisticamente equivalente all'asserzione che parla del concetto e del suo rapporto con oggetti ed è la dimostrazione che asserzioni equivalenti tra loro si possono riferire sia ad oggetti che a concetti (è una differenza analoga a quella tra proposizione attiva e passiva). Del resto questa è una cosa che lo stesso Frege ammette. Ma sbaglia a non trarre le conclusioni che non ci sono contenuti configurati come concetti che non siano configurabili come oggetti.
Poi dire che i quantificatori si riferiscano a concetti è una tesi parziale : dal momento che le estensioni dei concetto sono equivalenti a classi ed insiemi di oggetti, i quantificatori si riferiscono sia a concetti che ad oggetti.
Quanto all'argomento di Frege circa la negazione dell'universale affermativa, essa non ha grande rilevanza, in quanto quest'ultima è una proposizione molecolare caratterizzata dal funtore congiuntivo (et) e dove l'universale negativa è solo uno dei molteplici esempi della negazione dell'universale affermativa stessa (i casi in cui la congiunzione è falsa sono molteplici) Da questo punto di vista il quadrato aristotelico (detto anche di Occam/De Morgan) trae in inganno con la sua distinzione tra contraddittorie e contrarie, quando nelle proposizioni con quantificatori le contrarie sono un caso interno alle contraddittorie. La cosa si può anche schematizzare così : "vivono sulla terraferma" è un predicato che si predica di tutti gli appartenenti ad una classe nell'universale affermativa. La negazione inizialmente opera sul quantificatore "Tutti" che diventa "non-tutti", ma non può operare ancora sul predicato dal momento che ci sono moltissimi casi in cui ancora ad alcuni appartenenti alla classe in questione questo predicato può essere attribuito; solo quando a tutti gli appartenenti alla classe in questione non può essere attribuito il suddetto predicato, allora la negazione può essere spostata sul predicato stesso.
Il quantificatore riguarda la classe che è l'anello di congiunzione tra oggetto e concetto.
Frege poi contrappone a "Tutti i mammiferi vivono sulla terraferma" la proposizione "Il concetto 'mammifero' è subordinato al concetto 'vivente sulla terraferma'" che si negherebbe semplicemente negando la predicazione "è subordinato". In realtà le cose sono un po' più complesse, dal momento che "Il concetto 'mammifero' non è subordinato al concetto 'vivente sulla terraferma'" è un enunciato scomponibile in due proposizioni ( "Il concetto 'mammifero' è assolutamente separato dal concetto 'vivente sulla terraferma' " VEL "Il concetto 'mammifero' è parzialmente sovrapponibile al concetto 'vivente sulla terraferma'). Tale fenomeno non avviene a livello di proposizioni con quantificatori, dove è possibile verificare una esplicita distinzione enunciativa tra queste due differenti situazioni. "Il concetto 'mammifero' " individualizza "Tutti i mammiferi" e ne occulta la molteplicità interna e dunque occulta tutte le combinazioni possibili a partire da "Tutti i mammiferi", anche se tali possibili combinazioni ("Alcuni mammiferi") sono implicite nella contingenza del rapporto tra i due concetti "mammifero" e "terricolo". Il quantificatore stabilisce un certo tipo di relazione tra due concetti ("mammifero" e "terricolo") ma ciò attraverso gli oggetti che si predicano dell'essere mammifero e terricolo, per cui l'appartenenza dei quantificatori alla sfera unicamente predicativa è tesi unilaterale.
Nell'esempio poi di "C'è almeno una radice quadrata di '4' " dove non sarebbe possibile sostituire "radice quadrata di '4' " con "Il concetto 'radice quadrata di 4' ", l'argomento di Frege non è così rilevante. Infatti solo un'esigenza enunciativa (linguistica) ci costringe a sostituire a 'radice quadrata di 4' la locuzione "Il concetto 'radice quadrata di 4' ", dal momento che le sole virgolette individualizzano e oggettivano il concetto. Nella proposizione indicata quella che non può essere sostituita è la locuzione più complessa "..almeno un radice quadrata di 4". Sembrerebbe che l'oggetto sia la presenza unica ad un certo livello di esistenza di un concetto che in quanto tale ha una presenza ad un livello di esistenza di grado inferiore a quello considerato. L'oggetto è 'Scott' che ha, unico, esistenza ad un livello n+1 in relazione con "autore di 'Ivanhoe' " che ha esistenza ad un livello n. Ma ogni ente può essere al tempo stesso concetto e oggetto.
