Friday, March 02, 2007

La teoria dell'oggetto di Meinong

Meinong delinea poi una teoria dell'oggetto. Egli dice:

  • Non si può conoscere senza conoscere qualcosa, nè si può desiderare senza desiderare qualcosa, nè si può rappresentare senza rappresentare qualcosa. Ma gli oggetti di questi atti intenzionali a quale scienza pertengono ? Parlare della scienza dell'oggetto del conoscere significa fare oggetto di una scienza e dunque una seconda volta oggetto del conoscere quello che è già oggetto del conoscere (e di una scienza particolare) . Si richiede dunque una scienza delle scienze che spesso è finita sotto il nome di metafisica, che si riferisce alla totalità del mopndo nella sua essenza e nei suoi fondamenti ultimi. Tuttavia la metafisica non può essere la trattazione dell'oggetto in quanto tale e degli oggetti nella loro totalità, giacchè la metafisica ha a che fare con la totalità di ciò che esiste, ma la totalità di ciò che esiste (con l'inclusione di ciò che è esistito e ciò che esisterà) è infinitamente piccola in confronto alla totalità degli oggetti di conoscenza.
  • L'interesse vivo per il reale risiedente nella nostra natura favorisce l'esagerazione di trattare il non-reale come semplice nulla e come qualcosa in cui il conoscere non troverebbe assolutamente un degno punto di applicazione. Ci sono oggetti ideali che sussistono ma non esistono (non sono reali). I cosiddetti oggetti di ordine superiore sussistono ma non esistono (es. uguaglianza e diversità, numeri, connessioni). Le relazioni sussistono tra realtà, sono oggetto di rappresentazione e giudizio, ma non sono un pezzo di realtà. Al tempo stesso un numero non esiste in aggiunta a ciò che è contato.
  • A volte si ha a che fare con un peculiare tipo di oggetto che sta rispetto a giudizi ed assunzione così come un oggetto vero e proprio sta rispetto alle sue rappresentazioni. Si tratta di quelli che qui chiamiamo "obiettivi", che possono subentrare nelle funzioni di oggetto vero e proprio ed essere oggetti di un nuovo atto di giudizio. Se dico "E' vero che ci sono degli antipodi" la verità è ascritta non agli antipodi ma a "....che ci sono degli antipodi". L'esistenza degli antipodi, a sua volta, sussiste ma non esiste un'altra volta per sè. E dunque la conoscenza di un obiettivo è conoscenza di un non-esistente.
  • La matematica che ha un' ampia sfera di applicazione pratica ma non tratta di oggetti esistenti, ma solo di oggetti sussistenti (il cerchio, i numeri pari) o "possibili" in un senso positivo. E questo provoca difficoltà ad inserire la matematica in una sistematizzazione delle scienze e la matematica si configura come al di là della distinzione tra scienze della natura e scienze dello spirito.
  • Ciò che può essere oggetto del conoscere non ha affatto bisogno di esistere. Si potrebbe a ciò obiettare che si potrebbe parlare di un esser-così solo presupponendo ogni volta un essere. Ed in effetti, non avrebbe molto senso chiamare una cosa piccola o grande prima di sapere che la cosa o la regione esiste, è esistita o esisterà. Tuttavia questa obiezione è insostenibile giacchè le figure di cui tratta la geometria ovviamente non esistono e tuttavia si possono verificare le loro proprietà (il loro essere così). Nell'ambito del conoscibile semplicemente a posteriori, un asserzione di esser-così non si potrà legittimare se non è basata sul sapere di un essere e potrà spesso mancare ogni naturale interesse per quell'esser-così che non abbia un essere dietro di sè. Tutto ciò però non cambia il fatto che l'esser così di un oggetto non è toccato dal suo non-essere (principio di indipendenza dell'esser-così dall'essere). L'ambito di validità di tale principio è tale per cui ad esso non sottostanno solo oggetti non esistenti di fatto, ma anche quelli che non possono esistere perchè impossibili : non solo "La montagna d'oro è d'oro", ma "Il quadrato rotondo è tanto rotondo quanto quadrato"
  • Un qualsiasi non-ente deve essere in grado di fungere da oggetto almeno per quei giudizi che apprendono questo non-essere : per conoscere che non c'è un quadrato rotondo, devo appunto esprimere un giudizio sul quadrato rotondo. Dunque si può paradossalmente dire che ci sono oggetti per i quali vale che simili oggetti non ci sono.
