Tuesday, February 28, 2006

L'ambiguità della rappresentazione in Twardowski

Twardowski tratta poi della rappresentazione e della sua ambiguità: egli afferma che :
  • E' necessario distinguere rappresentazione di un contenuto e rappresentazione di un oggetto. Per meglio farlo bisogna distinguere tra aggettivi attributivi (determinativi) ed aggettivi modificanti.
  • L'aggettivo attributivo amplia e/o specifica il significato di un nome o di un'espressione senza alterarlo però radicalmente (es. uomo buono). L'aggettivo modificante muta completamente il significato originario del nome cui si accompagna (ad es. "uomo morto" non è più uomo, "amico falso" non è più amico)
  • Twardowski precisa che a volte gli aggettivi modificanti sono attributivi e viceversa: ad es. "in "falso amico", "falso" è modificante.
  • Twardowski dice che anche "rappresentato" ha questa sorta di ambiguità: egli fa l'esempio del pittore che dipinge un quadro, ma dipinge anche un paesaggio. La medesima attività del pittore ha due oggetti, ma il risultato di questa attività è uno solo. Il pittore quando ha terminato ha sia un quadro dipinto che un paesaggio dipinto. Il paesaggio non è reale, ma solo dipinto ed il quadro dipinto e il paesaggio dipinto sono una cosa sola. Twardowski conclude che il quadro rappresenta realmente un paesaggio ed è quindi un paesaggio dipinto che è a sua volta un quadro del paesaggio.
  • La parola "dipinto" gioca un doppio ruolo: "dipinto" a proposito del quadro appare una determinazione attributiva, determinazione che specifica che si tratta di dipinto e non di incisione; "dipinto" a proposito del paesaggio appare una determinazione modificante, in quanto il paesaggio dipinto non è reale paesaggio, ma una supeficie dipinta di tela trattata dal pittore
  • Twardowski poi rovescia l'analisi e dice che questo paesaggio dipinto però rappresenta un paesaggio reale. Il paesaggio che il pittore ha dipinto è rappresentato sul quadro ed è stato dipinto dal pittore. Il fatto che è stato dipinto da un pittore, non lo fa cessare di essere un paesaggio.
  • Se si dice "Mi ricordo questo paesaggio : l'ho visto alla mostra d'arte" io parlo del paesaggio reale che è stato dipinto e non del paesaggio dipinto. L'aggiunta "dipinto" alla parola "paesaggio" non modifica il risultato della parola "paesaggio".
  • Twardowski conclude che "dipinto" è un attributo determinante in questo caso, in quanto indica che il paesaggio sta in una relazione determinata rispetto ad un quadro, una relazione che non fa cessare il paesaggio di essere un paesaggio, più di quanto la somiglianza di un uomo con un altro uomo non fa cessare il primo di essere appunto un uomo
  • Twardowski poi dice che ciò che si è detto di "dipinto" vale anche per "rappresentato", che si applica sia al contenuto (paesaggio dipinto) che all'oggetto (paesaggio reale) di una rappresentazione: al rappresentare corrisponde un duplice oggetto, un oggetto ed un contenuto rappresentati.
  • L'oggetto rappresentato (il paesaggio dipinto) è il contenuto della rappresentazione (il quadro dipinto) : in "contenuto rappresentato" l'aggettivo "rappresentato" non modifica l'oggetto
  • Il contenuto rappresentato è ugualmente un contenuto come il quadro dipinto è un quadro. Come un quadro può essere solo dipinto, così un contenuto può essere solo rappresentato. Non c'è neppure un'attività che potrebbe in questo caso sostituire il rappresentare
  • Twardowski poi dice che il contenuto della rappresentazione (il quadro dipinto) e l'oggetto rappresentato (il paesaggio dipinto) sono la stessa cosa. Per l'oggetto "rappresentato" è un'espressione modificante, perchè l'oggetto rappresentato non è più un oggetto, ma il contenuto di una rappresentazione, così come il paesaggio dipinto non è un paesaggio, ma un quadro
  • Anche nel caso della rappresentazione ad un certo punto Twardowski rovescia la prospettiva e dice che comunque il contenuto della rappresentazione si riferisce a qualcosa che non è un contenuto della rappresentazione, ma ne è l'oggetto e tale oggetto si può definire anche come rappresentato senza modificarne radicalmente il significato : "L'oggetto è rappresentato" vuol dire che un oggetto è entrato in un rapporto determinato con un essere capace di avere rappresentazioni