Dire che non si può predicare di un concetto quello che si può predicare di un oggetto può essere vero. Ma per la metafisica l'importante è che si possa predicare qualcosa anche di un concetto (essa ha cercato addirittura di rendere gli stessi oggetti predicati di un altro soggetto, si pensi alla nozione agostiniana di "creatura", o a quella spinoziana di "modo della sostanza") Poi va valutato caso per caso se si possano predicare le stesse cose sia dei concetti che degli oggetti. Ma Frege dal fatto che in certi enunciati non si possa sostituire un oggetto con un concetto, non può desumere che ciò che si predica di un oggetto non sia predicabile di un concetto.
Quanto all'esempio di Giulio Cesare, si può dire nella lingua italiana "c'è Giulio Cesare" se si vuole annunciare la presenza in un certo contesto spazio-temporale di un individuo che si chiama "Giulio Cesare", si può dire "Giulio Cesare esiste" se "Giulio Cesare" è il nome a cui associamo una descrizione condivisa e di cui appunto dobbiamo verificare la presenza ad un certo livello (per lo più empirico) di esistenza, si può dire "C'è un uomo di nome Giulio Cesare" se si vuole dire che esiste almeno un individuo (ad un certo livello) che ha quel nome. Quindi anche in questo caso le rigide distinzioni di Frege vanno ripensate. Come poi abbiamo visto, se "uomo di nome Giulio Cesare" è un concetto, "un uomo di nome Giulio Cesare" è un oggetto, o meglio un oggetto che cade sotto un concetto.
Quanto a "Esiste solo una Vienna" può significar almeno cose : A) Esiste solo una città che si chiama Vienna; B) Esiste solo una città che è come Vienna e questa è Vienna. In tutti e due i casi si parla di un oggetto che cade sotto un concetto, il concetto nel primo caso è "città che si chiama Vienna", nel secondo "Città come Vienna", "Vienna" nel primo caso è un nome, nel secondo un oggetto così e così descritto. Quest'ultimo caso ci può far elaborare un 'altra ipotesi : Un concetto può essere oggetto solo nel metalinguaggio, mentre nel linguaggio oggetto abbiamo a che fare sempre con oggetti che cadono sotto concetti e che a volte sono determinati con un solo concetto (es. i mammiferi), per cui a volte si fa riferimento ad un concetto (una relazione, una descrizione) da cui l'oggetto o gli oggetti indicati sembrano esaustivamente definiti.
La tesi per cui [ se nell'enunciato "Il concetto di 'radice quadrata di 4' non è vuoto" sostituiamo il nome proprio "Il concetto di 'radice quadrata di 4'" con "Giulio Cesare", otteniamo un enunciato che ha un senso, ma è falso ] è una tesi senza alcuna giustificazione : Frege sfrutta il suono cattivo di "C'è almeno il concetto di radice quadrata di '4' " per convincerci che un concetto non può sostituirsi ad un oggetto pena l'insignificanza, ma glissa sul suono cattivo di "Giulio Cesare non è vuoto" perchè la sua teoria non digerirebbe l'insignificanza di tale ultimo enunciato (un altra traduzione dell'enunciato tedesco è "Giulio Cesare è soddisfatto", enunciato che suonerebbe bene ma per una mera coincidenza). In realtà l'insignificanza come concetto dovrebbe essere esclusa dalla filosofia e dalla logica, in quanto trova spunto solo nelle incomprensioni puramente contingenti e soggettive tra esseri umani e viene fondata solo su grammatiche linguistiche che si evolvono storicamente e dunque non possono dettare legge alla logica.