  • Facendo l'esempio del "blu" è come se il blu debba prima di tutto essere, perchè si possa effettivamente porre la questione del suo essere o non-essere, ma per non cadere di nuovo in paradossi è consentito dire che ogni oggetto è in un certo modo dato antecedentemente alla nostra decisione sul suo essere o non-essere in un modo che non pregiudica eventualmente il non-essere. Dal lato psicologico se devo poter giudicare riguardo ad un oggetto che esso non è, allora sembra che io debba prima afferrare in un certo modo l'oggetto per poterne dichiarare il non-essere.
  • Il fatto che un certo A non è (dunque "Il non-essere di A") è un obiettivo quanto "L'essere di A". Esso ha un essere o più precisamente una sussistenza. Il rapporto tra obiettivo e oggetto è un rapporto tra tutto e parte. Se il tutto è, deve esserci anche la parte. Se l'obiettivo c'è, deve esserci anche l'oggetto. Poichè però l'obiettivo (attraverso la negazione) vieta di prendere il nostro A per essente e, potendo l'essere venire preso eventualmente non solo nel senso dell'esistenza, ma anche nel senso della sussistenza, allora l'esigenza di un essere dell'oggetto, dedotta dall'essere dell'obiettivo "Il non-essere di A", ha senso solo se ai due stadi dell'essere (esistenza o sussistenza) si aggiunge un terzo stadio, che chiamiamo quasi-essere.
  • Questo quasi-essere dovrebbe spettare ad ogni oggetto in quanto tale ed un non-essere dello stesso tipo non dovrebbe stargli di fronte, giacchè un non-essere, anche in questo nuovo senso, dovrebbe avere come conseguenze difficoltà analoghe a quelle che comporta il non-essere nel senso abituale. Ma si potrà in genere chiamare ancora essere un essere a cui non starebbe di fronte alcun non-essere ?
  • 'A' mi deve essere in qualche modo "dato" se devo apprendere il suo non-essere. Questo però produce un'assunzione di qualità positiva : per negare 'A', devo dapprima assumere 'l'essere di A', un 'essere di A' in un certo qual modo dato antecedentemente : ma è nell'essenza dell'assunzione indirizzarsi ad un essere che non ha bisogno esso stesso di essere.
  • Ma dato che l'obiettivo è un tipo di complesso e l'oggetto un suo elemento, è proprio vero che l'obiettivo essente esige un oggetto essente ? Si può escludere tale evenienza nel caso dell'obiettivo del non-essere ? Si può dire che l'essere dell'obiettivo non dipende dall'essere del suo oggetto ? Forse l'opposizione di essere e non-essere è questione riguardante l'obiettivo e non l'oggetto e dunque nè l'essere nè il non-essere possono essere posti essenzialmente nell'oggetto per sè. Questo non vuol dire che un qualche oggetto potrebbe eccezionalmente nè essere nè non-essere, nè vuol dire che dovrebbe essere casuale quanto alla natura di ogni oggetto che esso sia o non sia. Infatti un oggetto assurdo come il quadrato rotondo porta in sè la garanzia del suo non-essere mentre un oggetto ideale come la diversità porta in sè la garanzia della sua non-esistenza. Dunque l'oggetto in quanto tale sta al di là dell'essere e del non-essere, o meglio l'oggetto è per natura al di fuori dell'essere, anche se dei suoi due obiettivi di essere (e cioè il suo essere ed il suo non essere) in ogni caso uno sussiste.
  • L'indipendenza dell'esser-così dall'essere rappresenta un complemento dell'esteriorità dell'essere e del non-essere rispetto all'oggetto. L'esser-così di un oggetto aderisce all'oggetto sia che esso sia o che non sia. L'essere non è l'unico presupposto sotto il quale il conoscere troverebbe un punto di applicazione, ma è uno dei punti di applicazione del conoscere. Quest'ultimo trova già nell'esser così un campo di attività a cui può accedere senza rispondere alla questione dell'essere e del non-essere.
