Monday, February 26, 2007

Meinong e la rappresentazione di oggetti nel tempo

Meinong tratta poi la rappresentazione di oggetti nel tempo. Egli dice:
  • Ci sono casi in cui il superius assume la posizione preminente (si trova cioè al centro dell'attenzione oppure all'interno della sfera del giudizio) . Essi sono quelli dove gli inferiora temporalmente separati formano tuttavia una melodia (superius) la cui rappresentazione implica la contemporanea rappresentazione di tutte le note che la compongono.
  • Ci sono inferiora la cui successione nel tempo ha del fortuito ed inferiora per i quali la successione nel tempo è in qualche modo pertinente alla natura della cosa. C'è un tempo interno ed un tempo esterno della rappresentazione. Bisogna inoltre distinguere tra tempo dell'atto, tempo del contenuto e tempo dell'oggetto della rappresentazione, stante il fatto che seppure rappresento in un determinato tempo, non per questo devo rappresentare quel che rappresento nella stessa determinazione temporale. C'è anche un tempo dello pseudo-oggetto, ovvero un tempo in cui l'oggetto della rappresentazione pseudo-esiste. Tempo dell'atto e tempo del contenuto sono inevitabilmente coincidenti nel tempo della rappresentazione. Si riduce al tempo del contenuto anche il tempo dello pseudo-oggetto e cioè il tempo in cui il rappresentato esiste nella rappresentazione e cioè pseudo-esiste.
  • La distinzione tra tempo dell'atto e tempo dell'oggetto si evidenzia nel momento in cui ricordiamo (rappresentiamo cioè un oggetto passato). Vanno distinti anche oggetti trattuali (la cui natura richiede un tratto di tempo per svilupparsi) ed oggetti puntuali (che sembrano concentrati in un singolo punto del tempo) , ma che in realtà si trova in una sezione temporale trasversale.
  • Va operata la distinzione tra oggetti temporalmente distribuiti (o ripartiti nel tempo) ed oggetti temporalmente indistribuiti. La rappresentazione di un oggetto distribuito può e/o deve essere essa stessa un oggetto temporalmente distribuito ? Se deve essere rappresentato un oggetto temporalmente distribuito, può o deve corrispondere alla successione dell'oggetto una successione del contenuto ? A tale domanda c'è una risposta positiva ingenua per cui , quando ad es. si rappresenta un movimento lo si segue con lo sguardo e secondo i luoghi che il mobile occupa in momenti diversi, l'osservatore otterrà approssimativamente negli stessi tempi sensazioni diverse. Dunque col tempo dell'oggetto procederebbe del tutto parallelamente il tempo del contenuto che sembra escluso si possa concentrare in un punto. Ma se si associa ad ogni frazione di evento la corrispondente rappresentazione non si riesce poi a sintetizzare le diverse rappresentazioni segmentate in una macro-rappresentazione per cui non puoi dire che i tratti complessivi siano rappresentati nel tempo corrispettivo.
  • Ci sono poi casi in cui ad es, comunque la sfera percorre un pezzo della sua via dopo l'altro oppure in cui un libro si legge per intero anche quando se ne sia letta una pagina dopo l'altra. Perchè in questi casi la difficoltà non si fa valere ? La risposta sarebbe che si riunisce spesso sotto il nome di un solo oggetto ("libro") quello che in verità non è che un collettivo di oggetti (pagine), che, se sono temporalmente divisi (la progressiva lettura), nulla impedisce che si dia anche un'apprensione successiva di questi singoli oggetti e dunque un'apprensione successiva di un oggetto unico per convenzione. Se si trattasse di un oggetto realmente unitario con parti successive, in tal caso un rappresentare successivo rappresenterebbe le parti, ma non il tutto. In generale gli oggetti distribuiti nel tempo di ordine superiore possono essere rappresentati solo per mezzi di contenuti indistribuiti nel tempo. Gli inferiora debbono essere dato alla rappresentazione simultaneamente sebbene non come contemporanei.
  • C'è chi pur riconoscendo come insufficiente la mera successione delle rappresentazioni degli inferiora, non accetta la tesi della rappresentazione simultanea e parla di coincidenza di rappresentazioni di inferiora. Tuttavi il superius è più che il collettivo obiettivo degli inferiora ed inoltre far intervenire innaturalmente la percezione interna per rappresentare una melodia differirebbe solo il problema giacchè si dovrebbe stabilire il modo in cui si dovrebbe assumere la relazione tra i membri succedentisi da parte della percezione interna (se mediante un mero rappresentare successivo delle due rappresentazioni o in altra maniera).simultaneità,
  • C'è poi la tesi per cui se ad una rappresentazione percettiva dell'oggetto A segue una dell'oggetto B, il soggetto può essere modificato dalla rappresentazione di A e tale modifica si fa valere nell'oggetto B mediante un aggiunta oggettuale. Rappresentare un superius distribuito, secondo questa tesi, consisterebbe nel rapprsentare quest'oggetto aggiuntivo che compare alla fine della successione, oppure nel rappresentare prima gli inferiora e poi quell'aggiunta all'incirca contemporanea all'ultimo inferius. In realtà è impossibile rappresentare un superius se i suoi inferiora non vengono rappresentati.
  • La distinzione in questo caso tra tempo dell'atto e tempo del contenuto non è proponibile : sarebbe infatti assurdo attribuire ad una rappresentazione che esiste un contenuto che non esiste. Infine superius temporalmente distribuiti non sono rappresentabili in maniera distribuita in quanto il superius è più del collettivo degli inferiora e contemporaneamente non può essere rappresentato senza che lo siano gli inferiora.
  • La rappresentazione intuitiva di un intero (es. una melodia) presuppone la percezione dei suoi momenti (le note) nella giusta successione. La simultaneità ottenuta non va pensata come se alla fine tutte le note della melodia risuonassero insieme. Nè ci si può rappresentare un cambiamento di colori come un miscuglio di colori o il movimento nello spazio come il trovarsi di una cosa in più luoghi. Deve piuttosto farsi valere la situazione temporale dei loro oggetti l'uno in rapporto all'altro, per cui mi rappresento le note della melodia contemporaneamente, ma non come contemporanee.
  • C'è poi il caso in cui paragonando due colori o due suoni me li rappresento uno dopo l'altro, ma non me li rappresento come l'uno successivo all'altro, anche perchè le realtà corrispettive esistono simultaneamente sia perchè la successione delle rappresentazioni è casuale. In questo caso il superius non è un oggetto distribuito e la rappresentazione di questi oggetti non può essere un fatto distribuito e nel tempo in cui un superius viene rappresentato, tutti gli inferiora debbono essere rappresentati simultaneamente.
  • Non è vero che per rappresentare un superius sia sufficiente che le rappresentazioni degli inferiora formino un qualsivoglia intero : esse debbono entrare in una ben determinata relazione tra loro e formare complessioni ben determinate. Presupporre la contemporaneità delle singole rappresentazioni verbali per la comprensione di un enunciato vuol dire non saper distinguere tra le parole ed il loro senso. La tesi di simultaneità può essere compromessa solo confondendo "il rappresentare contemporaneamente" e "il rappresentare come contemporanee" (confondendo cioè tempo della rappresentazione e tempo dell'oggetto).
  • Stern dice che non appena si crede alla possibilità di una percezione diretta dei rapporti temporali, l'atto di coscienza in cui avviene questa percezione non può più essere in sè puntuale. Egli parla di tempo di permanenza psichico, i cui contenuti di coscienza possono formare un atto di coscienza unitario. In realtà Stern non distingue tra atto, contenuto ed oggetto della rappresentazione. Egli rifiuta che la percezione di un fatto temporale trattuale sia conciliabile con la tesi per cui atto e contenuto di una rappresentazione non possono stare temporalmente separati. Se io rappresento solo quel che rappresento "tutto in una volta", allora io giudico solo su ciò che giudico "tutto in una volta". E' notorio però che si può percepire solo ciò che è, non ciò che fu o ciò che sarà : l'atto percettivo dunque pare essere contemporaneo solo al percepito.
  • Dato che si può percepire solo quel che è reale e il punto temporale è un limite ideale, allora se la percezione è limitata al punti di presenza, essa non può percepire niente. Ma se non possono esistere i punti come potrebbe esistere qualcosa di esteso ? E se i punti non fossero allora un tratto si interromperebbe ? In realtà l'esistenza non si nega al punto, ma al punto isolatamente considerato, che sussiste ma non esiste. Là dove è il punto, esiste qualcosa che però non si limita al punto.
  • Schumann dice che, poichè il passato non è più e il futuro non è ancora, il tempo è qualcosa di reale, consistente di due parti che non sono reali. In realtà paradossi del genere sono attribuibili a problemi relativi alla definizione di "esistenza". Per alcuni "L'ultima neve discioltasi" è qualcosa che in quanto trascorsa è ideale, mentre "La montagna d'oro" senza determinazione temporale è reale (sebbene mai esistita e mai esistente in futuro). E' innaturale sussumere entrambi i casi semplicemente sotto lo schema del non-esistente, ma al tempo stesso pure è innaturale concedere maggior gradi di realtà a ciò che in nessun tempo è stato rispetto a ciò che è stato effettivamente presente. La fattualità del passato (così connaturale ad ogni interesse storico) a cui si affianca l'urgenza del futuro, richiede inevitabilmente l'inclusione del passato e del futuro nell'ambito del reale. Con ciò si supera l'introduzione ingiustificata nel nostro concetto di esistenza di un momento del tutto soggettivo per cui ogni esistenza si presenta determinata come passato/presente/futuro, mentre questa determinazione è solo una relazione tra tempo del giudizio e tempo dell'oggetto, relazione causale sia per il reale che per il soggetto conoscente.
  • La conoscenza di un reale non ha nessun rapporto con la sua effettività e dunque non è detto che il passato (essendo reale) non sia percepibile e pur considerando la memoria una supposizione (per quanto incerta) si può percepire il passato nei giudizi mnemonici immediatamente precedenti il tempo dell'atto e certi e sicuri per le esigenze pratiche.
  • Consideriamo gli oggetti temporalmente indistribuiti (es. un libro posto innanzi a me, un suono perdurante) dove all'atto del giudizio (che occupa un certo tratto di tempo) sta a disposizione un contenuto parimenti costante. Ma quanto viene conosciuto non è un oggetto costante come tale, ma costantemente lo stesso oggetto. Poichè il percepito è condizione della percezione, è garantito che percezione e percepito coincidano nel tempo e la percezione rimane valida. Se l'oggetto temporalmente indistribuito è costante, allora vale anche per esso, come per ogni oggetto temporalmente distribuito che due tratti coincidenti lo sono per appaiamento delle loro parti complessive e che tali appaiamenti non riguardino tratti, ma punti.
  • Se dunque l'oggetto percepito arriva a coincidere con il giudizio percettivo ciò non avviene con nessun tratto temporale. Quindi se il giudizio apprende l'oggetto temporalmente esteso, per ogni punto messo in evidenza entro la durata temporale di questo giudizio, allora il giudizio verterà su passato o su futuro, ma non su qualcosa di contemporaneo al giudizio, se non in minima parte (l'attimo) . A questo proposito, nasce il dilemma per cui A) o non si dà percezione oppure B) o si rinuncia alla contemporaneità tra percezione e percepito. (A) sarebbe ipotizzabile solo se quei fatti (prima indicati come percezioni) perdessero ogni peculiarità rispetto ad altri giudizi. In realtà la contemporaneità poggia sul presupposto del fatto che la percezione ha come causa la realtà su cui verte. Ma tale dipendenza a stretto rigore non consente (o almeno non richiede) la contemporaneità in quanto la dipendenza concerne solo le parti che si restringono sino ai punti, ma non i due interi. al decorso della realtà è più o meno concomitante la rappresentazione percettiva di detta realtà e "con ogni punto di questa linea oggettuale" comincia lo sprofondare dell'oggetto nel passato e si produce un giudizio il cui grado di certezza starà in rapporto funzionale con questo profondare.
  • Ciò produce non già un numero infinito di giudizi di collegamento, ma un unico n-complesso giudizio, il cui oggetto o cresce continuamente col mutare della realtà o rimane inalterato se la realtà è immutata. Comunque siamo di fronte ad un fatto di rappresentazione e giudizio più complicato dei semplici fatti della percezione, ma comunque che rende precisamente conto della differenziazione tradizionale del sapere fattuale in sapere della realtà presente e sapere della realtà non presente. La percezione non dipende dalla contemporaneità col percepito, ma neppure è compromessa dalla contemporaneità tra atto e contenuto del giudizio. Pertanto posso anche percepire qualcosa di passato, ma non oltre ogni limite. Il tempo in cui si estende questa percezione lo si chiama "tempo di presenza". Definire questo tempo con l'ausilio del concetto di unità è forse inadeguato.
  • I fatti psichici ed in particolare i contenuti possono sicuramente confluire in unità in molteplici maniere (ossia costituire diverse complessioni) senza che in ciò sia coinvolta la percezione. Tuttavia un rimando al carattere unitario di ciò che è presente è comunque un punto essenziale : se da un punto di osservazione vedo un treno attraversare la campagna, allora chiamo presente il suo movimento, forse anche nel caso in cui il tempo durante il quale posso seguirlo non sia del tutto breve. Il fischio della locomotiva ed un susseguente strido d'uccello difficilmente li dichiarerò presenti anche se ho udito il fischio dopo l'inizio e lo strido prima della fine del movimento da me "visto". Infatti difficilmente ci sarà un punto di vista dal quale fischio e strido si uniscono per me in un tutto.
  • Al principio della contemporaneità tra percezione e percepito viene sacrificato il principio della contemporaneità di atto e contenuto percettivo. Se si può percepire un suono o un colore allora si può percepire anche una melodia o un movimento, purchè si svolgano entro i limiti del "tempo di presenza". Sia la melodia che il movimento si possono percepire solo quanto ai loro elementi, giacchè la complessione ideale (che è anzitutto relazione ideale) basata e fondata da quegli elementi, a rigore può tanto poco essere percepita quanto esistere. L'opposizione tra sapere percettivo e sapere mnemonico perde la sua apparente asprezza ed anzi quasi il passato diventa l'unica cosa percepibile. Per rappresentare un superius (la melodia) di inferiora temporalmente diversi, occorre rappresentare questi inferiora simultaneamente.
  • Come mai se la percezione si riferisce a suoni verbali, si riescono a comprendere le parole ? Come una deduzione può operare se le premesse sono assenti alla percezione nel momenti in cui è presente la conclusione? Il tentativo di contestare l'esistenza di oggetti fondati di ordine superiore in base alla testimonianza supposta fallimentare della percezione interna, presuppone invece come non percepito e non percepibile (inesistente) ciò che è soltanto percettivamente fugace.
  • Gli oggetti di ordine superiore sono oggetti propri della psicologia. la quale come tutte le scienze, non può avere altra base che l'esperienza, ma fino a questo momento non ha ooservato tali fattualità che sembravano andare oltre l'analisi del dato.