  • Il fatto che un oggetto è rappresentato può voler dire o che si tratti davvero di un oggetto (il quale nel mezzo di tante altre relazioni può entrare in rapporto anche con un soggetto di conoscenza) o che l'oggetto rappresentato è l'opposto di un oggetto vero e proprio, un contenuto di rappresentazione, qualcosa di assolutamente diverso da un oggetto reale
  • Nel primo senso l'oggetto rappresentato può essere affermato o negato attraverso un giudizio (senza virgolette) e ciò in quanto per poter essere affermato o negato un oggetto va rappresentato. Peraltro l'oggetto affermato o negato è sempre un oggetto nel secondo senso cioè un contenuto di rappresentazione (con le virgolette) . Un oggetto nel primo senso non è ciò che è affermato o negato e non lo si ha in mente quando si dice che un oggetto esiste o non esiste. In questo caso infatti l'oggetto rappresentato è il contenuto della rappresentazione.
  • Twardowski poi nota che alcuni logici della sua epoca (come Sigwart e Drobisch) confondono i due sensi del termine "rappresentato": Drobisch infatti dice da un lato che l'attività del pensiero, in quanto considera solo il rappresentato e prescinde dalle condizioni soggettive del rappresentare, forma dei concetti (rappresentato inteso come contenuto), da un altro lato invece dice che la designazione linguistica del concetto è il nome (che viene considerato come designazione della cosa) ma ciò che nel concetto è rappresentato è la cosa nella misura in cui è venuta a conoscenza
  • Twardowski poi però acutamente precisa che l'approccio giusto è dire che il nome significa il concetto, ma che proprio per questo designa la cosa
  • Contnuando l'analogia con il dipinto Twardowski dice poi che, come il pittore, rappresentando un paesaggio, dipinge un quadro (per cui il paesaggio è l'oggetto primario, mentre il quadro l'oggetto secondario) così chi si rappresenta un cavallo, si rappresenta un contenuto che si riferisce al cavallo.
  • Il cavallo reale è l'oggetto primario del rappresentare, il contenuto, per mezzo del quale l'oggetto è rappresentato, è l'oggetto secondario dell'attività di rappresentazione. Twardowski a tal proposito cita Zimmermann per il quale il contenuto è pensato nella rappresentazione, mentre l'oggetto è rappresentato per mezzo del contenuto di rappresentazione: ciò che è rappresentato in una rappresentazione è il contenuto, mentre ciò che è rappresentato per mezzo di una rappresentazione è il suo oggetto
  • Twardowski dice poi che se il destare un contenuto di rappresentazione è il mezzo attraverso cui il nome designa un oggetto così lo stesso contenuto di rappresentazione è il mezzo attraverso cui l'atto di rappresentazione rappresenta un oggetto. Twardowski a tal proposito critica al distinzione operata da Kerry tra "il rappresentato come tale" ed il rappresentato puro e semplice. Twardowski infatti dice che in genere la locuzione "come" viene premessa ad un'ulteriore determinazione, ma se l'aggiunta connessa al nome (in questo caso "tale") risulta essa stessa ambigua, allora l'equivocità non è eliminata.
  • Qualcosa può essere considerato come "qualcosa di rappresentato" in un duplice senso o in quanto è oggetto o in quanto contenuto di un atto di rappresentazione : nel caso in cui "rappresentato" = oggetto rappresentato, allora in "rappresentato come tale", "come tale" è una determinazione attraverso la quale ci si riferisce ad una relazione tra oggetto e soggetto conoscitivo. Nel caso in cui invece "rappresentato" = contenuto della rappresentazione, allora, in "rappresentato come tale", "come tale" opera una modificazione in quanto il rappresentato non è l'oggetto, ma il contenuto.
  • Twardowski conclude che la miglior definizione è quella di Zimmermann per cui il contenuto è rappresentato nella rappresentazione, mentre l'oggetto è rappresentato per mezzo della rappresentazione.