  • Poichè la totalità degli oggetti del conoscere non coincide con la totalità degli oggetti esistenti, una scienza degli oggetti non può essere una scienza del reale. Ed essendo gli oggetti in corrispondenza con una facoltà psicologica, potrebbe essere la psicologia la scienza degli oggetti ? In realtà la psicologia non studia gli oggetti intenzionali per se stessi, così come la linguistica (anche se rendiamo tutte le cose del mondo con il linguaggio) non studia il mondo ma appunto il linguaggio.. La piscologia si configura come una delle scienze del reale ed in quanto tale inadatta ad essere scienza degli oggetti. La psicologia può interessarsi degli oggetti che siano rappresentabili, quelli che pseudo-esistono nelle rappresentazioni. Se penso ad un bianco più chiaro di ogni altro che l'occhio umano abbia mai visto o vedrà, questo bianco è tuttavia un bianco rappresentato. Questo psicologismo ha una radice idealistica (esse = percipi o cogitari) . Il lavoro della psicologia invece comincerebbe quando quello della teoria dell'oggetto ha finito : giacchè solo l'accadere psichico dell'ultrabianco potrebbe essere analizzato psicologicamente; A livello puramente teorico esso sarebbe tematizzabile solo da una teoria dell'oggetto.
  • Ma allora potrebbe la teoria dell'oggetto essere equivalente alla teoria degli oggetti di conoscenza ? Un giudizio è vero non in quanto ha un oggetto esistente (o anche solo essente) bensì in quanto apprende un obiettivo essente. "Non esiste un perpetuum mobile" è una proposizione vera anche se non esiste un perpetuum mobile. La coincidenza tra giudizio e fatti può essere del tutto casuale, come una conclusione vera da premesse false. Tale casualità è estranea però al rapporto tra conoscenza e conosciuto, rapporto che si configura psicologicamente come evidenza. Il conoscere naturalmente non si riduce all'evidenza, ma abbisogna dell'obiettivo e dell'oggetto da esso implicato per cui il conoscere sotto quest'aspetto si trova interamente sullo stesso livello del giudizio vero per accidens. Ovviamente la limitazione del conoscere all'esistente implicherebbe l'esclusione di una parte degli oggetti dalla conoscenza stessa. Ma in realtà una scienza del conoscere non deve porsi questi limiti, ma si può rivolgere a tutti gli oggetti che possono essere conosciuti anche potenzialmente. e non c'è nessun oggetto che non sarebbe oggetto di conoscenza almeno quanto alla possibilità. Se si presuppone un'intelligenza illimitatamente potente non c'è niente di inconoscibile e perciò tutto il conoscibile è in un certo senso dato al conoscere. Gli oggetti sono anche certamente oggetti di conoscenza.
  • Nella teoria della conoscenza no c'è solo il lato psichico del conoscere, ma anche il lato oggettivo e cioè ciò che riguarda il conosciuto. Inoltre poichè si conoscono anche cose non esistenti, ci sono due alternative : o queste cose non esistenti in un certo senso hanno un essere o esse sono appunto nella psiche. La prima alternativa è un trasporre nell'oggetto ciò che invece pertiene all'obiettivo. Si cade nello psicologismo quando, pensando che tutto il conoscibile debba essere esistente, si attribuisca al soggettivo psicologico tutto ciò che esula dall'esistente. Ma ciò non tiene conto del fatto che c'è un'oggettualità che non riguarda ciò che esiste, per cui la teoria della conoscenza è, da un certo punto di vista, teoria degli oggetti. Da un lato la teoria della conoscenza deve essere anche psicologia della conoscenza e dall'altro gli interessi teorico-oggettuali sono poco attinenti alla gnoseologia. Perciò la teoria dell'oggetto deve essere una scienza indipendente anche dalle teorie della conoscenza.
  • Da un certo punto di vista la matematica è la parte compiutamente sviluppata della teoria dell'oggetto. Da un lato la teoria dell'oggetto deve essere una scienza della massima generalità ed estensione, dall'altro essa deve subentrare alle corrispettive scienze speciali. Da ciò si deduce che la matematica non è teoria dell'oggetto, ma una scienza a sè, i cui oggetti si trovano nella sfera la cui totalità va trattata dalla teoria dell'oggetto. Se la dottrina della scienza da un lato debba procedere a partire dalle scienze dei fatti già esistenti, dall'altro può anche trattare di scienze che ancora non esistono, sviluppandone concetti e obiettivi. La scienza dell'oggetto al momento non esiste per nulla o meglio è stata praticata spesso implicitamente e va dunque esplicitata.