  1. I casi in cui i superius assumono la preminenza corrispondono alle proposizioni metalinguistiche. Esiste la proprietà logica dell' "asserito", corrispondente a quella psicologica dell'essere al centro dell'attenzione e a quella grammaticale della proposizione principale. In questo caso però non si tratta tanto di relazioni e di complessioni logiche (es. proposizioni molecolari) , ma di complessioni reali (totalità organiche di fenomeni) , oggetti scientifici e non tanto logico-formali.
  2. Che vuol dire che l'oggetto della rappresentazione pseudo-esiste ? A mio parere il fatto che il tempo del contenuto coincida con il tempo dell'atto è dovuto al carattere atemporale del contenuto (idea platonica, oggetto eterno di Whitehead) che si adatta perciò ogni volta al tempo dell'atto. La pseudo-esistenza poi è una sorta di esistenza narrativa ? E perchè Guglielmo di Baskerville dovrebbe esistere nello stesso tempo dell'ideazione de "Il nome della Rosa" ? O tale determinazione temporale non equivale a quella della pseudo-esistenza dell'oggetto ? In tal caso però la riduzione al tempo dell'atto, toglierebbe ogni spessore al contenuto che svanirebbe con la distinzione tra atto (la rappresentazione) ed oggetto. In tal caso la pseudo-esistenza dell'oggetto non sarebbe altro che la sua rappresentazione (e dunque coinciderebbe con l'atto) . A mio parere sarebbe più semplice distinguere tra I) Tempo dell'atto di rappresentazione (es. oggi) ; II) Tempo del contenuto (atemporale : l'oggetto eterno "Guglielmo da Baskerville") ; III) Tempo dell'oggetto (il Medioevo).
  3. Parlare di pseudo-esistenza è fuorviante giacchè non distingue tra tempo esterno e tempo interno, mentre invece nell'atto della lettura l'oggi non è più il 2005, ma è un'altra situazione spazio-temporale. Al posto di tempo dello pseudo-oggetto parleremo di meta-tempo vissuto (o fenomenologico) che è quello che si concretizza ad es. nella lettura e che è un pragma metalinguistico con cui l'oggetto eterno è assunto nell'esperienza.
  4. Cosa si intende per sezione temporale trasversale ? Si potrebbe intendere questo e cioè che ontologicamente l'oggetto è un evento (in senso whiteheadiano) che occupa una sezione dello spazio-tempo, solo che viene di volta in volta appercepito da diverse prospettive monadiche e dunque viene visto di volta in volta come istantaneo (si pensi ad un'automobile che corre per la strada). Inoltre un oggetto presunto istantaneo ha sempre una durata sia pure infinitesimale. Infine gli oggetti eterni (che possono sempre comparire di nuovo) hanno una manifestazione carsica e cioè esistono sempre ma sono percepiti in maniera discontinua.
  5. Meinong traspone nel campo epistemico i problemi ontologici legati ai paradossi di Zenone. A proposito di queste sue tesi, un collettivo di oggetti non è a sua volta un oggetto vero e proprio ? Inoltre non è più corretto dire che c'è un'apprensione successiva di un oggetto collettivo, ma apprendendo di volta in volta istantaneamente le singole pagine ? Meinong poi non fa alcun esempio di oggetto unitario : si tratta del corpo in movimento di cui si è parlato prima ? Ma questo non sarebbe più propriamente un evento ? Un oggetto unitario con parti successive non sarebbe un oggetto sovratemporale ? Non ci può essere rappresentazione distribuita ? E l'apprensione successiva di cui si è parlato a proposito dei collettivi di oggetti ? E' un'apprensione che si ha (alla fine del processo) di tutti gli eventi succedutisi ? Come dice Meinong, trattasi di rappresentazione simultanea di eventi non contemporanei ?
  6. Ma pur se il superius fosse qualcosa in più che il collettivo degli inferiora, ciò non potrebbe essere una risultante casuale della coincidenza tra rappresentazioni di inferiora ? Meinong ha comunque ragione nel dire che l'aporia si ripresenterebbe dalla dimensione degli oggetti nella dimensione delle rappresentazioni.
  7. Meinong tocca una questione interessante anche nella notazione numerica dove se alla unità I (A) si aggiunge un'altra unità I (B) immediatamente si dà una coppia II (aggiunta e superius) . In questo caso gli inferiora sono in un certo senso conservati. Nella numerazione binaria però da 1 se ad esso aggiungi 1 il risultato è 10 dove il primo posto e zero, cioè vuoto e le due unità binarie sono in un certo senso sparite per far posto all'unità dell'ordine superiore (in questo caso 2). L'obiezione di Meinong circa la necessità di rappresentare gli inferiora (per rappresentare un superius) vale solo per una variante della tesi discussa. Inoltre questa tesi non renderebbe impossibile il linguaggio stesso dove dei nomi sostituiscono stringhe linguistiche più lunghe e complesse (definizione) ? Non sarebbe possibile la sostituzione delle operazioni matematiche con i loro risultati.... Piuttosto è necessario stabilire che ontologicamente i momenti non vengono annullati, ma ricompresi nel risultato ed oltre tutto rimangono nella loro inseità all'interno della struttura atemporale dell'Essere.
  8. Tuttavia è possibile che un contenuto abbia un'esistenza ideale senza che sia in atto la rappresentazione corrispondente, giacchè il contenuto pertiene all'eterno e la rappresentazione al tempo. L'argomentazione di Meinong sui superius temporalmente distribuiti si può tradurre così in termini ontologici : Un intero sovratemporale va appreso con un atto unitario (pena la rimozione della sua unità) , ma non collocato nel tempo (pena la perdita del fatto di essere un intero e di avere più momenti) . Si tratta allora di un'intuizione mistica ? Il fatto inoltre che il superius sia più del collettivo fa pensare al platonismo ed all'intensionalità (contro il nominalismo) , mentre il fatto che il superius presupponga gli inferiora fa pensare alla correlazione tra tutto e parte.
  9. Come però si inserisce questa giusta successione ? Meinong indica un'esigenza razionalistica, ma non dà una soluzione che soddisfi tale esigenza. Inoltre, cosa più importante, l'atto di rappresentazione delle note della melodia è temporalmente puntuale, a livello oggettuale vi è una successione ordinata, ma a livello di contenuto cosa succede ? Se ci fosse una successione ordinata, tempo dell'atto e tempo del contenuto divergerebbero dissolvendo la rappresentazione, ma se ci fosse un contenuto di inferiora compresenti si rischierebbe una rappresentazione confusa di un processo coerente e la conoscenza risulterebbe ancora una volta impossibile. Come risolvere questa impasse?
  10. Se è necessario rappresentare successivamente anche oggetti compresenti (nel paragone), perchè la rappresentazione successiva di note deve essere oggettiva al punto di essere riprodotta anche in una rappresentazione non distribuita ? Se cioè la successione ordinata sembra essere più un'istanza percettiva ed epistemica, perchè bisogna presupporne l'oggettività ontologica ? Una melodia non può essere una risultante esteticamente rilevante di una delle possibili successioni di un certo insieme di note ? La natura atemporale dell'oggetto distribuito non può essere il solo insieme delle sue parti e non una sua successione ordinata (il complesso carnapiano) ?
  11. Meinong poi si involve nelle sue stesse contraddizioni: infatti A) Se la rappresentazione degli oggetti di un superius non è un fatto distribuito, come è che nel caso della comparazione rappresentiamo successivamente oggetti compresenti ? Meinong gioca oscillando tra tempo dell'atto e tempo del contenuto ? Ma questi non debbono essere coincidenti ? B) Come è che nel tempo in cui un superius viene rappresentato, tutti gli inferiora devono essere rappresentati simultaneamente ? Se tutti gli inferiora sono rappresentati simultaneamente non c'è un tempo (nel senso di serie successiva di momenti) in cui il superius viene rappresentato, in quanto anch'esso viene rappresentato simultaneamente.
  12. Meinong distingue tra complessi (ordinati) e insiemi(non ordinati) , ma trascura il fatto che qualsiasi rappresentazione dà sempre un complesso e quindi non ci sono rappresentazioni degli inferiora che non danno un superius. Del resto l'insieme è solo la classe non rappresentabile (ma solo pensabile intensionalmente) di tutti i complessi ottenibili con gli elementi dati.
  13. La distinzione tra "rappresentare contemporaneamente" e "rappresentare come contemporanee" reggerebbe se non si dovesse nel frattempo decidere a quale dei due tempi si conforma il tempo del contenuto (al tempo dell'atto o a quello dell'oggetto ?) ? Perchè a tal proposito Meinong presenta il tempo della rappresentazione come unitario senza prevedere la problematicità di tale assunto ? Se l'oggetto fosse unico, il tempo del contenuto potrebbe tranquillamente essere diverso dal tempo dell'oggetto. Ma quando gli oggetti sono di più e bisogna individuarne la successione, tempo dell'oggetto e tempo del contenuto dovrebbero coincidere, pena l'errore cognitivo. E Meinong sta forse parlando della rappresentazione mancata ? Non sembrerebbe.