Su questa tematica si possono svolgere le seguenti osservazioni:

  1. Il cosiddetto aggettivo modificante è in realtà un attributo relativo al grado di realtà del soggetto logico o che in maniera surrettizia contraddicono il termine a cui si attribuiscono (così come in maniera inversa "un corpo è esteso" è secondo Kant una proposizione analitica apriori). Il filosofo della religione I.T. Ramsey parla di attributi che massacrano i soggetti a cui aderiscono. La dialettica forse usa anche attributi del genere.
  2. In genere quanto più la classe cui si riferisce il soggetto è ampia, minore è la possibilità che l'attributo sia modificante : ad es. "uomo falso" può essere attributivo così come "uomo di parte", mentre "giudice di parte" è modificante ("uomo" è una classe più comprensiva di "giudice")
  3. Si deve dire che un pittore rappresenta un paesaggio dipingendo un quadro (" dipingere un paesaggio" è un'errore di grammatica logica)
  4. Si può dire che non è che la medesima attività abbia due oggetti (quadro e paesaggio) dal m omento che ci sarebbe un'attività spirituale (descrivere un paesaggio) e un'attività materiale (modificare una tela) collegate tra loro. L'attività spirituale ha un grado più generale, mentre dipingere è già una concretizzazione specifica di tale attività spirituale (l'intuire e l'esprimere di Croce)
  5. Si potrebbe anche dire che in un atto solo si coinvolgono due oggetti unendoli tra loro: si modifica la tela rappresentando il paesaggio. Prima ci sono la tela ed il paesaggio separati, poi c'è una tela dipinta che rappresenta il paesaggio.
  6. Un quadro di un paesaggio è una tela dipinta che rappresenta un paesaggio
  7. In "Quadro di un paesaggio", "paesaggio" specifica il contenuto di un quadro.
  8. Perchè si dice che un paesaggio non è reale, ma solo dipinto ? Twardowski fa un'interpretazione platonica: la tela non è realmente trasformata, l'operazione non aggiunge niente alla tela; essa è solo una degenerazione ed uno sfocarsi, un indebolirsi del suo oggetto : il paesaggio è ridotto a mero quadro. ma questo implica il rimuovere la portata ontologica dell'arte e della prassi
  9. "Dipingere" può avere due significati distinti, ma tale equivocità rispecchia la complessità dell'atto rappresentativo
  10. "Dipinto" non è attributivo, ma modificante anche nel caso della tela, dal momento che la tela non è più tale ma è un paesaggio dipinto. Un dipinto non è più tela, nè paesaggio, ma un'altra cosa
  11. Il paesaggio dipinto non è vero paesaggio se lo si guarda ad un certo livello analitico (dove si possono vedere le pennellate), ma ad un livello più alto (ad uno sguardo d'insieme) perchè non si può configurare come vero paesaggio? Del resto il paesaggio non è uno scorcio, una prospettiva, già di per sè un incontro tra soggetto ed oggetto? Il paesaggio in sè non è già una rappresentazione ? E così anche la Fornarina realmente vista da Raffaello ?
  12. La proposizione "Questo paesaggio lo conosco: l'ho visto alla mostra d'arte." equivale a dire "Questo paesaggio lo conosco: me lo ha ben descritto Giovanni". Per cui il dipinto è linguaggio (raffigurazione logica) e guardare un dipinto è knowledge by description.