  • La teoria speciale dell'oggetto (e cioè un contesto oggettuale specifico) ha trovato nella matematica la rappresentazione più splendida che ci si possa augurare. L'applicazione della matematica ad altri ambiti di sapere non sempre rientra nella teoria degli oggetti, ma tuttavia alla base di ogni applicazione di questo tipo vi sono presupposti oggettuali. In alcuni casi la natura di questi presupposti ha posto al servizio della teoria dell'oggetto anche delle operazioni di calcolo (vedi la teoria delle combinazioni). Anche la geometria fornisce un aiuto ad accertamenti teoretico-oggettuali ed anche estensioni della matematica quali la topologia, la geometria dei colori, la teoria delle varietà e la metamatematica sono in realtà una transizione dalla teoria speciale alla teoria generale dell'oggetto.
  • La logica, la teoria della conoscenza e la metafisica hanno già contribuito alla sfera di interessi della teoria dell'oggetto, la quale ha da imparare anche dalla grammatica (il cui significato non è stato visto nè dalla vecchia nè dalla nuova logica) . Il fatto che nella teoria dell'oggetto si presentino raccolti insieme dei problemi prima così disparati è una garanzia del valore di questo punto di vista. La teoria degli oggetti non è psicologia, nè logica (perchè la logica è tecnica) ed ha una relazione forte con la teoria della conoscenza e con la metafisica.
  • Hofler dice che la metafisica tratta del metafenomenale, ma egli ignora che le singole scienze non sono affatto scienze del fenomenale, le cui proprietà (ad es. l'inizio e la fine dell'apparire) sono studiate anche dalla metafisica. La metafisica tratta della totalità del reale ed usa categorie proprie della teoria degli oggetti (identità, differenza) senza però riflettere su di esse e tematizzarle.
  • La teoria degli oggetti non tratta del non-reale nè tratta solo del sussistente, giacchè cos' verrebbe escluso l'assurdo, il non-sussistente che pure appartiene al dato e la teoria dell'oggetto non può ignorarlo. Se si dicesse che la teoria dell'oggetto si occupa del dato senza alcun riguardo per il suo essere, essa dovrebbe rinunciare ad essere scienza e con ciò sarebbe esclusa anche la conoscenza dell'esser-così. Infatti per il conoscere non è necessario che il suo oggetto sia, ma deve avere un obiettivo essente. Se cioè la teoria dell'oggetto si occupasse di un esser così a cui non spettasse nemmeno un essere, essa non avrebbe pretesa di valere come teoria.
  • Bisogna distinguere tra conoscenze legittimate dalla natura, dall'esser così dei loro oggetti o obiettivi (conoscenza a priori) e conoscenze non legittimate in questo modo (empiriche) . La prima forma di conoscenze riguarda la teoria degli oggetti, laseconda forma riguarda la metafisica. Se la metafisica è scienza della realtà, essa ha come fonte di conoscenza solo l'esperienza acnhe se dall'esperienza si può inferire ciò che non è inferito. La metafisica è perciò sapere del generale e di una metafisica a priori rimane solo l'argomento ontologico.
  • E' possibile l'esistenza di scienze speciali aprioristiche (come la matematica) ed è escluso che complessioni e relazioni siano oggetti fisici o psichici. Sia la metafisica che la teoria dell'oggetto trattano oggetti fisici e psichici prescindendo dal loro essere fisici o psichici, ma guardando solo al loro statuto di oggetti. questo però non impedisce a scienziati (fisici e psicologi) di poter contribuire con le loro competenze allo sviluppo sia della metafisica che della teoria degli oggetti.