  14. Non vale nulla distinguere tra tempo dell'atto e tempo dell'oggetto, giacchè bisognerebbe spiegare quali sono le condizioni di possibilità della differenza tra tempo dell'atto tempo dell'oggetto. Com'è che si può percepire nello stesso tempo un processo che si realizza in una successione di tempi diversi ? Ogni percezione è mistica ?
  15. La possibilità di formare un atto di coscienza unitario con contenuti di coscienza distribuiti nel tempo va ontologicamente spiegata riflettendo sul rapporto tra tempo (molteplicità) ed Eternità (unità) . Altrimenti l'aporia del rapporto tra relazioni temporali e percezione puntuale si ripresenta nella relazione tra tempo di presenza (molteplicità di momenti e contenuti) e unitarietà dell'atto di coscienza. La percezione di un fatto temporale trattuale presuppone il carattere temporale della rappresentazione (l'atto) ma il carattere sovratemporale del contenuto (oggetto eterno).
  16. Circa il rappresentare e il giudicare "tutto in una volta", questo potrebbe presupporre l'isomorfismo tra rappresentazione e giudizio, per cui il rappresentare avviene a livello di linguaggio-oggetto, mentre il giudizio si verifica a livello di meta-linguaggio. Al tempo stesso rappresentare ciò che rappresento "tutto in una volta" potrebbe invece essere meglio detto come "rappresentare tutto in una volta (intensionalmente a livello metalinguistico) quel che a livello di linguaggio-oggetto rappresento in maniera estensionale (distribuita)". Così pure giudicare ciò che giudico "tutto in una volta" potrebbe essere meglio detto come "giudicare come termine (a livello metalinguistico) quello che a livello di linguaggio-oggetto è un'intera proposizione".
  17. Contrapporre ciò che è a ciò che fu o a ciò che sarà vuol dire confondere ciò che è con ciò che è presente spazio-temporalmente. Inoltre come può Meinong, ammettendo questo assunto, ipotizzare una differenza tra tempo dell'atto e tempo dell'oggetto ? Come sarebbe possibile il ricordo se in un certo qual modo esso ricordo non è una forma di percezione ?
  18. Meinong parla poi del percepire introducendolo di soppiatto quando dice che quel che vale del giudicare in genere vale anche del percepire in particolare. Ma in questo modo egli non identifica rappresentare e giudicare, rappresentare e percepire ed infine percepire e giudicare ? E se è così e se non si può percepire ciò che è, non si può nemmeno rappresentare ciò che non è....
  19. Da un lato Meinong distingue nettamente "ciò che è" da "ciò che fu" e da "ciò che sarà", ma poi egli vuole dare a 'ciò che è' una durata, altrimnenti non sarebbe reale, ma solo ideale. In tal modo si arriva al dissolvimento agostiniano del tempo o nell'ammissione che 'ciò che è' ricomprende nell'istante atemporale 'ciò che fu' e 'ciò che sarà'. Solo ciò spiega perchè si possa avere conoscenza istantanea della durata (e dell'eterno). Per cui dire, come fa Meinong, che si percepisce solo ciò che è (presente) ora, non ha senso in quanto 'ciò che è' non si riduce mai a 'ciò che è ora'.
  20. Qual è la differenza tra il punto ingenuamente considerato e il punto isolatamente considerato in sè ? Se qualcosa esiste là dove è il punto, perchè il punto non esiste ? Il tratto si interrompe ? E come infiniti punti solo sussistenti danno luogo a qualcosa che esiste ? In realtà l'idealità del punto è epistemica (non possiamo arrivare al punto) ma non ontologica (il punto esiste) .
  21. Sulla tesi di Schumann circa il tempo va steso un velo pietoso, perchè affermata così senza spiegazione è insostenibile. Meinong giustamente argomenta circa l'esistenza di diversi ordini di esistenza. In realtà non si tratta di distinguere tra tempo del giudizio e tempo dell'oggetto, ma di considerare, dal punto di vista dell'esistenza, le relazioni temporali come se fossero relazioni spaziali e così il passato come "A sinistra di...", il futuro come "A destra di..." e il presente come "Di fronte a....". Insomma le relazioni temporali come relazioni topologiche rispetto alla coscienza.
  22. Con la teoria dei mondi possibili forse si può considerare percezione anche la memoria fallace : essa percepisce eventi passati in mondi possibili simili ma non identici al nostro mondo possibile. Perciò essa è pragmaticamente fallace, ma comunque si riferisce ad entità esistenti e ad eventi accaduti.
  23. Ritengo che il contenuto sia eterno anche se l'oggetto è fugace (oggetti eterni di Whitehead) , mentre nel caso degli oggetti indistribuiti è l'oggetto ad essere costante, giacchè cambiando impercettibilmente non è mai lo stesso oggetto (cioè non è mai completamente identico a se stesso nel corso del tempo in cui permane).
  24. Meinong vuole forse dire che l'esistenza del percepito è condizione oggettiva della percezione o che il percepito (con un'azione specifica) causi la percezione ? Se si tratta del secondo caso, cosa lo rende certo di questa tesi ? Una visione fisicalista ? Inoltre in questo caso, se noi vediamo una stella adesso estinta che secondo la fisica odierna ha causato la nostra percezione, che ne è di questa tesi di Meinong ? Infine una cosa passata dal momento che è esistente (in una certa accezione) perchè non può essere percepita, senza porre tante condizioni e limitazioni ?
  25. Meinong torna poi alle sue involuzioni aporetiche. Infatti : a) come può un oggetto costante essere indistribuito ? Si tratterebbe di una contraddizione in termini. b) Due punti, dal momento che costituiscono una realtà ideale, si possono appaiare ? c) Un appaiamento per più punti non comporta un appaiamento per un sia pur piccolo tratto ? d) Un giudizio che si debba estendere per la stessa durata temporale dell'oggetto non contraddice la tesi dell'autonomia del tempo dell'atto dal tempo dell'oggetto ?
  26. Meinong sembra poi giustamente abbandonare la tesi della contemporaneità tra percepito e percezione, ma a questo punto dovrebbe aggiungere che anche questa è una prova (o almeno un indizio) del fatto che il reale non si riduce al presente (la stella morta brilla ancora in cielo e dunque in un certo senso continua ad esistere). Accettando l'idea del tempo di presenza di Stern egli accede ad un' idea di oggetto esteso nel tempo (evento?) che andrebbe collegato all'epistemologia di Whitehead.
  27. Che l'unità non implichi necessariamente la percezione non vuol dire che la percezione non sia una forma di unità e che dunque l'unità non si predichi della percezione. L'argomento di Meinong dunque non è cogente.
  28. Il presente non è l'istante e c'è un presente tense e un present progressive, per cui forse l'accezione di presente al treno che passa è diversa da quella di presente relativo al fischio della locomotiva. Si parla inoltre anche di presente storico che può inglobare anche qualche decennio.
  29. Perchè se percezione (l'unione di atto e contenuto nella rappresentazione ?) e percepito sono contemporanei, atto e contenuto non devono esserlo ? Al contrario solo se percezione e percepito sono asincrone allora ci può essere una discrasia tra atto e contenuto di una rappresentazione (se il contenuto ad es. tende a seguire il percepito). Quali sarebbero poi i limiti del tempo di presenza ? In realtà non ci sono limiti prestabiliti, come si può desumere dall'esempio del treno che passa.
  30. Se la melodia si può percepire solo quanto ai suoi elementi, allora non si percepisce la melodia. Inoltre la complessione non corrisponde alla relazione, ma al complesso carnapiano. Infine i complessi esistono allo stesso modo dei loro elementi, mentre le relazioni hanno un livello proprio di realtà. Ed ancora ammettendo pure che la relazione non sia percepita, questo non vale per le complessioni (intese come complessi carnapiani) che possono ad es. coincidere con fenomeni materiali.
  31. I suoni verbali sono oggetto di sensazione, mentre la percezione fa riferimento al sinn delle parole, dal momento che essa è applicazione del pensiero. Il fatto è che la percezione è lo strumento con il quale già si trascende l'attimo fuggente attraverso l'evidenziazione di strutture di senso. la possibilità di attingere ad un'evidenza mediata è un forte indizio di questa facoltà, che i Neopositivisti non riconoscendo, han bisogno di spiegare con la riduzione della conoscenza analitica a tautologia.

