Thursday, November 01, 2007

I pensieri secondo Frege

Frege chiama "pensiero" il senso di un enunciato assertorio. Pensieri sono le leggi naturali, le leggi matematiche, i fatti storici. Ad essi sono applicabili i predicati "vero" e "falso". Si parla anche di rappresentazioni vere, intendendo per "rappresentazione" un'immagine fantastica che consiste di tracce ridestate da sensazioni passate. Una rappresentazione non è vera in sè, ma solo in relazione a qualcosa a cui deve corrispondere. A rigore dunque non è alla rappresentazione che è ascritto il predicato "vero", ma al pensiero che questa rappresentazione raffigura un certo oggetto e questo pensiero non è una rappresentazione, giacchè pensieri e rappresentazioni sono fondamentalmente distinti : la rappresentazione di una rosa rossa è qualcosa di interamente diverso dal pensiero che la rosa è rossa. Si possono combinare e fondere rappresentazioni quanto si vuole, il risultato che si otterrà sarà sempre una rappresentazione e mai un pensiero. Tale differenza si manifesta anche nel modo di comunicare : il mezzo di espressione per eccellenza del pensiero è l'enunciato che è però poco adatto a riprodurre rappresentazioni; è sufficiente rammentare a tal proposito quanto imperfetta risulti qualsiasi descrizione al confronto di una rappresentazione pittorica. Nelle rappresentazioni uditive si può far ricorso all'onomatopea, ma questa non ha nulla a che fare con l'espressione del pensiero. D'altra parte i quadri e le composizioni musicali senza parole sono poco adatti ad esprimere pensieri. E' vero che di fronte ad un'opera d'arte si concepiscono pensieri e tuttavia non sussiste alcun nesso necessario tra questi e quella e non ci si stupisce se in un altro essa suscita pensieri diversi dai nostri.


Frege inizialmente introduce una distinzione assai importante per la quale il rapporto tra un enunciato ed il pensiero corrispondente non è dello stesso tipo di quello tra le vibrazioni dell'aria e la costruzione sonora immaginata. Ma poi sbaglia nell'inserire il rapporto tra gruppi di segni che non siano verbali o scritti all'interno della classe dei rapporti di causalità e non di tipo semantico.
Frege per pensiero intende forse innanzitutto le connessioni sintattiche o l’aspetto assertorio. E’ per questo che egli lo riesce a distinguere così fortemente dalle rappresentazioni. Anche se non si sa come si faccia a negare un carattere sintattico ad un insieme di rappresentazioni (altrimenti che ne sarebbe dell’isomorfismo wittgensteiniano tra linguaggio e realtà ?). Inoltre una rappresentazione simbolica non ha in sé delle connessioni sintattiche nascoste o quanto meno implicite ? Egli considera il pensiero come proposizione e le rappresentazioni come meri oggetti. In realtà non è così e la moderna semiotica ha evidenziato che anche quello rappresentativo è un vero e proprio linguaggio su cui è possibile investire anche assertivamente. Frege confonde in questo caso il pensiero con il suo rivestimento enunciativo, mentre il pensiero può avere anche un rivestimento visivo o musicale: infatti dinanzi ad un quadro che fa vedere Napoleone Bonaparte (o un uomo che noi identificheremmo senza ambiguità con lui) morto ai piedi di una scala a chiocciola potremmo dire “E’ falso”. Se su di una tela c'è la rappresentazione di una rosa rossa, c'è anche l'asserzione implicita che quella rosa è rossa. E non è un caso che la scrittura sia nata come rappresentazione pittografica.
Inoltre si confonde il pensiero con l’asserzione dal momento che l’asserzione può avere una forma linguistica, ma non è in se stessa linguaggio enunciativo. L'enunciato è un mezzo di comunicazione come altri, forse migliore, ma comunque insieme ad altri. Ed anche gli enunciati sollecitano diversi pensieri a diversi ascoltatori. Solo che Frege presuppone che, oltre che sollecitare diversi pensieri, gli enunciati esprimano un medesimo pensiero, mentre non accadrebbe così con le rappresentazioni. Quine forse ha messo in dubbio questa capacità del linguaggio, mentre d'altra parte le notazioni musicali sembrano esprimere un ordito oggettivo che esecuzione ed ascolto possono diversamente orientare e così la riduzione a codice digitale delle immagini potrebbe farle considerare anche come un linguaggio vero e proprio
Infine la difficoltà e l’incompletezza della descrizione verbale di una scena non implica la sua radicale alterità rispetto ad una rappresentazione pittorica (che potrebbe essere altrettanto complicata e manchevole).
Andrebbe ad es. anche precisato che c'è una differenza tra musica, pittura e poesia quanto alla capacità di esprimere pensieri e descrivere realtà (del resto la poesia è fatta di parole che in un certo senso tendono ad unificare suoni ed immagini, pittura e musica). Frege fa male a non tematizzare ed analizzare a tal proposito il linguaggio dell'arte.
Semmai ci fosse poi una netta differenza tra rappresentazione e pensiero, questa sarebbe a vantaggio del realismo della rappresentazione e del carattere congetturale, ermeneutico, ipotetico del pensiero. In pratica la ratifica definitiva della separazione tra carattere descrittivo delle sensazione e carattere arbitrariamente interpretativo delle percezioni.
Frege insomma fa un'operazione un po' fraudolenta in quanto usa la traducibilità di "p" in "è vero p" per ricondurre la relazione tra rappresentazione ed oggetto ad un enunciato quando poi (e lo abbiamo già visto) anche la verità di quest'ultimo si può configurare come relazione. Egli usa il metalinguaggio per subordinare il linguaggio non verbale a quello verbale, ma così egli presuppone che non sia possibile un metalinguaggio non verbale, impossibilità che potrebbe anche essere una mera secolare desuetudine.
Egli ha comunque ragione a porre la relazione semiotica come un che di noematico e dunque al fatto che niente di fisicale è vero in sè. Ma non si rende conto che la verità (la relazione) si instaura ad ogni oggettivazione (anche di pensieri) e ad ogni divisione che l'oggettivazione genera tra oggetto (proposizione negabile), soggetto (che valuta se la relazione sia positiva o negativa) e realtà (riferimento in base a cui si effettuerebbe la valutazione). Insomma Frege sbaglia a non ammettere la semiosi infinita.

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