Le osservazioni che si possono fare circa le suddette tesi di Meinong sono le seguenti:

  1. La scienza di cui parla Meinong è per Husserl la fenomenologia. La teoria degli oggetti di conoscenza in quanto oggetti di conoscenza può essere (più che la metafisica) l'analitica trascendentale kantiana, l'epistemologia o l'ontologia analitica. La metafisica se si riferisce ai principi può anche non ridursi alla totalità degli esistenti naturalisticamente intesi e dunque potrebbe abbracciare la totalità degli oggetti intenzionali che hanno infatti unostatuto ontologico almeno minimo. Non è un caso che molti oggetti della metafisica sono oggetti di secondo ordine (quali relazioni) e dunque oggetti sussistenti e non esistenti (secondo la terminologia di Meinong).
  2. Più che di reale si dovrebbe parlare di effettivo e cioè di ciò che ha relazioni causali con ciò che appare ai sensi. Bisogna inoltre rivedere le definizioni di realtà ed esistenza. Per "realtà" Meinong intende la realtà naturalisticamente intesa. Ma tale realtà non è l'unico oggetto della metafisica, ma è oggetto dell'insieme delle cosiddette scienze positive.
  3. L'obiettivo di Meinong è il concetto (o funzione) di Frege : esso è un'entità metalogica, una locuzione zippata come oggetto. Essa ha comunque uno statuto ontologico minimo e Meinong dimostra efficacemente che anch'essa può essere oggetto di scienza.
  4. La divisione tra scienze della natura e scienze dello spirito è già implicitamente criticata da Hegel (dal momento che il pensatore tedesco faceva precedere la Natura e lo Spirito dall'Idea)
  5. Non si capisce perchè gli argomenti di Meinong oltre che la necessaria esistenza dell'esser-così, dovrebbero confutare anche la tesi moderata per cui, nel caso dell'esser-così, l'esistenza laddove manchi, vada sostituita dalla sussistenza. L'accezione di "esistenza" usata da Meinong è forse troppo ristretta. Si potrebbe dire che alcune cose sono (altrimenti non potrebbero esser-così) ma non esistono spazio-temporalmente in questo mondo possibile.
  6. Perchè poi le figure della geometria non esisterebbero ? Platone sarebbe d'accordo ? Non potrebbe esserci un mondo possibile molto semplificato ? Come può essere spiegato il fatto che nell'ambito di ciò che è conoscibile a posteriori un'asserzione di esser- così non si possa legittimare se non è basata sulla consapevolezza di un' esistenza ? L'esistenza è l'aposteriori ? Si riduce l'esistenza al fenomenico ? E allora come si spiega il divenire o l'apparire ? Per Meinong esistenza ed essenza sono totalmente separate ? In che senso è impossibile la montagna d'oro ? E perchè sarebbe impossibile ? Questo Meinong non lo spiega.
  7. Meinong contraddice in parte quel che ha detto e soprattutto evidenzia esplicitamente la contraddizione insita nel concetto di non-esistenza. Meinong poi vorrebbe evitare i paradossi, ma se ogni oggetto è dato antecedentemente alla nostra decisione del suo non-essere e se io debbo prima afferrare l'oggetto per poterne dichiarare il non-essere, allora ciò implica che l'oggetto deve prima essere per poterne dichiarare il non-essere. Con la negazione si passa dal linguaggio al meta-linguaggio (e forse in Meinong la scelta del termine "obiettivo" al posto di "oggetto" non è casuale)
  8. Se "p" allora p. Se c'è l'obiettivo allora c'è anche l'oggetto.
  9. Perchè mai ci deve essere un terzo stadio ? L'essere dell'obiettivo "non-essere di x" non implica quantomeno la sussistenza di x ? Come fa Meinong a postulare una zona grigia tra Essere e non-essere ? Il quasi-essere non è lo statuto ontologico minimo, ma comunque positivo ? Il fatto che il non-essere dello stesso tipo non possa stare di fronte al quasi-essere è una tesi di marca hegeliana ? Le difficoltà del non-essere non presuppongono un atteggiamento parmenideo ? In realtà la posizione di Meinong è ambigua ed oscillante.
  10. Meinong si trova nella difficoltà di dare conto di un terzo stadio di essere (oltre esistenza e sussistenza) quando non ha dato ragione di quali siano i limiti della sussistenza. Ades. quale può essere u esempio di insussistenza ?