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Tuesday, February 20, 2007

Meinong e gli oggetti della percezione interna

Meinong parla poi della possibile obiezione secondo la quale gli oggetti di ordine superiore non potrebbero essere reali perchè non attestabili dalla percezione interna.
Meinong dice a tal proposito che:
  • Con questo criterio molti altri oggetti supposti esistenti potrebbero essere oggetto di dubbio, ad es. nel caso di un campanile, come la percezione interna può rapportarsi con gli oggetti esteriori ? E come il campanile, inteso come oggetto immanente, o meglio come contenuto della rappresentazione, può essere considerato reale ?
  • Oggetto della percezione interna sono gli oggetti o i contenuti rappresentativi, ciò su cui giudico o il giudizio, il desiderio o ciò che desidero. La percezione interna porta alla nostra conoscenza oggetti fisici e sentimenti, ma non sensazioni, che sono invece i mezzi con cui percepiamo e su cui forse non possiamo retrospettivamente riflettere. E siccome i sentimenti si possono confondere con le sensazioni , gli oggetti fisici sembrano essere i referenti ideali della percezione interna. Non è lo psichico ad essere percepito internamente, ma la percezione interna ci informa con certezza che viene rappresentato proprio un certo oggetto fisico. C'è comunque la possibilità di una tesi psicologista per cui a fondamento degli oggetti fisici c'è un'esistenza psichica propria delle rappresentazioni.
  • La gnoseologia , cioè lo studio come oggetto della conoscenza di quel che è un mezzo di conoscenza , è una disciplina problematica. Percepito ad es. è ciò che viene conosciuto immediatamente ed al presente, ma l'idea di contemporaneità è aporetica (la stella che percepiamo potrebbe già essere estinta). La percezione interna ha un contenuto psichico ed ha come peculiarità la dimensione psichica della certezza e dell'evidenza, ma tale certezza si ha solo nel caso limite della coincidenza di percepito e percezione, mentre negli altri casi c'è solo approssimazione della percezione. La percezione interna coinvolge anche la percezione come suo oggetto e proprio per questo nel valutare la percezione interna abbiamo bisogno della percezione interna, generando una sorta di circolo vizioso.
  • La memoria invece non stabilisce nulla. E' sempre un giudizio attuale che stabilisce cosa si ricorda. Io ho conoscenza della presenza del mio giudizio mediante la percezione interna. Non c'è differenza reale tra percepire e giudicare . Percepire qualcosa e lasciare in sospeso l'esistenza del percepito è un non-senso. Noi non percepiamo solo gli oggetti come obietti immanenti, ma percepiamo anche la connessione tra obietti immanenti e l'atto di giudizio che ad essi si riferisce.
  • Il giudizio è intimamente collegato con il suo oggetto e non separabile da esso. Ad es. se mentre nella chiesa accanto suona mezzogiorno e io penso che oggi per posta non ho nessuna lettera, sono sicuro che il giudizio negativo non concerne il suono dell'ora, ma il recapito postale. E sbaglia Schumann a dire che la percezione interna non fa riconoscere che il giudicato è incluso nel giudizio e che mostra solo che la rappresentazione del giudicato causa il giudizio. Nel momento in cui si prova desiderio, si sa anche certamente cosa si desidera e la relazione tra il desiderare ed il suo oggetto. Questo è sapere percettivo interno.
  • Negare di poter percepire la rappresentazione è un non-senso, in quanto gli oggetti di rappresentazione immanenti (tipo la Troia omerica) hanno solo un'esistenza nella rappresentazione, una pseudo-esistenza non percepibile (perchè ciò che è percepibile è esistente), conoscibile solo con la mediazione di un qualcosa che esiste realmente e questo qualcosa è la rappresentazione. Quando con l'ausilio della percezione interna, noi conosciamo la pseudo-esistenza di un obietto immanente, ci troviamo di fronte ad una pseudo-percezione di questi obietti e la percezione effettiva è quella interna di una rappresentazione correlativa. Meinong comunque afferma che il rappresentare, il giudicare, il sentire sono accessibili alla percezione interiore che apprende fatti psichici per diretta empiria.
  • I pseudo-oggetti sono in parte identificabili con gli oggetti di ordine superiore. Gli inferiora di un dato superius ad una prima occhiata possono essere sia discreti che connessi l'un l'altro. Schumann obietta che il continuo non ha infinite parti, bensì non ne ha nessuna (è indiviso). Infatti una superficie di colore uniforme è per la percezione interna un'unità completa le cui parti sono da considerarsi fittizie. Dunque continua Schumann in tali casi, mancando gli inferiora, non si può parlare di oggetti di ordine superiore. Ma (osserva Meinong) è possibile trarre continuità da elementi discreti (una melodia da uno spartito di singole note) e discretezza da una linea continua (si pensi ad una linea spezzata). Dunque i limiti tra continuo e discreto non sono così rigidi.
  • Bisogna capire (continua Meinong) come tale obiezione di Schumann definisce il predicato "unità" che essa attribuisce al continuo. Bisogna distinguere da "uno" inteso come numero da "uno" come sinonimo di "unitario". Bisogna altresì distinguere l'unitario in cui non vi si trova pluralità e che dunque si fonda sulla semplicità e l'unitario che non esige il trattamento come unità, benchè lo consenta. In questo secondo caso l'unità si fonda sul fatto che una pluralità di momenti oggettuali si unisce in un tutto per ragioni di coesione o per la volontà del soggetto (dunque anche senza una ragione).
  • Distinguendo la semplicità come caso limite, l'essere unità è proprio della pluralità e dunque ogni unità è pluralità o complessione, mentre ogni pluralità deve essere anche unità, perchè il pensiero della pluralità comprende gli elementi della pluralità in un'unica complessione ed una totalità può ben essere un'unità di un computo (a tal punto è unitaria) Non c'è inoltre nulla di strano nel fatto che due diverse specie di conteggi possono avere risultati diversi : chi conta gli elementi ne può trovare molti laddove altri ne vedono uno solo. Dunque l'obiezione di Schumann è rilevante se e solo se si intende per unità il caso limite della semplicità.
  • Ma al continuo si deve attribuire la semplicità ? In realtà le parti sono unità come il tutto che esse formano. Inoltre nel caso in cui siano a loro volta formate di parti, queste ultime devono essere coese più strettamente che altre. Infine la divisione di un tutto in parti-A produce una coesione molto forte nelle parti-B che compongono a loro volta le parti-A suddette. Avere parti non equivale ad essere diviso in parti, giacchè un oggetto composto ha parti, ma non è diviso in parti.
  • Si può dire poi che ha parti anche ciò che è solo divisibile ? Sembrerebbe di sì, perchè ciò che è divisibile non può essere semplice e ciò che non è semplice ma complesso, pare debba avere parti. Quanto è divisibile deve includere in sè materia suscettibile di diversificazione. Tale diverso contenuto in esso non è detto si debba separare in unità naturali, giacchè in tale caso c'è divisione e non semplicemente divisibilità. Si può poi parlare di parti di un differenziato che non si divide in unità di livello inferiore ? Sembrerebbe di no.
  • Si deve distinguere tra elementi indeterminati ed elementi determinati che sono quelle unità che si separano le une dalle altre in virtù della loro natura e che in relazione al tutto da esse formato si dicono parti. Ogni unità indivisa può essere semplice, ma può anche non esserlo, potendo essere una complessione di elementi indeterminati. In un'unità indivisa non semplice non si possono determinare gli elementi perchè altrimenti si dividerebbe l'unità sino a quel punto indivisa. Ciò può essere compensato dalla consapevolezza che quella determinazione è soggettiva. Dato il ragionamento fatto, elementi indeterminati non possono mai essere semplici, perchè in essi l'interni ( es. le parti interne) non si differenzia dall'esterno (es. le parti esterne). Nel caso della semplicità invece la differenza tra interno (omogeneo) ed esterno (eterogeneo) è forte. A sua volta ogni elemento indeterminato è di nuovo una complessione di elementi che a loro volta possono essere determinati o indeterminati.
  • Un mucchio di mele ha una bassa coesione interna : esso può essere diviso in molti modi (in gruppi di 2 , di 3 , etc.). Insomma i suoi elementi a certi livelli sono indeterminati, per quanto alla base diventano determinati (singole mele ad es.). In altri casi l'indeterminazione non ha un punto di arrivo, ma rinvia sempre ad altri elementi indeterminati. In tal caso il passaggio dal divisibile al diviso si compie mediante un'immissione di discontinuità prodotta con l'ausilio di dati desunti da altri continua. Ad es. una superficie quadrangolare non si può rendere discontinua con nessun mezzo spaziale, ma solo con l'aiuto di una discontinuità cromatica (colorando una metà della superficie in giallo e l'altra in blu).
  • Si può concludere che le infinite suddivisioni a cui si possono assoggettare i continua sono sempre importate in essi. Questo non è un ostacolo al processo di fondazione in quanto l'unità naturale che spetta ad ogni continuo non implica necessariamente la sua semplicità e se gli elementi determinati risultano fittizi, tuttavia gli elementi determinati risultano fittizi, tuttavia gli elementi indeterminati di un continuo esibiscono nei confronti della fondazione risultati del tutto affini a quelli degli elementi determinati.
  • Si possono ipotizzare anche pseudo-continua (come sarebbero quello cromatico e quello sonoro), dove ci sono punti subliminali ed in questo caso le difficoltà sollevate da Schumann non hanno rilevanza. L'accusa di Schumann per cui non si tiene conto del fatto i complessi non sono semplici somme, ma totalità unitarie, non è un'accusa vera, ma si può considerare un caso di fondazione gli oggetti designabili come fondanti e formanti un tutto unitario e che d'altro canto ci possono essere complessioni di tipo molto diverso.
  • Schumann sembra proporre che la relazione non sia percepita ma sia semplicemente inferita da rappresentazioni ordinarie. Ma una melodia che un ascoltatore può immediatamente identificare non è un insieme percepito di relazioni ? Il presupposto di Schumann è che le totalità sono solo gruppi di qualità e che non vi deve essere rappresentazione particolare di una relazione o di un oggetto di fondazione e di oggetti che si risolvono in comparazioni di oggetti reali. Ma sarebbe in questo modo impossibile spiegare come so che c'è una relazione qualsiasi, giacchè escludendo una rappresentazione specifica di essa, potrei pensare solo ad una rappresentazione indiretta che, come tale, si compie per mezzo di rappresentazioni relazionali (si veda a tal proposito la critica a Hume)
  • A chi come Schumann potrebbe dire che i due oggetti più la parola che mi serve per indicarli costituiscono già la complessione (senza dover pensare ad una relazione oggettiva). Ma obietti e parole dovrebbero essere pensati come collegati. E cosa li collegherebbe ? La strategia nominalistica (associare una nuova parola) porterebbe ad un regresso ad infinitum. Il rifiuto di considerare la relazione un nuovo elemento è la ragione profonda della tesi di Schumann. E' vero che una melodia di quattro note non è una quinta nota. Tuttavia la melodia è un altro oggetto (di ordine superiore). Schumann pensa che l'oggetto di ordine superiore alla fine sia allo stesso livello degli oggetti che mette in relazione : ed in ciò sbaglia. Ciò che si aggiunge è la relazione che coincide con la complessione : "rosso, verde e diversità" non sono "diversità tra rosso e verde" nè sono la complessione corrispondente. Tuttavia quale che sia la spiegazione (anche nominalistica) c'è un qualcosa che si aggiunge ai plura nel metterli in relazione.
  • Se è presente un superius, sappiamo anche quali inferiora vi appartengono. La percezione interna non è percezione dell'interiorità, ma percezione dei qualia : ciò che si vede è l'azzurro del cielo. Mentre i qualia che fanno riferimento ad oggetti esterni sono più o meno permanenti, quelli psichici sono molto più fugaci. Quando si pensa agli oggetti di ordine superiore (es. la diversità) si pensa a qualcosa, ma non appena si tenti di afferrare la natura di questo qualcosa, questo svanisce (ciò è collegabile alla fugacità percettiva). Essi sono immediatamente percepibili, ma non sono definibili. Gli oggetti di ordine superiore non sono in quanto tali percettivamente fugaci. Vanno distinte complessioni con elementi non analizzati che non sono percettivamente fugaci in quanto forniscono alla relazione qualcosa della loro persistenza percettiva (ad es. una figura delimitata in maniera continua) e complessioni dove le relazioni vengono rappresentate esplicitamente e saranno dunque percettivamente fugaci

Le considerazioni che si possono fare su queste tesi di Meinong sono :