Frege poi non argomenta perchè la relazione di un oggetto con un concetto di primo grado sia diversa dalla subordinazione di un concetto di primo grado ad un concetto di secondo grado (a parte le diverse parole usate), nè argomenta quali siano i criteri per distinguere concetti di primo grado da concetti di secondo grado (criteri che non siano semplicemente il fatto che i primi sono subordinati ai secondi, pena un circolo vizioso). Un primo esempio può essere quello del raffronto tra "Il leone è un mammifero" dove "il leone" è oggetto e "mammifero" un concetto di primo grado e l'enunciato "'mammifero' è un concetto classificatorio" dove 'mammifero' è un concetto di primo grado, mentre 'concetto classificatorio' è un concetto di secondo grado. Ebbene a prima vista il rapporto tra leone e mammifero e quello tra mammifero e concetto classificatorio non sembrano essere radicalmente diversi. Frege fa anche l'esempio del rapporto tra predicati e soggetto e del rapporto tra predicati e note caratteristiche, ma in realtà i soggetti sono spesso definiti attraverso note caratteristiche ad es. " '2' è un numero intero positivo minore di 10" per cui le note caratteristiche sono l'insieme di proprietà essenziali che definiscono un oggetto. Anche qui la distinzione non è così netta, dal momento che un insieme di proprietà essenziali anche se incluso in un concetto, è incluso anche in altri concetti, allo stesso modo di un oggetto che cade sotto diversi concetti ("numero intero positivo minore di 10" è incluso in "numero minore di 10", in "numero intero" e in "numero positivo" così come '2' cade sotto "numero minore di 10", "numero intero" e "numero positivo"). L'unica cosa che si può dire è che un oggetto una volta definito sta alla base di ogni gerarchia di concetti, ma fa comunque parte della stessa gerarchia.
Per quanto riguarda il rapporto tra note caratteristiche e proprietà di un oggetto, si potrebbe anche ipotizzare che le proprietà di un oggetto sono contenuto di conoscenza sintetica e pertengono al linguaggio oggetto, mentre le note caratteristiche sono i correlati equivalenti delle proprietà a livello metalinguistico, formano le definizioni degli oggetti e sono contenuto di conoscenza analitica che non sarebbe sostanzialmente diversa da quella sintetica, nel senso che il loro contenuto potrebbe essere lo stesso, mentre a cambiare sarebbe solo la loro costituzione all'interno del sistema del sapere.
Frege fa un azzardo anche quando dice che il concetto "numero positivo intero minore di 10" non è positivo, nè intero, nè è minore di 10. Infatti l'aggiunta della locuzione "Il concetto..." è una strategia retorica che avvicina il contenuto ideale "numero intero positivo minore di 10..." a "La scritta 'numero intero positivo minore di 10' ". Con questa strategia retorica Frege finisce anche per rappresentare il concetto come un che di univocamente psicologistico che ha la funzione di imitare qualche altra cosa (mentre lui almeno nei proclami cerca di conservare al concetto la sua valenza squisitamente logica). Nel caso della scritta, è ovvio che essa non è un numero e dunque non è un intero etc., ma nel caso del concetto esso non è un qualcosa che rappresenti un contenuto semantico, ma è il contenuto semantico stesso, per cui non è ovvio che esso non sia in questo caso intero, positivo e minore di 10. Anche nel caso di un concetto che si riferisce ad un oggetto, tipo 'uomo', da un lato si può dire che il concetto 'uomo' non è un concetto intelligente, ma questo è un modo fuorviante di porre il problema, dal momento che sembra più plausibile dire "Il concetto di uomo ricomprende il predicato 'intelligente' " che è l'equivalente metalinguistico di "L'uomo è un animale intelligente".
L'ultima parte del ragionamento di Frege è del tutto condivisibile ed è una versione analiticamente più credibile della critica di Bradley al concetto di relazione, in quanto sostiene che la stessa relazione può essere considerata come oggetto una volta denotata, oggetto di cui si deve individuare la relazione con gli altri due che avrebbe invece dovuto collegare. Il fatto che ci preme sottolineare è che qualunque parte del discorso può essere resa insatura (non esistono atomi logici) ed inoltre la stessa nozione di parte insatura del discorso può chiudere il discorso di filosofia del linguaggio ma ne apre uno metafisico, cosa di cui Frege non è consapevole e ciò va a sua demerito. Infatti Bradley direbbe che il rifiuto di oggettivare la relazione riserverebbe quest'ultima ad un ruolo ambiguo ed indefinito, mentre il concetto di insaturazione darebbe solo l'illusione di chiudere in un termine il rinvio della funzione logica al contesto semantico illimitato che la circonda.

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