  11. Ogni oggetto è (anche quelli contenuti in obiettivi negativi), ma ci sono quelli che esistono (e l'esistenza è un predicato) e quelli che soltanto sussistono (le essenze). L'Essere è l'essere dato antecedentemente in quanto pura essenza sussistente, Di tale obiettivo sussistente bisogna determinare se esista come oggetto. L'esistenza va riconosciuta (è un predicato e dà luogo ad una conoscenza sintetica) , mentre l'essere non richiede riconoscimento successivo al proprio essere pensato. L'Essere non è la sussistenza perchè ci sono esistenti che non sono ancora oggetti di conoscenza ricompresi negli obiettivi. E la sussistenza è l'universo degli obiettivi.
  12. L'essere dell'obiettivo negativo nega che l'oggetto sia ad un certo livello, afferma sempre implicitamente che c'è un livello in cui quell'oggetto è (esiste) . Tale affermazione implicita è logicamente necessaria. Si potrebbe dire che si parla di un oggetto che può essere o non-essere, se l'essere è un predicato e dunque non è una classe totale (è cioè esistenza o sussistenza, non Essere) e dunque se l'oggetto è categorialmente inquadrato. Ma l'obiettivo, inteso in sè, è (esiste) sempre, a meno che non diventi un oggetto, per cui è l'obiettivo il livello in cui l'essere non ha di fronte a sè un non-essere (Hegel). Perciò l'oggetto in quanto tale è proprio ciò di cui si può predicare o meno l'esistenza e/o la sussistenza, anche se invece l'essere non è un predicato ma una totalità onnicomprensiva transcategoriale ed ante-predicativa. La negazione dell'oggetto è il sussistere dell'obiettivo e il ristabilimento dell'oggetto nell'essere attraverso la sussistenza dell'obiettivo stesso.
  13. L'essere come predicato (e dunque l'esistere e/o il sussistere) non si applicano all'oggetto nella misura in cui è. Ma l'oggetto può non sussistere (contraddizione) e può non esistere (diversità) . Non è eccezionale il fatto che l'oggetto sia al di là dell'essere (nel senso di esistere o sussistere) e del non-essere, ma connaturato al fatto che ogni oggetto è ed, in quanto è, è al di là dell'essere (così come sopra inteso) e del non-essere. Non è casuale se un oggetto esista e/o sussista. O quanto meno non è casuale se un oggetto non sussista (es. un circolo quadrato) nè è casuale che un oggetto non esista (es. una relazione). Ma può essere casuale che un oggetto esista (es. un cavallo alato) pur essendo sussistente.
  14. Meinong forse vuol dire che l'oggetto è al di là di essere e non-essere, anche se per lui vale o la proposizione "X esiste" o "X non esiste", non valgono entrambe nè vale una terza. Sarebbe questo un kantismo che si estende sino alla logica. Tuttavia l'ontologia negativa non va bene, perchè il fatto che sia vera la proposizione "X esiste" (esistenza dell'obiettivo dell'essere) corrisponde al fatto che X esiste (esistenza dell'oggetto). Quando una proposizione (al di là di essere e non-essere) diventa enunciato, si trasforma in asserzione (essere) . Non si può però intendere la conoscenza di X senza presupporre l'essere di X. Ed allora è gioco forza l'estensione massima del concetto di Essere.
  15. Meinong ristabilisce (dividendo conoscenza ed esistenza) la forza del platonismo e fonda la scientificità della matematica, anche se di quest'ultima va spiegata l'applicabilità al mondo naturale. Il ragionamento che Meinong fa a proposito della psicologia e della linguistica è un antidoto contro la svolta linguistica e/o psicologistica in filosofia.
  16. Anche gli oggetti in quanto rappresentati hanno proprietà che con la psicologia hanno ben poco a che fare. Inoltre il bianco più chiaro di ogni altro che l'occhio umano abbia mai visto è un oggetto non rappresentato, ma che rimane pur sempre soltanto pensato. Inoltre la distinzione tra psichico e logico andrebbe tematizzata ed operata senza ripetere le parole "psichico" e "logico"
  17. Per obiettivo essente Meinong intende una proposizione (funzione) all'interno della quale l'oggetto è un argomento ? Meinong vuole forse dire che 'verità' è una proprietà delle sole proposizioni ?