  1. L'obiezione di cui parla Meinong è forse quella di Hume : esistono le impressioni, ma le relazioni tra di esse sono soggettive. Meinong poi vede la contraddizione tra l'evidenza del dato e la sua impossibilità ad essere condiviso scientificamente.
  2. Cosa intende Meinong per percezione interna ? La percezione privata ? La percezione fenomenologica, quella solo nostra ?
  3. Meinong ripropone una dicotomia tra due tesi che si escludono plausibilmente a vicenda : un materialismo che nega la realtà delle rappresentazioni psichiche (materialismo eliminativista ?) ed un idealismo che considera reali solo le rappresentazioni.
  4. Nel rifiutare la differenza sostanziale tra percepire e giudicare Meinong è agli antipodi da Russell.
  5. Le due percezioni (degli oggetti immanenti e della loro relazioni con l'atto del giudicare) non dovrebbero essere contemporanee, ma successive.
  6. Non è possibile il desiderio di un oggetto vago ?
  7. Meinong incorre in un aporia : se la mia percezione è una pseudopercezione, il giudizio e la percezione si ritrovano ad essere separati e questo egli lo ha in precedenza negato. Inoltre Meinong non chiarisce se per rappresentazione egli intenda un atto o un contenuto. Nel primo caso l'atto andrebbe percepito insieme al suo contenuto (come già asserito da Meinong) . Nel secondo caso tale contenuto percettivo perchè non sia considerato esistente deve implicare la separazione tra giudizio e contenuto del giudizio : come intuisce anche Frege il giudizio negativo è interno e subordinato al giudizio esistenziale affermativo in quanto implicitamente lo presuppone. Nel considerare giudizio ed oggetto intimamente legati, Meinong deve subordinare il giudizio negativo al giudizio affermativo giacchè il pensare l'oggetto presuppone l'esistenza dell'oggetto stesso, condizione di possibilità della sua pensabilità.
  8. Percepire internamente la rappresentazione di un oggetto percepito internamente (es. ricordato) equivale a percepire l'apparenza (il momento) metalinguistico dell'oggetto che si sviluppa dialetticamente dall'apparenza a livello del linguaggio oggetto. Il passato altro non è che un paio di virgolette.
  9. L'apparenza metalinguistica dell'oggetto, essendo anche altro dall'oggetto linguistico immediato, è a sua volta un oggetto linguistico immediato, se visto astrattamente dalla relazione con il primo.
  10. L'identificazione degli pseudo-oggetti immanenti con gli oggetti di ordine superiore spiega la critica empirista agli oggetti metafisici e la fa in parte propria, ma individua al tempo stesso di questi oggetti il livello proprio di esistenza, depurato forse da istanze religiose, ma reso logicamente più trasparente.
  11. Il fatto che il continuo non ha parti ed ha infinite parti è un caso di coincidentia oppositorum. Seppure le parti si possano ricavare artificialmente o idealmente. esse sempre parti sono, nel senso che l'oggetto considerato ha proprietà tali da essere condizioni di possibilità di una divisione in parti sia essa reale, ideale o artificiale. Dunque l'obiezione di Schumann non ha basi.
  12. C'è un'unità metafisica di fondo che è condizione di possibilità dell'unificazione arbitraria della pluralità da parte del soggetto.
  13. Manca l'equivalenza tra "avere parti" e "essere diviso in parti" solo se si intende "essere diviso in parti" come un'operazione materiale in cui un qualcosa di unitario ad un certo livello percettivo, viene ridotto a molteplicità a quello stesso livello percettivo.
  14. Divisione si ha quando la percezione delle unità separate naturali è dominante rispetto alla percezione del tutto. Altrimenti anche se ci sono unità naturali ma ancora connesse, siamo a livello di mera divisibilità.
  15. Le parti separate rischiano di non essere più parti di un tutto. Le parti hanno senso quando sono connesse in un tutto che per questo motivo è in sé differenziato.
  16. Un'unità divisa è una pluralità ?Un'unità indivisa non può essere una complessione di elementi determinati ma identici tra loro ? Il fatto che gli elementi determinati dividerebbero l'unità è comunque un effetto prospettico : la determinazione delle parti metterebbe in primo piano la loro molteplicità e rimuoverebbe la totalità che le comprende, ma se si cambia prospettiva la totalità sarebbe ricomposta. Molto dipende dal fatto se fenomenicamente e/o materialmente la totalità rimanga o meno. In quest'ultimo caso si determinerebbero le parti (es. del corpo umano) , ma la totalità (il corpo) rimarrebbe indivisa e funzionante.
  17. Se gli elementi suddetti sono indeterminati solo cognitivamente, essi possono benissimo essere semplici ed omogenei in se stessi. Se poi sono indeterminati ontologicamente, in prima istanza essi sono indistinguibili dal contesto esterno, ma in seconda istanza sono ben distinguibili (a meno che il contesto esterno non sia anch'esso indeterminato) ed inoltre l'eterogeneità infinita interna ad essi ha come risultante l'omogeneità (coincidentia oppositorum). Se infatti l'eterogeneità interna agli elementi indeterminati non fosse infinita, essa sarebbe descrivibile e gli elementi non sarebbero più indeterminati. Inoltre un elemento indeterminato che sia una complessione di elementi determinati non è anch'esso determinato ? L'unica possibilità in questo caso è un'infinità positiva di elementi determinati che hanno come risultante l'indeterminato .
  18. L'indeterminazione evidenziata da Meinong a proposito del mucchio di mele non si riferirebbe agli elementi (che sono le mele e sono determinate), ma ai sottoinsiemi degli insiemi di mele. Per quanto riguarda la superficie quadrangolare, la discontinuità cromatica non costituisce la discontinuità spaziale, ma la evidenzia solo percettivamente. La discontinuità spaziale può essere inferita come esistente dal fatto che la superficie spaziale può essere divisa in sezioni sempre più piccole e metricamente misurabile con strumenti spazialmente connotati e graduati (es. un metro).
  19. Sarebbe interessante chiedersi come è possibile importare infinitamente suddivisioni nei continua ! Questo Meinong non lo spiega e non chiedendoselo dà ragione a Schumann quando questi parla di parti fittizie. Ma che differenza c'è tra elementi indeterminati ed elementi importati ? E se la differenza è nulla, come possono elementi importati (parti fittizie) fondare le totalità che essi non costituiscono per davvero ?
  20. Schumann fa male a negare che il tutto unitario sia formato di parti e Meinong fa male a pensare che un tutto formato di parti sia formato di parti numericamente finite.
  21. Meinong chiama percezione interna quella che Schumann chiama probabilmente riflessione inferenziale. Entrambi hanno una parte di ragione : proprio la natura unitaria di un tutto fa' sì che , sotto quest'aspetto, esso sia oggetto di intuizione e percezione. Al tempo stesso altra può essere la percezione interna di un'immagine fantasticata, altra quella di una totalità di fattori sensoriali. Anche se forse bisognerebbe riconsiderare del tutto il carattere interno e particolaristico di una cosidetta percezione interna ! Qui si vede il legame tra il dualismo percezione/interpretazione, quello interno/esterno e quello linguaggio/metalinguaggio. Dunque l'appropriazione dello psichico da parte dell'"Io" è stata una colonizzazione ?
  22. Meinong dice giustamente che se l'unitarietà di una melodia è rappresentata, la rappresentazione a sua volta è rappresentata (regresso ad infinitum) o è percepita ? E la rappresentazione è un che di semplice o di complesso ? E la causazione è inferita o intuita ?
  23. Meinong giustamente mostra l'intima contraddizione delle tesi che soggettivizzano le proprietà degli enti, ed alle dicotomie già unificate si aggiunge quella soggettivo/oggettivo o apparente/reale. Meinong aggiunge giustamente che chi, come Schumann, parla di causalità obiettiva, non può negare l'assunzione di particolari rappresentazioni relazionali. Attraverso Schumann, Meinong continua la sua personale polemica con Hume.
  24. Il nominalismo risparmia entità oggettive ed aumenta proporzionalmente il numero di entità strumentali. Dunque non rispetta quel criterio di economia che vorrebbe porre al centro dell'attenzione filosofica.
  25. Quando da categorie più specifiche si passa a categorie della massima estensione (es. "oggetto" che sta per "ente") , anche se da un certo punto di vista gli oggetti sono ordinati gerarchicamente, essendo però essi tutti "oggetti", da un altro punto di vista essi sono tutti sullo stesso piano (quello dell'Essere).
  26. In realtà noi percepiamo il superius concretizzato negli inferiora, mentre se guardiamo solo al superius, sono allora infiniti gli elementi della classe di inferiora in cui esso si può concretizzare.
  27. Parlare di percezione interna nel caso dei qualia può essere fuorviante. Il carattere di permanenza proprio dei qualia riferiti ad oggetti esterni può essere una conseguenza delle proprietà di tali oggetti esterni. Invece l'indeterminazione degli oggetti di ordine superiore non si collega tanto alla fugacità della percezione interna, quanto alla semplicità ed alla indefinibilità di alcuno oggetti logici quali le relazioni. L'immediata percepibilità di questi oggetti logici è un prodotto di sedimentazione culturale o di istinto legato alla vita animale (a qualia differenti comportamenti differenti) ?
  28. Meinong compara, non si sa quanto legittimamente, rappresentazioni percettive dove le relazioni sono desumibili ma non percepibili immediatamente (tipo le linee continue dove quello che è percepibile in maniera persistente è la complessione ma non la relazione) a relazioni in cui i termini possono anche essere astratti o immaginari. La mia tesi è che gli oggetti di ordine superiore sono indefinibili e poco percettibili se in evidenza sono i termini di una relazione (nel caso ad es. i termini siano sense-data oppure oggetti materiali) . Gli oggetti di ordine superiore sono invece obiettivabili se i termini ad es. di una relazione sono messi in secondo piano ad un livello metalinguistico (ad es. in una implicazione).

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Sunday, February 18, 2007

Complessioni e relazioni in Meinong

Meinong tratta poi di complessioni, collettivi e relazioni. Egli dice:

  • Una complessione è più che il collettivo degli elementi. Se x e y formano una complessione, esse sono parti di un tutto e cioè esse devono avere un nesso che le rende parti di un tutto e dunque esse sono elementi di una complessione grazie ad una relazione R esistente tra di loro
  • Se x e y stanno reciprocamente nella relazione R, questo non può voler dire che accanto ai dati x e y assoluti ci sia un altro dato R che forma un collettivo con essi. Piuttosto x e y appartengono ad un tutto per mezzo della relazione R in cui stanno. Se dunque tra x e y sussiste una relazione R, con ciò è data una complessione tra i membri della relazione presi come elementi e chi voglia rappresentare x e y nella relazione R, non può farlo altrimenti che rappresentandoli in complessione.
  • Non è la coincidenza di due stati di fatto ( in virtù dell'identità dei singoli membri della complessione con i singoli membri della relazione ) connessi tra loro per legge di natura, ma autonomi logicamente l'uno dall'altro. Meinong giustamente dice che la relazione è parte costitutiva della complessione (totalità) . Questo rapporto di parziale identità e reciproca non indipendenza si può chiamare "coincidenza parziale".
  • Il collettivo è un complesso di insieme e cioè un peculiare oggetto di ordine superiore. Chi ha la rappresentazione " 4 noci " ha una rappresentazione diversa da chi ha quattro rappresentazioni di "una noce". Il complesso è un oggetto composto da più oggetti.
  • Sia la relazione che la complessione sono considerate giustamente indipendenti dalla rappresentazione. La relazione è la complessione (totalità) considerata dal punto di vista dei membri o meglio la complessione è la relazione presa insieme con i due membri. La complessione non è solo la relazione + i membri (questa sarebbe infatti il collettivo di x, y ed R).
  • In realtà x e y stanno rispetto ad R in una relazione R1 (x) ed R2 (y). E quanto si è detto di x, y, ed R lo si può dire anche di x, R e R1 o di y, R, R2. Per apprendere x e y nella relazione R bisognerebbe (se questa apprensione avvenisse attraverso la sola rappresentazione) rappresentare anche x, R e R1 e così all' infinito.
  • Per apprendere complessioni (totalità) è necessario qualcosa di più che il rappresentare, ma è necessaria l'assunzione ed il giudizio.
  • Se il principio di coincidenza parziale vale per R, deve giustamente valere anche per R1 e R2 e tutte le rimanenti infinite relazioni implicate nel concetto di complessione (totalità). Anche se in ogni totalità spetta un significato molto più spiccato alla relazione R che non ad R1 ed R2
  • Le relazioni che una complessione include in sè, per quanto essenziali, non contano mai come suoi elementi, ma al di fuori di R, nella suddetta serie infinita, non si trova alcuna relazione tale da non annoverare tra i suoi membri almeno una di quelle relazioni.
  • Anche le relazioni tipo R1 e R2 hanno le loro complessioni coincidenti, quelle cioè nei cui confronti esse sono relazioni principali (ad es. R1 coincide con una complessione formata da x ed R)
  • Nel caso di una complessione con x, y e z, questa non sussiste immediatamente, ma prima come complessione tra due complessioni di ordine inferiore (x e y) e (y e z) facendo coincidere la prima con R1 e la seconda con R2, mentre poi nella stessa complessione iniziale (x, y, z) corrisponde una relazione R tra le due complessioni inferiori suddette prese come membri.
  • L'inserimento di complessioni tra la complessione data e gli elementi dati è artificiosa rispetto all'esperienza. Ad es. immaginiamo che data una pluralità di sei elementi, chi vorrebbe credere che ogni volta si uniscono prima a due a due gli obietti in una complessione e poi due per volta le tre coppie ottenute, le quali solo allora costituiscono gli inferiora immediati del contenuto della complessione "sei"? Non è insomma vero che una relazione abbia bisogno di due membri e non possa sussistere con un membro solo o più di due membri.... Per rappresentare sei cose come "sei" di numero, le si può pensare in una complessione che essenzialmente è caratterizzata da un'unica relazione in cui i sei oggetti vengono pensati connessi tra loro.
  • Erdmann sostiene che se si vuole rappresentare A e B in relazione tra loro, sia A che B devono essere dati alla coscienza, ma il mettere insieme da parte della coscienza non implica necessariamente una coscienza del mettere insieme. Quest'ultima si ha solo quando tratteniamo ciascuno dei contenuti nella coscienza (e così si instaura la relazione) : la relazione si ha anche quando i due oggetti esternamente sono lontani l'uno dall'altro nello spazio. Dunque (afferma Meinong) tale tesi conferma la necessità di distinguere tra collettivo (il mettere insieme della coscienza) e complessione (la coscienza del mettere insieme).
  • Nel collettivo l'unità della molteplicità è generica e non determinata, mentre nella complessione è determinata. Il collettivo è un complesso ideale, una mera compresenza di contenuti senza una connessione reale, che non sia quella posta dalla coscienza.
  • Va fatta una distinzione tra oggetti reali che per loro natura potrebbero esistere (ad es. un certo libro) ed oggetti ideali che non si possono definire a rigore come esistenti (es. "mancanza") . Si pensi ad es. ad una relazione come la somiglianza che sussiste, ma non esiste. Il numero "4" come ogni altro numero sta nella stessa situazione. L'oggetto reale è percepibile, quello ideale no.
  • Ci sono relazioni reali (rapporti) e relazioni ideali, complessioni reali (complessioni di rapporti) e complessioni ideali. Inoltre la relazione ad es. di diversità tra due colori A e B è diversa da quella di congruenza tra il colore A ed il luogo dove si trova. Tale colore A potrebbe trovarsi anche in un altro luogo e dunque la relazione non è necessaria. Invece la relazione tra i due colori A e B è necessariamente sempre la stessa. Si dice, afferma Meinong in questo caso, che A e B non sono solo membri della relazione di diversità, ma anche suoi fondamenti, data la loro specifica natura. Fondamenti di una relazione sono dunque quegli inferiora che hanno coi superiora un rapporto logicamente necessario. La fondazione fa per gli oggetti ideali quello che la percezione fa con gli oggetti reali. Tuttavia per quanto riguarda la relazione di diversità (superius) discenda necessariamente dai due colori (inferiora), questi possono fondare anche altri superiora, cioè i due colori tra loro possono avere anche altri tipi di relazione (es. A e B sono diversi, ma sono anche "due").
  • Va distinto a tal proposito il percepire dal giudicare . Anche il percepire è un fare, ma gli elementi di base sono dati. Il giudicare invece deve elaborare anche il materiale delle proprie rappresentazioni, volte alla conoscenza della sussistenza di un oggetto ideale.

