Thursday, November 01, 2007

Frege e lo psicologismo

Frege dice che, se si volesse concepire il pensiero come qualcosa di psicologico, come una costruzione dell'immaginazione, senza tuttavia assumere il punto di vista soggettivistico, l'affermazione 2+3=5 dovrebbe suonare così "E' stato osservato che molte persone associano determinate immagini all'enunciato '2+3=5'". Da quanto è stato osservato sino ad ora queste immagini sono sempre vere, e quindi per ora possiamo dire : "Stando alle osservazioni sin qui compiute, il senso dell'enunciato '2+3=5' è vero". Ma con questa spiegazione non faremmo un passo avanti, perchè il senso dell'enunciato "E' stato osservato che molte persone associano determinate immagini..." sarebbe a sua volta un'immagine e si ricomincerebbe da capo. Ora, ciascuno giudica a seconda delle proprie sensazioni di gusto e queste differiscono da quelle altrui. La stessa cosa si verificherebbe con i pensieri se intrattenenessero con gli enunciati una relazione simile a quella che intercorre tra le sensazioni e gli stimoli chimici che la provocano.
Anche se il pensiero, al pari della rappresentazioni fosse qualcosa di psichico e di interiore, la sua verità potrebbe consistere solo in una relazione con qualcosa che non è nè psichico nè interiore. Per sapere se un pensiero è vero si dovrebbe domandare se sussiste questa relazione e al tempo stesso se è vero che questa relazione sussiste, per cui ci troveremmo nella posizione di colui che aziona una macina a pedale : compie un passo avanti verso l'alto, ma il gradino su cui è salito scivola indietro ed egli si ritrova al punto di partenza.
Il pensiero è impersonale. Se su un muro vediamo scritto l'enunciato "2+3=5" comprendiamo perfettamente il pensiero che esso esprime senza alcun riguardo per colui che l'ha scritto.

Frege giustamente argomenta che la spiegazione psicologica dei processi conoscitivi non deve implicare una valutazione del loro contenuto di verità, altrimenti si cadrebbe in una contraddizione perlocutoria, dal momento che la stessa verità della tesi psicologistica sarebbe da sottoporre all’analisi psicologica. La sua critica si applica alla perfezione a tutti i Relativismi esternalisti (naturalistici, sociologistici, storicisti) che non seguano da una riflessione metafisica idealistica che tratti del livello ideale e validativo di discussione. Tali relativismi esternalisti infatti partono da una concezione scientifica della realtà di tipo accettata in maniera assolutamente acritica e non problematizzata filosoficamente. Per loro la contraddizione è un cancro da evitare e dunque ne restano vittime.
Frege ad un certo punto non può che ammettere, rifiutando la concezione fisicalistica e/o psicologistica che nega la dimensione validativa, che la verità del pensiero deve consistere in una relazione con qualcosa che non è psichico, ma poi si fa atterrire dal rinvio ad infinitum, inconsapevole del fatto che in ambito idealistico tale rinvio non è tanto un limite del pensiero quanto una sua condizione di possibilità

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