Frege poi si chiede se i pensieri appartengono al mondo interiore delle rappresentazioni. Le rappresentazioni non sono a loro volta oggetto di senso, ma si hanno. Si hanno sensazioni, sentimenti, umori, inclinazioni, desideri. La rappresentazione che uno ha appartiene al contenuto della sua coscienza. Il prato, le rane, il sole sono là, ma l’impressione sensibile del verde sussiste solo per il mio tramite ed io ne sono il portatore. Un dolore è difficile da pensare senza un soggetto che lo subisce. Diversi soggetti hanno diverse impressioni sensibili del verde ed è senza senso chiedersi cosa davvero veda un’altra persona (se veda una foglia verde come la vedo io o di un altro colore che chiama “verde”). E’ impossibile confrontare le mie impressioni sensibili con quelle di un altro. Per fare ciò bisognerebbe riunire in una coscienza due impressioni sensibili appartenenti a coscienze diverse Solo l’ipotesi di una supercoscienza che comprenda tutte le coscienze finite potrebbe rendere possibile comparare le impressioni di un soggetto con quelle di un altro, ma questa è un’ipotesi metafisica che non vale la pena esplorare. L’essere un contenuto della mia coscienza è qualcosa di talmente legato all’essenza di ogni mia rappresentazione che ogni rappresentazione di un altro è, come tale, differente dalla mia. Dunque non ci sono due persone che abbiano la stessa rappresentazione, altrimenti essa avrebbe sussistenza indipendente dall’una e dall’altra. “Quel tiglio” ad es. è una mia rappresentazione ? Con essa ci si vuole riferire a qualcosa che si può toccare e che può toccare anche qualcun altro. Se ci si vuole riferire a qualcosa, allora “quel tiglio” non è una mia rappresentazione, ma se la designazione è vuota allora sono nel campo dell’immaginazione dove entrambe le alternative (“Quel tiglio è una mia rappresentazione” e “Quel tiglio non è una mia rappresentazione”) sono insensate perché manca l’oggetto dell’affermazione. Ho magari una rappresentazione, ma non è questa quella che intendo con “Quel tiglio..”. Sarei il portatore di quel che voglio designare con tali parole, ma non vedrei “quel tiglio..”, né lo potrebbe vedere qualcun altro.
Non è detto che una rappresentazione non possa essere accessibile ai sensi : il fatto che un qualcosa sia rappresentazione di un’altra non ha niente a che vedere con la sua accessibilità ai sensi. Anzi le proprietà di una rappresentazione sono qualità prettamente sensoriali. Dire che “Vedo un prato verde” implica a sua volta “Ho l’impressione visiva del verde” è confondere piano fenomenologico e piano psichico o fisicale. “Verde” diventa “impressione sensoriale del verde” e dunque si ricollega al corpo proprio che la supporterebbe. Ma l’argomento di Frege mette insieme in maniera confusa concetti appartenenti a piani diversi. Infatti mentre ‘verde’ è un dato fenomenologico, ‘impressione sensibile del verde’ è un concetto esplicativo psicologistico o fisicalistico, ‘il corpo proprio’ è un altro dato fenomenologico legato alla prospettiva monadistica sensibile ed infine ‘soggetto’ è un concetto funzionale che sussume formalmente in sé il dato fenomenologico del corpo proprio.
Frege in questo caso confonde il fatto che il verde sia una qualità fenomenologicamente data con il fatto che il verde sia solo un contenuto della coscienza. In realtà il darsi del "verde" non può essere chiuso in una coscienza, che a sua volta è solo il fantasma della chiusura del nostro corpo al mondo esterno.
Dunque il verde non è solo una mia rappresentazione, così come la rappresentazione non è qualcosa di proprio anche se magari si può ipotizzare (solo ipotizzabile) che una rappresentazione si accessibile aolo ad un soggetto e non a tutti quanti gli altri. Con ciò si spiega anche perchè "quel tiglio..." può essere considerato nn come una rappresentazione, ma in realtà è la concezione solipsista della rappresentazione espressa da Frege che non è consistente
Inoltre Frege mette insieme dolore, desideri, impressioni che a diverso titolo e con gradazioni diverse sembrerebbero aver bisogno di un portatore : il dolore ha un correlato causale ma non un contenuto, la sensazione visiva ha invece un contenuto, mentre invece un sentimento non è un dato fenomenologico, ma un concetto esplicativo che unifica tutta una serie di dati fenomenologici. Inoltre dire che una sensazione presuppone qualcuno che sente equivale ad usare un concetto relazionale per passare da un dato fenomenologico “rosso” ad un concetto fenomenologico “soggetto senziente” : in realtà non si dovrebbe parlare di “sensazione del rosso” ma direttamente di ‘rosso’, altrimenti diventa più facile operare delle inferenze indebite.
Poi dire che due soggetti che guardano lo stesso prato hanno due diverse rappresentazioni dello stesso prato in realtà equivale a sostenere una visione precostituita della realtà : non è possibile infatti che si vedano due prati diversi ? Invece si presuppone che si tratti dello stesso prato ed ogni differenza si attribuisce alla diversità di rappresentazioni. In realtà soggettivizzando i dati fenomenologici sembra quasi inevitabile il solipsismo e l’incomparabilità delle rappresentazioni. In realtà tale impossibilità si basa su opzioni epistemologiche pregiudiziali.
Infine l’ipotesi che le rappresentazioni di differenti soggetti abbiano bisogno di una supercoscienza per essere comparate non è priva di aporie dal momento che se questa sorta di Dio è comunque una sorta di coscienza particolare, allora anch’essa avrebbe problemi a condividere, date le premesse, le mie rappresentazioni. La soluzione sarebbe che questa Super- non sarebbe affatto una coscienza, ma una Unità di diversa natura.
Inoltre pur ammettendo che le rappresentazioni non sono attualmente comparabili, non si può escludere che tale comparazione sia possibile in futuro. E del resto non è nemmeno detto che le rappresentazioni non siano condivisibili : ciò che chiamiamo rappresentazioni possono essere concepite come oggetti che afferriamo e prospettiamo ed anche il nostro afferrare e prospettare sono enti (oggetti) che si possono a loro volta afferrare e prospettare. La rappresentazione potrebbe ben essere il polo “pragmatico” degli enti, la temporalità degli enti stessi.
Infine l’argomento di Frege per cui, non potendo noi vedere una rappresentazione, allora quel che vediamo non può essere una rappresentazione è la conseguenza surreale (ma smerciata per risolutiva) di una tesi azzardata basata su di un fraintendimento linguistico, che trasforma il dato sensoriale “rosso” nella rappresentazione di qualcosa e dunque non in un dato fenomenologico, ma in un costrutto psicologistico. In realtà si può dire che dal momento che comunico qualcosa, questo qualcosa non può essere sistematicamente considerato una rappresentazione soggettiva. Altrimenti sarebbe possibile questo paradossale dialogo :
• A: “Quel tiglio è una mia rappresentazione” ; B: “No, quel tiglio è la mia rappresentazione” ; A: “Ma tu sei una mia rappresentazione” ; B: “No, tu piuttosto sei una mia rappresentazione”