  13. In questo caso "paesaggio dipinto" si riferisce a quel che il dipinto ci descrive del paesaggio, ma non a quello che il dipinto non descrive e/o non può descrivere. Un dipinto ci dà alcune informazioni, ma in esso non possiamo muoverci (questo è già possibile in una rappresentazione virtuale), per cui la realtà di una rappresentazione è funzione di ciò che con la rappresentazione possiamo e vogliamo fare (ci sono rappresentazioni che sono considerate a basso livello di "realtà" perchè sono usate al di sotto delle loro possibilità : ad es. "Dio" non ha grande rilevanza per chi non è abituato a pregare). Così una rappresentazione per essere intersoggettiva (comunicazione) deve passare per un veicolo segnico evidentemente materiale.
  14. Considerare il contenuto un che di unicamente psichico trascura il ruolo del noema (il meaning), il fatto che lo psichico è semplicemente un livello di apparizione di qualcos'altro. Mentre nel dipinto la tela è comunque una cosa reale utilizzata per rappresentare, il contenuto non si sa se sia qualcosa di psichico usato per designare un oggetto o sia a sua volta un oggetto reale somigliante ad un altro ed usato per designarlo. Nel contenuto non è distinguibile la tela da cui partiamo per rappresentare
  15. "Dipingere" può voler dire fare delle operazioni su un oggetto (una tela), mentre "rappresentare" è un che di spirituale (semiotico) che mette in rapporto due termini immediatamente, per cui il contenuto rappresentato non è come la tela dipinta. Twardowski passa dal quadro inteso come tela arbitrariamente al quadro inteso come dipinto, ma questo non è possibile sostituendo a "quadro" il "contenuto", perchè è problematico pensare al contenuto in termini materiali.
  16. Non c'è un'attività che potrebbe sostituire il rappresentare (così come possiamo sostituire il "dipingere" con l' "incidere") in quanto il rappresentare è un termine più generale che si riferisce all'intero spettro di attività che svolgono quella funzione. Il rappresentare è una funzione mentre il dipingere è un'azione concreta attraverso la quale si svolge la funzione suddetta
  17. Twardowski presuppone una differenza tra contenuto ed oggetto analoga a quella tra quadro e paesaggio. ma nel caso di un noema tale differenza non è poi così radicale. Così dire che un oggetto rappresentato non è un oggetto è forse più forzato che dire che un paesaggio dipinto non sia un paesaggio. Anzi mentre forse si può dire "quadro (tela) dipinto" e più impropriamente "paesaggio dipinto", così è più proprio parlare di oggetto rappresentato (che è un oggetto) che di contenuto rappresentato, giacchè è più difficile separare il contenuto dalla sua rappresentazione.
  18. Husserl diceva che i fenomeni appaiono e sono l'apparire di se stessi, anche se con le gerarchie dei linguaggi si possono considerare anche i contenuti come oggetti e generare rappresentazioni di questi ultimi, ma con la condizione che in questi casi la distinzione è sottile e difficile e bisogna perciò spesso ancorare la referenza a qualcosa di attinto non col pensiero, ma con la percezione (l'esistenza che è data)
  19. Quando si dice che la rappresentazione è un rapporto determinato tra l'oggetto ed il soggetto conoscente, si interpreta naturalisticamente e non fenomenologicamente la rappresentazione e nel caso dei noemi bisogna fare un modello metafisico del rapporto tra noemi ( interpretati ad es. come idee platoniche) e soggetto conoscente. Frege avrebbe parlato più coerentemente di sinn e bedeutung, ma il problema è l'interpretazione psicologista del sinn e del contenuto.