A queste tesi di Meinong vale la pena fare le seguenti osservazioni:

  1. Per collettivo Meinong intende la mera somma dei suoi elementi ?
  2. La relazione con cui i termini sono parti di un tutto è la stessa relazione che hanno tra loro ? O meglio, la relazione che i termini hanno tra loro costituisce la complessione ?
  3. Meinong nota che x e y, se in relazione R, costituiscono un tutto ed è sbagliato supporre che R sia una terza cosa oltre x e y. Se R fosse intesa atomisticamente si scatenerebbe un regressus ad infinitum della relazione (come aveva già notato Bradley) e dunque una relazione tra due termini presuppone l'ingresso in una dimensione e l'esistenza di una prospettiva olistica.
  4. Per Meinong giustamente relazione e totalità si coimplicano. Il termine coimplicazione è più adatto di "coincidenza parziale" a rendere il carattere logico della relazione tra i due concetti.
  5. Perchè il collettivo non è organico ? Perchè tre elementi tra loro non hanno un rapporto specifico e caratterizzante ?
  6. Meinong dice giustamente che nel regressus ad infinitum non si ravvisa una vera e propria difficoltà teoretica : La situazione è analoga a quella della suddivisione di un segmento che comporta una serie infinita di segmenti sempre più piccoli.
  7. La R è equivalente alla complessione di x e y, mentre la R1 è equivalente alla complessione di x e R. Dunque ogni relazione coincide parzialmente con la complessione che essa costituisce per cui la primazia di R nel regressus ad infinitum è solo apparente o meglio solo fenomenologicamente emergente.
  8. Meinong poi continua a sbagliare dicendo che la relazione R nei confronti delle restanti relazioni assume una posizione di rilievo per il fatto di essere la sola a fondarsi su membri identici agli elementi della complessione in questione. Inutile dire che R1 e R2 non si devono rapportare a xRy. Perciò anche R1 si fonda su membri identici (x e R) agli elementi della complessione in questione che in questo caso è xR1R e non xRy
  9. R è la relazione fenomenologicamente emergente, ma dal punto di vista ontologico le relaizoni debbono essere equivalenti agli elementi, altrimenti non potrebbero essere a loro volta termini di ulteriori relazioni con detti elementi ( ad es. R non potrebbe essere termine di un'ulteriore relazione con x)
  10. Bisogna pensare che per Meinong la relazione R è primaria rispetto alla complessione formata da x e y. Ma se R può essere termine di relazione sia con x che con y, la complessione formata con x e y non è al tempo stesso formata da x, y e R ? E dunque la primalità della R in tal caso non è compromessa ? Forse Meinong direbbe che, poichè ogni relazione implica una complessione (totalità) , la presenza di R come elemento e dunque le relazioni tra x ed R e y ed R costituirebbero altrettante totalità (complessioni) . Ma allora qual è il rapporto tra le totalità (x, R) e (y, R) con la totalità (x, y) ? Questo resta da chiarire.
  11. In realtà le complessioni inferiori, nel caso di una complessione formata da x, y e z, sono tre e non due, dovendosi aggiungere a (x, y) e (y, z) anche (x, z) che Meinong dimentica senza dare giustificazione. Inoltre questa soluzione con tre elementi si applica anche alle complessioni con due termini ed una relazione.
  12. Quella che Meinong chiama complicazione è strutturalmente speculare alla duttilità ontologica dei numeri e delle molteplicità per cui sei elementi si possono dividere in diversi sottoinsiemi (se pensiamo alla sola costituzione additiva) : ad es. (2+2+2), (3+3), (2+4), (1+5) etc. O si pensi alle combinazioni possibili con sei lettere (a,b, c, d, e, f,) ; possono essere (a,b) (a,c) etc etc. Ragione per cui tale presunta complicazione è cognitivamente necessaria ed al tempo stesso ricca di sviluppi. Meinong elaborando quest'argomento ha sfiorato la questione degli insiemi-potenza e degli insiemi-partizione.
  13. Seppure al possibilità di una relazione con un solo termine esista, essa dialetticamente rende questo termine duplicabile in due termini, mentre una relazione tra più membri è divisibile in una molteplicità di relazioni binarie. Per cui è proprietà apriori della relazione il costituire una sintesi di due termini e cioè l'emergenza di un terzo termine a partire da due. La relazione tra 6 oggetti è a sua volta divisibile in più relazioni del tipo già visto alla prop.12.
  14. Il collettivo è la molteplicità, l'esplicazione, l'estensione. La complessione è l'unità della molteplicità, la complicatio , l'intensione. La complessione è il concetto-classe di Russell (anche se non ne ha la generalità) ed è ad un livello logico-linguistico superiore del collettivo.
  15. Erdmann confonde la realtà logico-ontologica (totalità o complessione) con l'apparenza fenomenologico-epistemica (la coscienza) . In questo modo la coscienza del mettere insieme diventa altro dal mettere insieme della coscienza (contrapponendosi come fenomeno a fenomeno), mentre invece bisogna evidenziare il passaggio logico tra un livello e l'altro e cioè la necessità del legame tra collettivo e complessione (molteplicità e totalità), dove il primo presuppone il secondo. Questo legame è difficile ad instaurarsi con l'interpretazione idealistica (o meglio soggettivistica) della dialettica che elabora Erdmann. Questi non tiene conto del fatto che la molteplicità presuppone l'unità della molteplicità. Presentando l'unità come coscienza Erdmann rimuove il rapporto dialettico tra opposti (unità e molteplicità) e lo rende puramente esteriore. Comunque Meinong con questa distinzione parallelamente a Frege e Russell tematizza la pluralità ascensiva dei livelli logico-linguistici.
  16. Meinong confonde l'articolazione e la concretezza con la realtà (o il grado di realtà) come pure l'indeterminazione negativa con l'indeterminazione positiva. Una cosa è la distinzione tra molteplicità e l'unità della molteplicità, altra è la distinzione tra unità astratta del molteplice e unità specifico-determinata del molteplice. Infine l'unità astratta del molteplice non è semplicemente posta dalla coscienza, perchè anzi la coscienza non potrebbe porre niente che non fosse già presupposto. Se fosse la coscienza a porre l'unità astratta del molteplice, non ci sarebbe la dialettica che dal molteplice necessariamente passa all'unità del molteplice. Se il presupposto non fosse antecedente al 'posto', non ci potrebbe essere che un rapporto esteriore ed arbitrario tra collettivo e complessione, senza possibilità di un passaggio o di un'ascesa dall'uno all'altro termine.
  17. Oggetti ideali sono gli oggetti di ordine superiore ?
  18. La totalità è esistente, ma la modalità di organizzazione (la forma) della totalità è solo sussistente.
  19. Chiamerei "rapporti" le relazioni ideali e non le relazioni reali.
  20. Meinong fa l'eco alla distinzione tra rappresentazione e giudizio da parte di Twardowski. Mentre nel percepire gli elementi sono dati, nel giudicare gli elementi sono già dati in quanto metalinguisticamente elaborati. Oggetto del giudizio non è più Carlo, ma "Carlo". E per dare di nuovo concretezza a Carlo c'è bisogno di un'asserzione, che ha al centro l'evento, l'evento che dà vita all'oggetto trasceso metalinguisticamente.
  21. La fondazione può essere assimilata ad una sorta di generazione neoplatonica del tipo di quella che costruisce le figure geometriche come teoremi sulla base di assiomi.

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Meinong e gli oggetti di ordine superiore

Meinong considera poi oggetti di ordine superiore come le relazioni (forse parallelamente ai concetti di Frege e sicuramente ai concetti di Croce) .
  • Esse sono oggetti incompiuti, dipendenti (come le funzioni logiche in Frege). Noi non siamo capaci di concepire il concetto della diversità senza riferirci agli oggetti cui aderisce.
  • Questa funzionalità della relazione rispetto agli oggetti relati è maggiore di quella che ha il colore rispetto alla cosa colorata (o meglio, rispetto all'estensione) . Per Meinong il colore è più isolabile, più cosale di una relazione logica.
  • Per oggetti di ordine superiore Meinong intende gli oggetti funzionali (relativi) ad altri oggetti che vengono detti inferiori. Se c'è un superius ci deve essere un inferius, mentre se c'è un inferius non necessariamente ci deve essere un superius.
  • Nell'ambito degli oggetti di ordine superiore ci sono anche i numeri, intesi non solo come collettivo di oggetti rappresentati, ma come risultato di una numerazione e di un'attività collegante.
  • Oggetto d'ordine superiore è anche ad es. il quadrato rosso (complessione di 'rosso' e 'quadrato') che è una complessione di inferiora.
  • Un primo livello di oggetti superiori sarebbero le cose, ed un secondo livello di oggetti superiori sarebbero le relazioni.
  • All'esperienza è accessibile solo l'apprensione degli oggetti di ordine superiore.