  18. La scelta dell'esempio nel caso del perpetuum mobile è una scelta ambigua, perchè il contenuto dell'obiettivo è proprio il non-esistere dell'oggetto. Più senso avrebbe avuto la proposizione "L'ippogrifo è un animale", proposizione vera anche se l'ippogrifo non esiste in senso empirico naturalistico
  19. Per rapporto tra conoscenza e conosciuto, Meinong intende una conoscenza analitica ? Inoltre quello di Meinong sembra essere un neokantismo senza noumeno : la conoscenza come funzione illimitata. Dunque la teoria dell'oggetto può essere una teoria della conoscenza dell'oggetto. Meinong da un lato condivide la critica allo psicologismo da parte di Husserl, ma dall'altro intende essenzialmente la logica come una tecnica e quindi mai del tutto pura da intenzioni pratiche. Inoltre considera i concetti comunque delle rappresentazioni e ritiene impossibile (nel caso della proposizione) prescindere dal processo psichico (assunzione o giudizio).
  20. Cosa intende Meinong per "rappresentazione" ? Comunque la problematica che egli apre è importante : ad es. l'asserzione (che per Frege è importante) è astraibile dal giudizio psichicamente inteso ? Al tempo stesso è vero che il pensato ha delle strutture forse non causalmente ma logicamente autonome dallo psichico. Il problema è anche chiedersi cosa sia la dimensione psichica, dal momento che essa è (a mio parere erroneamente) ritenuta fonte di ogni soggettivismo.
  21. Meinong poi però mentre considera la logica una scienza pratica, considera la teoria della conoscenza una scienza teoretica, forse perchè la logica essendo disciplina formale può essere utilizzata e la teoria della conoscenza no ? In realtà anche la teoria della conoscenza è a mio parere rientrante nella prasseologia. Hegel poi direbbe che dato il conoscere, quali sono le proprietà del conosciuto che rendono possibile il conoscere ?
  22. L'alternativa di Meinong (tra essere delle cose non esistenti e loro essere nella psiche) è autentica ? L'essere fenomenologicamente dati è un essere nella psiche ? E cosa c'entra lo psichico con l'interiorità ? Parlare di interiorità non è un ossequio al naturalismo materialistico ? Inoltre non si potrebbe dire che l'oggetto è il reale spazio-temporale e l'obiettivo è il reale in un accezione più ampia (ente) ?
  23. La teoria della conoscenza è pur sempre una teoria della ragion pratica (cioè una teoria degli oggetti come teoria della costituzione riduzionista degli oggetti (della genealogia cioè), mentre una teoria degli oggetti è un'ontologia. Inoltre in cosa differisce la teoria dell'oggetto dalla logica ?
  24. La metafisica spiega alcune proprietà generalissime dei fenomeni attraverso il riferimento a realtà oltre i fenomeni. La teoria degli oggetti è la parte descrittiva della metafisica. ma la storia della metafisica dimostra (es. Platone) che la metafisica tratta dei problemi che le scienze usano per conoscere la realtà. Meinong infatti alla fine ammette che la metafisica forse storicamente non rientra nella sua definizione, ma presenta la sua tesi come una proposta metodologica (definizione operativa e pratica).
  25. In che senso l'assurdo è dato ? E l'assurdo è intrinsecamente descrivibile o descrivibile solo per differenza col sussistente ? E la teoria dell'oggetto ha come oggetto il così-e-così o l'esser dato ? Cosa intende Meinong per oggetti (esser-così) che oltre a non esistere, manchino pure di essere ? Si riferisce ad entità dileguantisi come gli infinitesimi ? Ma allora perchè farebbe rientrare anche l'assurdo nella teoria dell'oggetto ? Quale oggetto potrebbe mai avere un obiettivo non essente ? Questo è un punto problematico ! O per "essere" si intende l'oggetto al di là dell'essere conosciuto ?
  26. Le cosiddette conoscenze a priori sono quelle che Aristotele trattava nella Metafisica e nella Fisica (parzialmente) . Aristotele considerava cardine della metafisica il Pdnc (principio logico). La distinzione fatta da meinong tra metafisica e teoria degli oggetti sembra speciosa. Infine come si possono fare inferenze a partire dall'empiria, senza premettere delle ipotesi ?

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