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Sunday, February 05, 2006

Bolzano, rappresentazioni semplici e rappresentazioni composte

Bolzano dice che se ogni proposizione consiste di rappresentazioni, così anche alcune rappresentazioni sono composte da altre rappresentazioni (ad es. nulla = non+ qualcosa; oppure triangolo equilatero = tre + angoli + lati + uguali ) mentre altre si possono considerare semplici (es. "essere", "avere", "non", "qualcosa")
Bolzano aggiunge che le rappresentazioni componenti un'altra rappresentazione sono il contenuto di questa rappresentazione, mentre rappresentazioni del medesimo contenuto possono essere distinte quando gli elementi sono collegati in modo diverso (es. "quadrilatero con lati uguali e angoli diseguali" è diversa da "quadrilatero con angoli uguali e lati disuguali").
Bolzano poi dice che una forma comune di rappresentazione composta è "A che ha le proprietà m, n, r " e nel caso in cui alcune proprietà di questo tipo risultino già dal fatto che il soggetto in questione sia A, si parla di rappresentazione ridondante (le proposizioni analitiche di Kant)
Un esempio di questo tipo è "Un triangolo che ha tutti i lati e tutti gli angoli uguali" (dal momento che se ha tutti i lati uguali necessariamente ha tutti gli angoli uguali".
Bolzano fa anche l'esempio di " Questo, che è un albero..." e afferma che, se dicendo "questo", pensiamo ad un albero, la rappresentazione è ridondante.

Le considerazioni che vengono in mente sono:
  1. L'esistenza di rappresentazioni composte si desume sia dalle scritture pittografiche ed ideografiche, sia dall'esistenza di teorie riduzionistiche.
  2. In che senso le rappresentazioni componenti altre rappresentazioni si devono considerare elementi di queste ultime?
  3. "Qual-cosa" può essere considerata anche una rappresentazione composta
  4. Due rappresentazioni diverse non hanno il medesimo contenuto, ma i medesimi elementi
  5. Nel caso in cui gli stessi elementi sono strutturati in modo diverso, essi compongono differenti sottoinsiemi (nel caso in oggetto a "lati eguali" e angoli diseguali" si contrappongono "lati diseguali" e "angoli eguali" ) , per cui due rappresentazioni con i medesimi elementi si possono assimilare a due insiemi con gli stessi elementi ma a cui corrispondono due insiemi potenza con elementi (i sottoinsiemi) diversi. Spesso il rapporto tra insieme ed elemento non è sempre diretto ma mediato da sottoinsiemi diversamente composti e strutturati
  6. L'eguaglianza di tutti gli angoli, in presenza dell'eguaglianza di tutti i lati, è un teorema che va dimostrato (dunque ridondante solo se la dimostrazione è gia nota) . In realtà la ridondanza dipende dal livello di competenza interno alla comunità in cui avviene una comunicazione. Dunque esso è relativo.
  7. Anche il caso in cui si dice"Questo, che è un albero..." la ridondanza dipende dalla finalità comunicativa che ci proponiamo : sottolineare ad esempio che ciò che vediamo è questa e quest'altra cosa è funzionale a quel che si dice dopo. Anche in questo caso dunque la ridondanza va valutata in funzione del complesso di un discorso.

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Saturday, February 04, 2006

Bernard Bolzano, le rappresentazioni e le proposizioni

Il presupposto di Bolzano è che l'imperitura opera di Euclide possa essere ulteriormente migliorata.
Egli giudica "proposizioni in sè" il senso degli enunciati e non gli enunciati stessi (che sono il momento pragmatico, mentre le proposizioni in sè sono il momento semantico)
Per Bolzano inoltre le "rappresentazioni in sè" sono i concetti che formano le "proposizioni in sè": tali concetti hanno una dimensione oggettiva che trascende il pensiero umano (platonismo di Bolzano) anche se non hanno realtà (essi sono ideali)
Bolzano aggiunge che se penso ad una montagna d'oro, la rappresentazione "montagna d'oro" è reale in quanto rappresentazione mentale soggettiva, ma la rappresentazione in sè (oggettiva), che sta a fondamento di questa rappresentazione soggettiva, non può essere alcunchè di esistente e non perchè non ci siano montagne d'oro, ma perchè altrimenti anche le proposizioni in sè (di cui le rappresentazioni in sè fanno parte) sarebbero qualcosa di esistente.