Su queste tesi di Meinong vale la pena fare le seguenti considerazioni :

  1. Gli oggetti inferiori sono oggetti di cui gli oggetti superiori sono funzioni.
  2. La tesi del rapporto tra inferiora e superiora ricorda quella della gerarchia di complessità e concrezione delle opere epistemologiche di Whitehead.
  3. Da un lato il colore potrebbe essere un oggetto di ordine superiore essendo funzionale all'oggetto complesso senza il quale non potrebbe sussistere, mentre d'altro canto lo stesso oggetto complesso sarebbe funzionale agli elementi che lo compongono (le qualità), senza i quali non potrebbe sussistere. Ma allora la gerarchia di Meinong avrebbe un doppio verso ?
  4. L'accessibilità dei soli oggetti di ordine superiore è in sintonia con l'epistemologia di Whitehead e Dewey ?

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Il contenuto in Meinong

Meinong affronta poi il problema della natura del contenuto e dice che
  • Ad un contenuto possono ben appartenere più oggetti (es. le rappresentazioni universali). Pure ad un unico oggetto possono appartenere più contenuti : si pensi alle più rappresentazioni di uno stesso oggetto da parte di più osservatori o di un solo osservatore nell'arco di più momenti nel tempo.
  • Le rappresentazioni di oggetti diversi non possono essere eguali tra loro e ciò per cui sono diverse tra loro è il contenuto della rappresentazione, che è esistente, reale, presente oltre che psichico.
  • Parallelamente a Frege, Meinong distingue tra contenuto ed oggetto (sinn e bedeutung). Il contenuto è ciò che il linguaggio esprime, l'oggetto è ciò cui il linguaggio si riferisce. Però Meinong aggiunge in qualche modo che nel riferirsi agli oggetti, il linguaggio rimuove il contenuto che esprime. E Meinong pensa alla possibilità di un altro approccio più diretto al contenuto.

Su queste tesi di Meinong vale la pena fare le seguenti considerazioni :

  1. Le rappresentazioni generali sono le classi. Meinong raffigura la classe come relazione tra un contenuto e più oggetti. In questo modo spiega sia l'estensionalità (i più oggetti) che l'intensionalità (il contenuto). Egli fa coesistere l'idea platonica (unicità del contenuto e molteplicità degli oggetti) con la cosa in kantiana (unicità dell'oggetto e molteplicità dei contenuti).
  2. La tesi sulla differenza tra rappresentazioni è accattivante ma irrilevante per la mia prospettiva, essendo la rappresentazione una relazione intenzionale di similitudine tra contenuto noematico ed oggetto preso come target. Perciò il contenuto è un oggetto esistente che fa da contrassegno per un altro oggetto.
  3. Il contenuto non è psichico, ma noematico.
  4. Il conflitto potenziale tra linguaggio e contenuto è l'intuizione platonica, di Heidegger, di Wittgenstein, del sea of language di Dummett. Il contenuto è cioè talmente immanente al linguaggio da non essere obiettivabile (essendo messo in funzione dell'oggetto) e da esigere il passaggio attraverso l'oggetto per essere studiato.

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Meinong e la rappresentazione

Meinong, parlando degli oggetti di ordine superiore, affronta il problema della rappresentazione e del suo contenuto. Egli dice che:
  • Non si può rappresentare senza rappresentare qualcosa, come non si può giudicare senza giudicare di qualcosa. Si può rappresentare anche qualcosa che non esiste, così come si può giudicare su qualcosa che non esiste.
  • Gli oggetti non esistenti si possono dividere in A) oggetti contraddittori (quadrato rotondo) ; B) oggetti fattualmente non esistenti (montagna d'oro) ; C) relazioni sussistenti ma non esistenti (uguaglianza 3=3 oppure diversità tra rosso e verde) D) cosa passate o future che non esistono nel presente.
  • E' possibile che esista la rappresentazione, ma non il suo contenuto ? Meinong a tal proposito riprende la tesi della distinzione tra oggetto immanente (contenuto della rappresentazione) e oggetto trascendente (presunto oggetto esterno a cui la rappresentazione si riferisce) .
  • Il sussistere ha un'ambito atemporale, mentre l'esistere si colloca nel tempo. L'oggetto immanente si può chiamare anche pseudo-oggetto. Esso esiste in quanto rappresentato. Così i quanto rappresentati esistono sia la montagna d'oro, sia il quadrato rotondo, il passato e le relazioni.
  • Tuttavia l'esistere nella rappresentazione a rigore non è affatto un esistere o almeno non è un esistere del monte, ma una pseudo-esistenza del monte. A tal proposito Meinong cita una critica di Russell per cui l'estensione puramente rappresentata non è affatto un'estensione giacché un'estensione spaziale non può essere psichica.
  • Meinong rincara la dose e dice che un oggetto immanente alle rappresentazioni esiste in modo così debole che non si sa se si debba parlare dell'oggetto immanente. Ciò che esiste è la rappresentazione con inclusione del suo contenuto. Inoltre per un oggetto non è necessaria l'esistenza.
  • La non identità di oggetto e contenuto emerge non solo quanto alla loro esistenza, ma anche quanto alla diversità della loro natura. Si pensi ad un oggetto passato : la sua rappresentazione è presente e così il contenuto di essa. Inoltre il contenuto di una rappresentazione di un blu non è a sua volta blu.

A queste tesi di Meinong si possono fare le seguenti osservazioni:

  1. Se una cosa non esiste in senso assoluto, come la si può rappresentare ?
  2. Forse il quadrato rotondo è solo pensato, a meno che "rappresentare" non abbia niente a che vedere con la riproduzione di una percezione (in questo caso visiva).
  3. La tesi di Russell sull'estensione è fallace : altrettanto si potrebbe dire che un'estensione percepita non è un'estensione, dal momento che la percezione è, come la rappresentazione, un evento psichico.
  4. Se ciò che esiste è solo la rappresentazione, la rappresentazione non è inclusiva del suo contenuto, altrimenti esisterebbe anche il suo contenuto. Ma allora la rappresentazione a che si riferirebbe ? Di cosa è la rappresentazione ? Se la rappresentazione è rappresentazione di qualcosa, questo qualcosa deve avere uno statuto ontologico minimo.
  5. Duplicare la rappresentazione non ha senso. La rappresentazione è una relazione tra un contenuto noematico-linguistico e un oggetto preso come riferimento. Non esiste una rappresentazione + il contenuto + l'oggetto, ma la rappresentazione è la relazione semiotica tra contenuto ed oggetto. Il contenuto ha alcune proprietà dell'oggetto, ma non tutte, ma viene scelto per la relazione semiotica perchè le proprietà che ha sono magari quelle essenziali per indicare o definire l'oggetto in questione.
  6. L'immagine di un cielo blu si può dire che è blu, giacchè ci sono ambiti di percezione (come quello visivo) più vicini al mentale di altri ambiti (tipo quello tattile)

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Sunday, February 11, 2007

La teoria delle componenti di un oggetto di Twardowski

Compendio della teoria di Twardowski delle componenti di un oggetto.
  • Componenti materiali del primo ordine (parti di un intero)
  • Componenti materiali del secondo ordine (parti delle parti di un intero)
  • Componenti formali primarie o proprietà (relazioni tra parte e intero)
  • Componenti formali primarie di primo ordine (relazioni tra componenti materiali del primo ordine e intero)
  • Componenti formali primarie del secondo ordine (relazioni tra componenti materiali del secondo ordine e intero)
  • Componenti formali primarie di secondo grado (relazioni tra componenti materiali del secondo ordine e componenti materiali del primo ordine).
  • Componenti formali secondarie (relazioni tra componenti formali primarie VEL relazioni tra componenti materiali VEL relazioni tra componenti formali primarie e secondarie VEL tra componenti formali primarie del primo ordine e del secondo ordine)
  • Componenti formali secondarie di secondo ordine (relazioni tra componenti formali primarie di secondo ordine)
  • Componenti formali secondarie di secondo grado (relazioni tra componenti formali primarie di secondo grado)

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Twardowski e la suddivisione delle componenti materiali del contenuto

Twardowski riassume poi le sue tesi dicendo che
  • La divisione delle componenti formali e materiali degli oggetti vale anche per i contenuti delle rappresentazioni in quanto sono oggetti di una meta-rappresentazione. Tuttavia la suddivisione di parti degli oggetti sotto il punto di vista di una rappresentabilità di oggetti indipendenti tra loro o mediante una rappresentabilità reciproca condizionata, presuppone l'esistenza degli oggetti e tale suddivisione non sarebbe applicabile dunque ai contenuti delle rappresentazioni se non fosse che il contenuto della rappresentazione esiste indipendentemente dal fatto che si rappresenti un oggetto esistente o no.
  • Dunque in conformità alla suddivisione suddetta le componenti materiali del contenuto di una rappresentazione si raggruppano secondo i seguenti tre criteri : a) Parti con separabilità reciproca, ciascuna delle quali è rappresentabile senza rappresentare le rimanenti ; b) Parti con inseparabilità reciproca, ciascuna delle quali non è rappresentabile senza rappresentare le rimanenti ; c) Parti con separabilità unilaterale, dove una parte A si può rappresentare senza rappresentare B, ma la parte B non si può rappresentare senza rappresentare A. Esempi di queste tre situazioni : A) Dato un libro, si possono rappresentare separatamente le singole pagine e la copertina ; B) Data una cosa colorata, non si dà colore senza estensione, nè estensione senza colore ; C) Dato un rapporto di genere e specie, la specie senza genere è impossibile, mentre è possibile il genere senza specie ( è come l'implicazione materiale ?) . Non si può rappresentare il rosso senza il colore, ma si può rappresentare il colore senza il rosso.
  • Tale suddivisione vale per i contenuti di rappresentazione solo alla condizione che essi siano rappresentati come contenuti (e pertanto esistano in tale misura), mentre tale suddivisione non è applicabile ad essi se vengono rappresentati come oggetti di rappresentazioni di rappresentazioni. Infatti l'esser-rappresentato delle singole parti è dipendente dall'essere rappresentato di altre parti, oppure non è tale.
  • Qualcosa è rappresentato come contenuto significa che c'è un contenuto di rappresentazione ed in tal caso è vero che tale contenuto significato dalla parola "rosso" non esiste, se al tempo stesso non esiste quel contenuto significato dalla parola "estensione". Il rosso non può essere rappresentato in una rappresentazione in quanto contenuto se nella stessa rappresentazione non è rappresentata (come contenuto) l'estensione.
  • Nel caso invece in cui qualcosa è rappresentato come oggetto (es. "il" rosso), allora può benissimo essere rappresentato per mezzo di una rappresentazione, senza che contemporaneamente l'estensione sia rappresentata come oggetto per mezzo della stessa rappresentazione. Ogni volta che rappresentiamo un colore ed enunciamo un giudizio su di esso come colore, ed ogni volta che rappresentiamo un'estensione per mezzo di una rappresentazione ed enunciamo su di essa un giudizio come estensione, allora astraiamo dall'estensione nel primo caso e dal colore nel secondo.
  • Ciò che pertanto è unito come contenuto di una rappresentazione al contenuto di un'altra rappresentazione, cosicché, in qualità di contenuto di una rappresentazione, non può essere rappresentato da solo e cioè non può esistere, possiamo benissimo rappresentarlo per sè come oggetto in maniera astratta. Perciò i criteri che nella classificazione addotta separano l'uno dall'altro i tre gruppi di parti, risultano corretti se si tratta di ciò che è rappresentato nel senso del contenuto. Perdono invece la loro fondatezza se con 'l'essere rappresentato' si deve intendere l'esser-rappresentato-per mezzo-di-una-rappresentazione (e quindi come oggetto).
  • Si conclude che il tipo di composizione del contenuto di una rappresentazione qui descritto e corrispondente al tipo di composizione degli oggetti di rappresentazione cui appartengono i contenuti di rappresentazione come classi particolari, consente di parlare di coordinazione delle componenti del contenuto di una rappresentazione. Si designerà inoltre come rappresentazione quelle componenti materiali dei contenuti di rappresentazione che non possono per se stesse comparire come contenuti, anche se queste espressioni sono imprecise. Infatti non si dice "Nella rappresentazione del triangolo sono contenute le rappresentazioni dei lati e della superficie" , ma si dice "Nella rappresentazione del triangolo sono contenute le parti materiali del contenuto, per mezzo delle quali sono rappresentati i tre lati e la superficie".

Le considerazioni che si possono fare su queste tesi di Twardowski sono le seguenti:

  1. Dicendo che il contenuto di una rappresentazione può essere oggetto di una rappresentazione, Twardowski risponde anche ai paradossi evidenziati da Russell sulla distinzione di sinn e denoting ? A mio parere senso e denotatum sono, rispetto alla serie dei livelli di esistenza, come "prima" e "dopo" rispetto alle sequenze di istanti temporali : il denotatum è il livello di esistenza preso come riferimento e il senso il livello di esistenza che serve come indicatore del denotatum.
  2. In che senso "La suddivisione delle parti degli oggetti sotto il punto di vista di una rappresentabilità di oggetti indipendenti tra loro" presuppone l'esistenza degli oggetti ? Inoltre i criteri di raggruppamento del contenuto di una rappresentazione sembrano equivalere a congiunzione, disgiunzione ed implicazione.
  3. Che differenza c'è tra contenuti di rappresentazione e oggetti di rappresentazione di rappresentazione ? Perchè i primi in quanto tali esistono ed i secondi no ?
  4. Twardowski sembra precisare che oggetto di rappresentazione di rappresentazione sia ad es. il rosso senza estensione (puramente pensato) , mentre contenuto della rappresentazione sarebbe il rosso con tutte le implicazioni legate all'apriori materiale (dunque il rosso rappresentato ) e dunque il rosso come esistente. Anche qui varrebbe la pena riflettere ancora : il rosso come contenuto di rappresentazione è il rosso come evento e quindi interrelato, mentre il rosso come oggetto di rappresentazione di rappresentazione è il rosso come oggetto eterno (Whitehead).
  5. Interessante la dicitura di Twardowski per cui è più corretto dire (invece che nella rappresentazione del triangolo ci sono le rappresentazioni dei lati e degli angoli) che nella rappresentazione del triangolo ci sono i componenti materiali per mezzo dei quali sono rappresentati lati ed angoli. Tale precisazione si può collegare all'oggetto intenzionale e dal punto di vista proposizionale al livello dell'asserzione, dove le parti di una proposizione non sono asserite come è asserita la proposizione, ma sono momenti (pensati) interni alla proposizione asserita (ad es. asserendo "p implica q" non si asserisce "p").

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Contenuto e oggetto nella rappresentazione di una rappresentazione

Twardowski dice che

  • La differenza tra contenuto ed oggetto di una rappresentazione non è una differenza assoluta, ma relativa: il contenuto di una rappresentazione non può essere contemporaneamente e nello stesso senso, l'oggetto di questa rappresentazione. Ma al tempo stesso nulla impedisce che il contenuto di una rappresentazione sia rappresentato come oggetto di un'altra rappresentazione. E' sempre così quando si asserisce di rappresentarsi qualcosa (metalinguaggio?) .
  • Ciò che viene affermato con questa asserzione è l'oggetto di una rappresentazione a cui si rivolgono affermazione o negazione. Ma l'oggetto dell'affermazione e della negazione è il contenuto della rappresentazione. Dunque il contenuto di una rappresentazione è sempre rappresentato come il contenuto di quell'atto che si riferisce all'oggetto rappresentato per mezzo di questo contenuto. ma esso può anche essere rappresentato per mezzo di un altro atto di rappresentazione in maniera che il contenuto del precedente atto di rappresentazione svolge, nel nuovo atto di rappresentazione, il ruolo dell'oggetto di rappresentazione. Ad es. nella rappresentazione del cavallo, il cavallo è l'oggetto della rappresentazione, ma nella rappresentazione della rappresentazione del cavallo, l'oggetto della rappresentazione è la rappresentazione del cavallo, o meglio il contenuto della rappresentazione del cavallo. Dunque il contenuto di una rappresentazione può essere benissimo l'oggetto di una rappresentazione, quando questa è una rappresentazione di rappresentazione.

Su queste tesi di Twardowski siamo in piena sintonia.

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Le componenti formali secondarie dell'oggetto in Twardowski

Twardowski poi parlando delle componenti materiali di un oggetto dice che:
  • Le componenti materiali di un oggetto non sono le sole ad essere "possedute". A prescindere dalle componenti formali primarie e dalle relazioni di proprietà tra di esse e l'Intero, in un oggetto composto si possono distinguere le più svariate relazioni di proprietà tra le pareti da esso possedute. Tali relazioni sono le componenti formali secondarie dell'oggetto. Tra i loro termini no compare mai l'oggetto come intero, ma sempre e solo parti di esso. Tra di esse si distinguono le seguenti relazioni:
  • Relazioni tra componenti formali primarie dove tutte le relazioni di proprietà di uno stesso oggetto hanno un termine in comune (l'oggetto stesso visto come intero ?) . Un'altra relazione appartenente a questo gruppo è quello di dipendenza causale in cui una relazione di proprietà può stare in relazione con un'altra dello stesso oggetto. ad es. l'oggetto che ha la proprietà espressa nel teorema di Pitagora per il fatto che l'oggetto 'triangolo retto' ha tre lati ed un angolo retto. Queste componenti formali secondarie sono della massima importanza per la conoscenza degli oggetti di rappresentazione e il tentativo che ogni scienza compie di scoprire il maggior numero di tali relazioni, i cui termini sono a loro volta relazioni di proprietà. A sua volta, la totalità delle relazioni di proprietà da cui si possono derivare per dipendenza causale tutte le altre relazioni di proprietà di un oggetto, si designa come l'essenza di un oggetto.
  • Hofler dice pure qualcosa di analogo, ma egli comprende come proprietà delle cose le loro stesse qualità che però non possono stare tra loro in una relazione di dipendenza causale. Da un angolo retto di un triangolo piano non segue nulla per questo stesso triangolo. Solo dal fatto che questo triangolo "ha un angolo retto" ne consegue il fatto di avere la peculiarità espressa nel Teorema di Pitagora.
  • Le relazioni tra componenti formali primarie possono essere anche di comparazione in quanto tutte le componenti materiali dell'oggetto possono essere possedute da esso o nello stesso modo o in modo diverso. A seconda della natura delle componenti materiali e del genere di composizione in un oggetto unitario così condizionato, possono svilupparsi le più diverse componenti formali secondarie del secondo grado. Tutte queste componenti formali secondarie sono tali in senso proprio perchè hanno luogo tra le componenti formali primarie. E' evidente che anch'esse si dividono a loro volta in componenti secondarie o più lontane (di secondo, terzo ordine...) , se le relazioni tra le componenti formali primarie sono a loro volta composte.
  • In secondo luogo (oltre alle relazioni tra componenti formali primarie) ci sono relazioni tra componenti materiali per le quali in un caso la loro natura dipende dalle componenti formali primarie (ad es. ci sono relazioni che appartengono alle parti di un oggetto come tali proprio in quanto sono parti). In un altro caso ci sono relazioni che appartengono alle parti dell'oggetto a prescindere dal fatto di essere parti e che sussistono egualmente se le parti di un intero sono rappresentate come oggetti indipendenti.
  • Una componente formale secondaria del primo tipo sarebbe la posizione reciproca dei tre lati di un triangolo : i tre lati sono le componenti materiali del triangolo e come tali hanno tra loro una certa relazione posizionale. Anche la relazione tra la lunghezza dei lati per cui due lati presi insieme sono maggiori del terzo è una relazione tra le componenti materiali del triangolo che inerisce loro nella misura in cui esse sono possedute come parti dell'oggetto chiamato "triangolo": la stessa relazione può sussistere anche se i tre lati non sono uniti a formare un triangolo, ma essa è certamente la condizione di tale unione. Ciò che invece appartiene interamente al secondo gruppo di componenti formali secondarie è la relazione diuguaglianza dei tre lati di un triangolo equilatero. Relazioni del secondo genere determinano la forma dell'unione delle parti materiali di un intero solo in una maniera più impropria e per questo le si chiamano componenti formali secondarie in senso improprio.
  • Con ciò non si esauriscono le componenti formali secondarie di un oggetto. Le relazioni citate infatti possono essere termini di ulteriori relazioni. La condizione secondo cui i tre lati di un triangolo stanno nella relazione a+b>c è a sua volta una relazione tra le relazioni di proprietà che uniscono i lati a formare un triangolo e le componenti formali secondarie che sussistono tra i lati.
  • Esistono poi relazioni tra componenti secondarie stesse di un oggetto, ad es. le relazioni di grandezza tra gli angoli di un triangolo, dal momento che gli angoli non sono nient'altro che l'espressione della relazione di reciproca posizione tra i lati di un triangolo.
  • Inoltre le componenti materiali si possono a loro volta scomporre e così si potranno trovare in ciascuna componente del primo ordine tutte le relazioni menzionate dal momento che questa componente concepita come oggetto, ha le componenti del secondo ordine analogamente a come le componenti del primo ordine sono possedute dall'intero ed in quanto anche le componenti formali secondarie si presenteranno in modo corrispondente. Ma nel contempo le componenti materiali del secondo ordine di un oggetto stanno in determinate relazioni con quelle del primo ordine. Le relazioni di proprietà tra l'intero e le parti più vicine e quelle con le parti più lontane, sono a loro volta termini di un certo numero di relazioni. Tali relazioni sono pure termini di relazioni, come pure quelle che hanno luogo tra le relazioni formali secondarie di primo grado (che hanno come termini le componenti materiali del primo ordine) e le relazioni formali secondarie di secondo grado.
  • Il numero delle componenti formali di un oggetto è determinato dal numero delle sue componenti materiali, ed è determinabile (a livello teorico) se è determinabile tale numero di componenti materiali.

Le osservazioni che si possono fare a tale proposito sono le seguenti:

  1. La relazione tra "il triangolo ha tre lati ed un angolo retto" e le proprietà espresse dal teorema di Pitagora non è causale, ma logica.
  2. L'essenza di un oggetto ha un rapporto privilegiato con le componenti formali secondarie ?
  3. Per quanto riguarda la critica ad Hofler, Twardowski non tiene conto del fatto che l'angolo retto non è una qualità del triangolo così come lo è il rosso. Inoltre "l'avere un angolo retto" è una proprietà, ma la proprietà non indica anche il termine subordinato della relazione ? Ed allora l'angolo retto non è pure una proprietà ?
  4. La relazione di uguaglianza tra tre lati di un triangolo non è legata all' "esser lati di un triangolo equilatero" ? La distinzione delineata da Twardowski non è così rigorosa ed univoca.
  5. La relazione tra la lunghezza dei lati, per cui due lati insieme sono maggiori del terzo è al tempo stesso una componente formale di secondo grado e una relazione tra una componente formale secondaria ed una relazione di proprietà. Tale duplice veste come si spiega ? Al tempo stesso un angolo è una qualità del triangolo ed una componente formale secondaria.
  6. Il numero degli elementi è infinito, ma il numero delle loro relazioni è un infinito di grado maggiore.

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