Una distinzione tra proposizioni e rappresentazioni è che le proposizioni possono essere vere o false, mentre le rappresentazioni non possono essere nè vere nè false. Se sembra che certe rappresentazioni (tipo "quadrilatero rotondo") possano dirsi false, è perchè si presuppone che qualcuno asserisca la proposizione "C'è un quadrilatero rotondo"

Le considerazioni che vale la pena di fare su queste tesi di Bolzano sono le seguenti:
  1. Bolzano dà una definizione ristretta di "realtà" ed "esistenza"
  2. Cosa impedisce alle proposizioni in sè di essere qualcosa di esistente?
  3. Whitehead teorizza con la distinzione tra oggetti eterni ed eventi proprio l'esistenza ideale degli oggetti eterni che compongono eventi che possono essere reali, ma che possono anche non esserlo. Perchè ciò che Whitehead teorizza esplicitamente deve essere impossibile? Perchè rappresentazioni in sè esistenti debbono comporre necessariamente proposizioni in sè esistenti?
  4. La rappresentazione "quadrilatero rotondo" non presuppone la proposizione "Esiste un quadrilatero rotondo" ?
  5. La proposizione "Esiste un quadrilatero rotondo" può significare " L'oggetto 'quadrilatero rotondo' già esistente al livello noematico immanente della sua enunciazione, può anche essere individuato almeno ad un livello successivamente inferiore a quello della sua enunciazione (livello più concreto e materiale) "

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Thursday, February 02, 2006

Twardowski e i nomi

Più prudentemente di altri Twardowski parla di analogia tra pensiero e linguaggio, ma non di completo isomorfismo. A tal proposito dice il filosofo polacco, Mill distingue tra cose e rappresentazioni, così come egli distingue tra oggetti e contenuti della rappresentazione.
Mill infatti intenderebbe con "rappresentazione" solo il contenuto e non l'atto di rappresentazione. Sulla scia di Mill Twardowski dice che il nome, nominando una cosa, comunica una rappresentazione: i nomi sono lo stesso che i segni categorematici, cioè i segni che non sono semplicemente co-significanti, ma che tuttavia di per sè non costituiscono l'espressione completa di un giudizio, ma appunto solo l'espressione di una rappresentazione.
Come per Boole, un nome deve destare un determinato contenuto di rappresentazione, ma il significato di un nome non è solo la rappresentazione che induce nel ricevente, ma anche il fatto che l'emittente ha questa rappresentazione. Per Twardowski il significato è un contenuto mentale evocato nell'emittente e nel ricevente, ma al tempo stesso il nome può anche designare oggetti. Perciò si deve distinguere le diverse funzioni di un nome :
  • rendere noto un'atto di rappresentazione in chi parla
  • destare un contenuto mentale in chi ascolta
  • designare un oggetto

Che considerazioni si possono fare su questa tesi?

Mentre Mill considera le rappresentazioni obiettivandole e slegando realisticamente cose e rappresentazioni, Twardowski ha un atteggiamento più ambiguamente idealistico, giacchè per lui l'oggetto è sempre l'oggetto di una rappresentazione. Inoltre perchè per Mill "rappresentazione" non include l'atto della rappresentazione? Tali atti non sono obiettivabili? Inoltre più di rappresentazione psicologica non è il caso di parlare di "senso logico"? E ancora pèer Twardowski i predicati sono (come forse in Frege) sincategorematici? E poi una rappresentazione non costituisce l'espressione di un giudizio? E l'espressione di un giudizio e quella di una rappresentazione non sono lo stesso? Nell'espressione di un giudizio si può distinguere quello che il giudizio ha più di una rappresentazione? E cosa distingue un'espressione da una rappresentazione? Cos'è un'espressione?

Inoltre dicendo che il significato di un'espressione sia anche il fatto che l'emittente abbia una rappresentazione la tesi di Twardowski non tiene conto del test di Turing e della possibilità che l'emittente sia una macchina. Inoltre il contenuto mentale è davvero riducibile ad una rappresentazione? O ha una struttura logica irriducibile a quest' ultima? E ancora la designazione si ha attraverso il significato o indipendentemente da esso?

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